Persona umana e concreta, Ezio Bosso, credeva fortemente che le orchestre siano un esempio di società ideale, in cui le partiture sono una sorta di “Costituzione” che unisce le singolarità e dove bisogna rispettare le gerarchie. Al contempo, credeva che la parola debba essere educata e bella, da trattenere. A noi non rimane che un lascito, una grande eredità da prendere come esempio, perché dalla malattia si può rinascere grazie all’aiuto del suono e della magia
Oggi siamo sul pezzo. Ci coglie inaspettati e ci lascia sgomenti la notizia della morte del compositore, direttore d’orchestra e pianista torinese di eccellenza. Dai virtuosismi freschi e ricchi di pathos, avrebbe compiuto 49 anni il prossimo 13 settembre. Nel 2011, a causa dell’asportazione di un tumore, viene colpito da una malattia autoimmune. Nello stesso anno gli viene diagnosticata una sindrome neurodegenerativa la quale peggiora di giorno in giorno: da settembre scorso ha costretto Bosso a smettere di suonare, poiché l’uso delle dita delle mani era fortemente danneggiato (notizia, tra l’altro, un po’ abusata da parte della stampa).
Dal fervido senso estetico, sicuramente sviluppatosi all’interno delle mura domestiche, a quattro anni si avvicina al mondo della musica grazie a una sua prozia e a suo fratello, già musicista; a sedici, in Francia, debutta come solista, momento che segna la fama di Bosso e gli permette di girare le orchestre europee.
L’incontro con il contrabbassista viennese, Ludwig Streicher, è fondamentale per la sua carriera: lo stesso musicista lo indirizza agli studi di Composizione e Direzione d’Orchestra all’Accademia di Vienna.
Il resto – potremmo dire – è storia recente. Ezio Bosso, dagli anni Novanta, prende parte a svariati concerti, in cui si esibisce come solista, direttore e in formazioni da camera: Royal Festival Hall; Southbank Centre; Sydney Opera House; Palacio de Bellas Artes (Città del Messico); Teatro Colón (Buenos Aires); Carnegie Hall; Teatro Regio (Torino); Houston Symphony; Auditorium Parco della Musica (Roma).
Dal carattere fiero e dall’animo sereno, si è sempre distinto per essere se stesso – senza filtri – e per il grande sorriso che sfoggiava in ogni occasione. Maestro appassionato ha tenuto lezioni in giro per il mondo e ha diretto molte orchestre: lo troviamo a Londra, a Torino, a Napoli, a Mantova e a Bologna a dirigere la London Symphony e London Strings, l’Orchestra del Teatro Regio, l’Orchestra del Teatro San Carlo, l’Orchestra da Camera e l’Orchestra del Teatro Comunale; a Santa Cecilia dirige la Filarmonica ‘900 e l’Orchestra dell’Accademia Nazionale; infine, dirige l’Orchestra Sinfonica Siciliana. Ha inoltre rivestito il ruolo di Direttore Stabile Residente del Teatro Lirico Giuseppe Verdi (Trieste), dal 1º ottobre 2017 al 14 giugno 2018.
L’arte della bacchetta “magica”
Le sue numerose presenze televisive e le sue interviste ci hanno fatto innamorare di un ragazzo consapevole, istruito e che raccontava la musica attraverso un forte slancio emotivo, tramandandoci il valore della stessa e il potere che riserva ed esercita nella vita di ognuno di noi: allevia le sofferenze.
Nel 2016 è ospite al Festival di San Remo e ci dona un capolavoro: “Following a bird”, brano del suo album “The 12th room”. È l’evento che lo ha presentato per la prima volta a un’ampia platea, tuttavia troppo tardi. Al termine dell’esibizione si rivolge al pubblico con una delle sue tante frasi, divenuta poi celebre: “Ricordatevi: la musica, come la vita, si può fare solo in un modo. Insieme”.
L’anno seguente Domenico Iannacone apre le porte della sua trasmissione, “I dieci comandamenti – La porta aperta: Ritratto di Ezio Bosso”, al grande musicista, il quale afferma che la musica “non arriva a caso, la musica è già a prescindere da noi, c’è nel canto degli uccelli, c’è nel vento, c’è nel silenzio, c’è nel mare”. Il Maestro coinvolge i telespettatori con tanto altro: i suoi pensieri, le sue utopie, le sue fotografie mentali.
Passa su Rai 3 la sera di Natale 2019 con “Che storia è la musica” dove, con i suoi ospiti e con l’aiuto dell’orchestra, spiega le opere di Cajkovskij e Mozart in maniera magistrale. Ci fa arrivare il portento e la storia della musica con competenza, ironia e poesia. Nella puntata precedente, Bosso accomuna il tesesco Beethoven all’italiano Verdi, insegnandoci che gli strumenti dialogano tra loro e che ognuno, all’interno della partitura, assume un determinato significato.
La musica bisogna saperla spiegare e leggere, e lui lo sa – sapeva – fare. Bene. Anche lei ha i suoi spazi.
A Propaganda Live, insieme a Diego Bianchi, discute di attualità, soprattutto, lasciando intendere che ha sconfitto i pregiudizi della gente. Un uomo, dunque, a cui è piaciuto oltrepassare la porta e andare oltre, e che ha saputo raggiungere molti risultati degni di nota nonostante le difficoltà fisiche. A causa della pandemia, il 10 aprile scorso, Bianchi intervista di nuovo il Maestro, questa volta in una video call con verve e grande affetto.
Figlio di operai non si è piegato di fronte gli stereotipi: ha dimostrato a tutti che lo studio costante aiuta a conquistare posti di lavoro ambiti, con dignità, rispetto e passione. Ezio Bosso, un uomo educato e raffinato, il quale ha creduto nelle parole, quelle importanti, delicate, belle, da tenere strette e da distribuire: scriveva in maniera egregia e si esprimeva con un linguaggio appropriato e mai fuori misura.
Di immensa cultura, imparava le melodie a memoria.
La musica per il Maestro
Considerata da Bosso un “servizio socio–culturale” e al contempo un “comparto produttivo e coadiuvante sociale” è un elemento che produce benessere. È trascendenza. Induce l’essere umano all’ascolto sia del singolo sia dell’altro. Aiuta a superare le diversità: unisce. È inclusiva.
È una forma di guarigione: Ezio lo ha sempre affermato con fermezza. La musica appartiene a tutti, è una “terapia per la società”: lo ha fatto sentire bene e gli ha dato la forza di ricominciare. Dal pianoforte, dal suo strumento modificato apposta per lui, per agevolarlo nel suono leggero e soave, per creare appunto note che, da oggi, ci faranno volare.
Ci sentiremo tutti un po’ più orfani.
Indomito, ha vinto molti Premi e ottenuto nomination; ha composto sinfonie, pezzi musicali per orchestra, solisti, duetti e trii, quartetti per archi; infine, per un solo strumento, musiche vocali, misti e balletti. Rientrano, nei suoi lavori, spartiti dedicati alle opere, al teatro e alle colonne sonore, per lungometraggi, cortometraggi e film muti.
Un patrimonio ricco dal quale – si spera – attingeranno i geni del futuro musicale italiano e straniero, perché Bosso è un insegnante tuttora, a tutto tondo. I suoi occhi guardavano anche dietro e osservavano l’essenza della vita, cogliendone ogni istante prezioso.
Un artista e un pianista senza tempo. A noi non rimane altro che la sua enorme eredità: un lascito imponente; un grande e infinito esempio per la vita, per la resilienza e il sorriso contagioso; per le armonie eseguite con qualità; per l’energia e per un corpo che ha smesso di funzionare e di esprimersi solo, forse, per la mancanza della musica, del suono. Il suo.
Un talento puro, Ezio Bosso. Noi ti salutiamo. Chissà se lassù, nella “dodicesima stanza”, troverai il tuo pianoforte ad attenderti, tanto da infondere le tue intime sonorità nell’etere e nell’anima di ciascuno.
Annalisa Civitelli
Foto Max Pucciariello (1, 2)
Foto dal web (3)
Foto di copertina Musacchio – Ianniello – Pasqualini (dal web)