In scena al teatro Studio Uno di Roma, dal 25 al 28 aprile, “Era meglio nascere topi” è un ennesimo esempio di teatro sociale che, in questo caso, parla di discriminazione verso l’etnia rom. Costruito su un testo piuttosto elaborato e una regia estremamente invadente, lo spettacolo convince a metà
Alla periferia di una città italiana viene allestito un campo per accogliere una comunità di rom: i cittadini non ci stanno e dopo aver organizzato un “PPP”, un “Presidio di Protesta Permanente”, faranno di tutto per rendere la vita impossibile a quei rom. Nel gruppo di abitanti di quello sfortunato quartiere ci sono Gabriele e Maria, due persone come tante, vita da operai, poche ambizioni, e sarà attraverso i loro occhi e la loro storia che si proverà a dare una definizione di contesto sociale così disagiato.
L’interessante testo della brava Debora Benincasa compie il tentativo di creare dei contorni ad una sostanza padrona di un peso specifico troppo grande da gestire e di fatti la messinscena globale dello spettacolo perde continuamente il proprio fuoco: la comunità rom viene descritta sommariamente e, anzi, resa quasi antipatica.
Il lavoro tuttavia viene ulteriormente compromesso da un eccesso di entusiasmo, probabilmente entusiasmo giovanile, anche e soprattutto da parte del regista: Amedeo Anfuso, giovanissimo e senza dubbio capace, realizza una costruzione scenica dinamicamente esagerata, in cui gli attori non hanno un attimo di sosta durante l’esecuzione delle proprie prestazioni.
Il cast si trova così costretto a occupare costantemente ogni parte del pur piccolo palcoscenico, eseguendo dei cambi scena e soprattutto dei cambi di intenzione nella propria recitazione al limite del frenetico. Nonostante ciò dimostri un’ovvia e riconoscibile capacità di tenere il palco da parte dei ragazzi, questa esasperazione si rivela pressoché inutile dal momento che diventa un mero esercizio di stile che poco apporta alla globalità dell’azione.
Nella totalità della rappresentazione chi è davvero ineccepibile è Marco Gottardello, un attore senza dubbio promettente che dimostra una notevole padronanza del mestiere e che, pur inserito in questo contesto nel quale tutto è portato ad una velocità eccessiva, non risulta mai fastidioso né isterico.
Nel merito del comparto tecnico, “Era meglio nascere topi” può contare su un’illuminazione suggestiva e di ottima qualità che a sua volta però, ancora, subisce un utilizzo improntato sulla velocità e sulla frenesia che non le sono propriamente congeniali ma, al contrario, rischiano in alcuni momenti addirittura di disturbare lo spettatore.
A Debora Benincasa va comunque riconosciuto il coraggio di aver portato in scena un’opera ambiziosa, mai approssimativa e indubbiamente creata in buona fede. E’ questo però un altro tra i tantissimi copioni di natura sociale che, proprio perché si accoda a una serie ormai lunghissima di lavori analoghi, soprattutto da parte di autori molto giovani, corre continuamente il rischio di cadere nel banale e nel già visto, a maggior ragione se il tema centrale del testo, la comunità rom, non gode della dovuta analisi per accendere un punto di vista più definito nello spettatore.
Gabriele Amoroso
Foto Alice BL Duringatto
Teatro Studio Uno
dal 25 al 28 aprile
Era meglio nascere topi
di Debora Benincasa
regia Amedeo Anfuso
con Marco Gottardello e Debora Benincasa
scene Andrea Gagliotta
costumi Simona Randazzo
produzione Anomalia Teatro