America,1989. Un film usciva nelle sale in sordina e senza tanta considerazione, ma quello che produsse fu un autentico tumulto culturale tanto da spaccare la critica in due: chi ne elogiava la freschezza del linguaggio e il coraggio dei temi raccontati e chi, invece, ne contestava i toni e reputava il tutto come una provocazione che intendeva gettare benzina sul fuoco. ‘Fa’ la cosa giusta’ e Spike Lee arrivarono nelle sale come una pietra contro una vetrina. Un atto di ribellione. Politicamente scorretto, talvolta provocatore ma sicuramente rinnovatore ed innovatore. Nessun altro ha saputo raccontare il mondo afroamericano come fece lui
Un suono jazz accompagna i titoli di testa e sembra connettere lo spettatore con un racconto sereno ed intimo, seguito da uno “A Spike Lee joint”. La scena prosegue poi su uno scorcio di un quartiere, palesemente newyorkese, e una trascinante musica hip hop ci trasporta in modo travolgente nel racconto.
A Spike Lee joint: un modo di dire che allora non significava niente per molti, ma oggi è un marchio di fabbrica consolidato e riconoscibilissimo. Molti, in effetti, si chiedono il significato di joint: Lee stesso, in un’intervista, spiegò che il termine vuol dire semplicemente produzione.
Rosie Perez, ballerina nonché protagonista del film, si esibisce in una bellissima coreografia che fa venire voglia di saltare dalla sedia e mettersi a ballare, e chi guarda comprende che questa sensazione non è solita, non capita sempre di percepirla.
Si ha di conseguenza l’inequivocabile certezza di essere di fronte a qualcosa di totalmente diverso dai soliti canoni cinematografici.
Non ci si sbaglia, poiché ‘Fa’ la cosa giusta’ è uno dei pochi film davvero grandiosi del panorama americano anni ’80: un’analisi intelligente e pratica della tensioni razziali in America, come anche uno spaccato vibrante e divertente della vita di New York.
Quando un quartiere è il vero protagonista
Il girato non ha una trama definita, l’unico filo che collega le storie dei protagonisti sono il quartiere e il caldo eccezionale dell’estate del 1989. Le azioni, infatti, si svolgono – tranne un breve ma potente epilogo – nel corso della giornata più calda in un isolato nel quartiere Bedford–Stuyvesant di Brooklyn.
Il centro delle attività del quartiere, e del lungometraggio, è la famosa pizzeria di Sal (Danny Aiello), gestita dallo stesso di origini italo-americane, con l’aiuto dei suoi figli Pino (John Turturro) e Vito (Richard Edson).
Le consegne delle pizze vengono effettuate da Mookie (Lee), che funge da ambasciatore della pizzeria, e porta alla clientela, principalmente afroamericana, notizie e pettegolezzi.
Fa’ la cosa giusta: violenza verbale
Si potrebbe quindi dire che è proprio Bed-Stuy ad essere la sceneggiatura naturale dove di dipanano le vicende di ogni personaggio, le quali potrebbero somigliare alle problematiche di qualsiasi periferia popolare del mondo.
La sceneggiatura di Lee schiera un ricco cast di personaggi secondari, primo fra tutti Radio Raheem (Bill Nunn), che cammina per le strade, suonando a tutto volume “Fight the Power” dei Public Enemy in un loop infinito, e Buggin’ Out (Giancarlo Esposito), l’aspirante rivoluzionario che, in quello specifico pomeriggio, si siede a mangiare la sua fetta di pizza e, all’improvviso, si accorge che il “Wall of Fame” della Sal’s Pizzeria è abitato solo da italo-americani: Sinatra, DiMaggio, DeNiro, Pacino.
Buggin’ stesso chiede perché “non ci sono fratelli sul muro” e Sal risponde, non irragionevolmente, che “è casa mia, e quando troverai casa tua, potrai mettere chi vuoi sulla tua parete“. Buggin’ Out ribatte, anche in modo sensato, che “non ci sono molti italo-americani che comprano la pizza nel locale di Sal, quindi forse il muro della fama dovrebbe includere alcuni neri“.
“Due punti validi“, sostiene il regista, a favore della sua visione che rende ‘Fa’ la cosa giusta’ uno spaccato sociale in una New York in fermento.
A seguito di questa conversazione, e il piccolo confronto che segue, si accende una lenta miccia che, alla fine della giornata, esploderà in violenza.
Provocatore, innovatore, precursore: semplicemente Spike Lee!
La bellezza di ‘Fa’ la cosa giusta’ risiede in ogni soggetto che, tuttavia, non ha né una lettura definita né univoca: solo chi guarda può esprimere un giudizio personale e fornire una propria chiave di lettura, osservando gli interpreti da un punto di vista differente rispetto a come li ha delineati il regista.
Spike Lee, infatti, come è ormai noto ama camminare sul filo della provocazione e della contraddizione uscendone spesso rafforzato, talvolta discusso. È indubbio: il suo apporto con il cinema mondiale è stato costruito soprattutto a livello di linguaggio e stile registico.
In quasi tutti i suoi film Lee si avvale di un’inquadratura mettendo l’attore sullo stesso supporto su cui c’è la cinepresa, per farlo spostare insieme ad essa, come se quell’interprete stesse fluttuando, non camminando.
Questi dettagli, apparentemente insignificanti, fanno la differenza e rendono le pellicole di Lee distinguibili rispetto le altre.
Fa’ la cosa giusta: la vita afroamericana
‘Fa’ la cosa giusta’ quando uscì nelle sale venne a malapena considerato. La critica fu divisa, ma alla fine si dovette arrende alla portata torrenziale dell’opera, tanto da portarla a competere agli Oscar.
Purtroppo, come possiamo immaginare, il film non vinse alcuna statuetta, sebbene molti addetti ai lavori (famoso fu l’appello di Kim Basinger) si risentirono in modo critico circa l’esclusione.
Spike Lee è stato il primo regista a mettere in scena la vita dell’afroamericano vista con i suoi occhi, dunque non la visione paternalista e spesso pietistica hollywoodiana: non si prendono più in considerazione solo poveri sventurati oppure teppisti da ammanettare, ma persone variegate, con tante contraddizioni e problematiche sociali che le riguardano, la droga in primis.
Lee è pertanto un regista odiato alla stessa maniera in cui viene ammirato ed apprezzato, non lascia spazio a giudizi intermedi ed è giusto così: il coraggio delle idee comporta il non piacere a tutti.
Ci troviamo di fronte a un capolavoro? Non sta a noi giudicare ma possiamo affermare che il lungometraggio funge da spartiacque: c’era un cinema prima e c’è un cinema dopo ‘Fa’ la cosa giusta’. E questo sì, capita solo ai capolavori.
Ma lasciamo a voi pubblico constatare se lo sia o meno.
Andrea Di Sciullo
Foto dal web
Fa’ la cosa giusta
di e con Spike lee
con
Spike Lee Mookie
Danny Aiello Salvatore “Sal” Frangione
Ossie Davis Da Mayor/Il sindaco
Ruby Dee Mother Sister
Richard Edson Vito Frangione
John Turturro Pino Frangione
Giancarlo Esposito Buggin’ out
Bill Nunn Radio Raheem
Samuel L. Jackson Mister Señor Love Daddy
Joie Lee Jade
Rosie Perez Tina
Regia, sceneggiatura, produzione Spike Lee
Costumi Ruth Carter
Fotografia Ernest Dickerson
Effetti speciali Steven Kirshoff
Montaggio Barry Alexander Brown
Musiche Bill Lee
Scenografia Wynn Thomas
Trucco Matiki Anoff
Genere Commedia, drammatico
Durata 120 min
Casa di produzione 40 acres & a mule Filmworks
Distribuzione in italiano UIP