La seconda stagione di ‘Emily in Paris’ è uscita su Netflix il 22 dicembre 2021: da quel momento in poi, è stato difficile non sentirsi travolti dal fiume di opinioni divergenti che il suo pubblico si è scambiato online in tutto il mondo. Qui un nuovo punto di vista sul lavoro di Emily nella serie
La trama di ‘Emily in Paris’, scritta dal creatore di ‘Sex and the City’ Darren Star e destinata a un pubblico giovane, ruota fin dal principio intorno al personaggio di Emily Cooper, ventottenne di Chicago che si trasferisce a Parigi per motivi di lavoro.
Emily è una social media manager e, all’inizio della prima stagione, la sua agenzia di marketing americana le chiede di trascorrere un anno presso una società francese acquisita da poco, per facilitare la fusione tra le due realtà.
Le peripezie che la protagonista vive nella capitale europea spaziano dagli intoppi con la lingua francese che le è del tutto sconosciuta, alle difficoltà che incontra cercando di ambientarsi nel nuovo ufficio, agli alti e bassi che caratterizzano le sue amicizie e gli amori appena sbocciati. Tutto ciò ha appassionato e divertito alcuni spettatori, mentre ha infastidito e persino offeso altri.
Infatti, è sufficiente cercare su Google la frase chiave “stereotipi Emily in Paris” per constatare quante persone abbiano trovato insopportabile l’immagine che la serie dà dei francesi, dipinti come fossero tutti pigri e tremendamente snob.
Per non parlare del fatto che, all’inizio dello scorso gennaio, addirittura il Ministro della Cultura ucraino si è detto indignato per il modo in cui è stata ritratta l’unica sua connazionale presente nella seconda stagione.
Ma non è opportuno dilungarsi sul tema degli stereotipi, poiché se ne è appunto discusso a lungo e in maniera approfondita.
Il marketing secondo Emily
È interessante invece seguire in questa sede un sentiero meno battuto perlomeno dalla critica italiana (seppure qualche riflessione la si trovi ad esempio in questo bell’articolo), che è quello che riguarda il lavoro di social media manager di Emily.
Stando alla serie, è un’occupazione molto divertente e poco impegnativa: inviti a scintillanti feste in barca, flirt con affascinanti clienti, menzioni nelle pagine social di una first lady per aver scattato una foto alla confezione di un medicinale.
Emily fa sognare qualsiasi figura junior o non ancora inserita nel mondo del marketing e della comunicazione, donandole la speranza che anche la sua carriera possa raggiungere tali vette. Tuttavia, è assolutamente improbabile che qualunque studente al primo anno di Comunicazione davvero creda che questo ambiente funzioni così. Sul serio, non ci casca nessuno.
Si tratta soltanto di un bello stimolo per l’immaginazione, di un allegro diversivo per chi svolge quel mestiere che talvolta lo sfianca, e fortuna (oppure ottima strategia) vuole che gli episodi siano usciti nel periodo natalizio. Così, forse, hanno potuto restituire un po’ di quella spensieratezza che il preappello di Semiotica della pubblicità o la campagna promozionale prefestiva per quel cliente tanto esigente avevano compromesso.
Emily non fa granché per raggiungere i risultati che ottiene: non spende ore a scervellarsi sopra piani editoriali, budget, canali da utilizzare, bensì lancia un’idea e tutti la raccolgono con estremo entusiasmo.
A chi lavora nel settore probabilmente non è mai capitata una cosa del genere. Però potrebbe: no, vero?
Tra elogi e critiche: ridiamoci su
Insomma, ‘Emily in Paris’ è una serie che ha dei difetti, e questo in molti lo hanno appurato.
Ma è pur sempre un prodotto di intrattenimento e, se non si è disposti a tollerare il modo in cui sono ritratti i personaggi per via della loro nazionalità, si può comunque ridere della maniera poco realistica in cui è descritto un mondo professionale duro, ma amato da tanti.
Tra le tante serie distopiche uscite di recente, questa allora si può definire “utopica”: dalla regia dinamica e dai soggetti resi volutamente frivoli, tratteggia uno stile di vita “mitico” inteso in tutte le accezioni del termine.
E sebbene le utopie non siano destinate a realizzarsi e nei miti ci siano spesso soltanto accenni di realtà, possono essere di ispirazione a chi, nel quotidiano, ambisce per sé e per i suoi colleghi a una vita migliore, ideale. O, perlomeno, un po’ più spassosa.
I lettori concordi con questa disamina gioiranno allora della conferma del rinnovo di ‘Emily in Paris’, non per una, bensì per due nuove stagioni. Non è ancora prevista una data per il rilascio dei nuovi episodi della serie; tuttavia, è prevedibile il fatto che Emily rimarrà l’adorabile, disorganizzata social media manager che si è dimostrata essere finora.
Eva Maria Vianello
Foto dal web
Emily in Paris
di Darren Star
con Lily Collins Emily Cooper
Philippine Leroy–Beaulieu Sylvie Grateau
Ashley Park Mindy Chen
Lucas Bravo Gabriel
Camille Razat Camille
Samuel Arnold Julien
Bruno Gouery Luc
William Abadie Lambert
Casa di produzione Darren Star Productions, Jax Media e MTV Studios
Produttore esecutivo Andrew Fleming, Tony Hernandez, Lilly Burns e Darren Star
Distributore Netflix
Genere Commedia romantica, Commedia drammatica
Anno 2020 – in produzione