Vite sospese in un tempo immobile
Il film scritto e diretto da Damiano e Fabio D’Innocenzo è approdato al festival di Berlino 2020 aggiudicandosi l’Orso d’argento per la miglior Sceneggiatura. A causa del Covid–19 è stato distribuito on–demand grazie a Tim Vision a partire dall’11 maggio. Il lungometraggio, prodotto da Agostino e Giuseppe Saccà, ha come tema le favole nere con protagonisti bambini
I fratelli D’Innocenzo, dopo aver esordito nel 2018 con “La terra dell’abbastanza”, un film considerato da molti originale e meraviglioso per come è stato affrontato il soggetto della borghesia romana, ritornano sul grande schermo con ‘Favolacce’. A Berlino qualcuno ha definito l’opera “un piccolo capolavoro inatteso il cui rilievo va oltre la qualità artistica, indiscussa”, mentre altri lo qualificano come “uno dei migliori film italiani degli ultimi anni”.
Una pellicola eccellente, dunque, che mette a fuoco un microcosmo, il mondo dell’infanzia disincantata dalla realtà e dalle figure genitoriali. Queste ultime, insoddisfatte, dovrebbero per prime dare il buon esempio, ma non sono abbastanza resilienti e tenaci da affrontare le loro vite. Avrebbero voluto altro: i loro sogni sono svaniti e si ritrovano ad andare avanti con ciò che hanno costruito. Tuttavia non è sufficiente.
Questi stati d’animo si insinuano nella mente di persone già provate da un’esistenza difficile e passiva, come un veleno, ma anche in quella degli adolescenti che risentono del distacco e della mancanza di affetto da parte dei genitori, tanto da crearsi un loro mondo parallelo. Non comprendono appieno la società in cui vivono, la rifiutano tanto da fuggirla a loro modo.
Ci troviamo in una Spinaceto immaginaria, tra sofferenza e solitudine, dove vivono nuclei familiari che abitano le anonime villette a schiera e la campagna assolata. La voce fuori campo di Max Tortora apre la narrazione: questo espediente guiderà lo spettatore per tutta la durata delle vicende. L’attore interpreta la voce di un bambino che racconta di aver trovato un diario scritto con una biro verde, in qualche modo interrotto.
Dal notiziario giunge la notizia di un suicidio; le famiglie all’interno delle mura domestiche sono inattive; l’aria all’esterno è statica; si respira un senso di sospensione del tempo, in attesa che accada qualche cosa. L’intero girato si fonda sul ritmo lento dell’insieme, in cui lo spettatore assiste a una sperimentazione cinematografica suggestiva, basata sul gioco di luci e ombre, e messa a fuoco, che delinea una conoscenza consapevole della materia.
La fotografia ricercata di Paolo Carnera accresce il fascino dell’immagine: accentua le tinte sbiadite di un’estate immobile attraverso la profondità di campo e i vari chiaroscuri che rendono la pellicola più sfaccettata. La macchina da presa è silenziosa e sovente si sofferma su una singola situazione, lasciando molto spazio ai rumori circostanti, come quello dello sciabordio dell’acqua di una piscina gonfiabile o della pioggia fitta.
Lo squallore e il degrado, che caratterizzano gli ambienti, provocano nello spettatore un senso di angoscia e di malessere con un chiaro riferimento al film indipendente diretto da Harmony Korine, “Gummo”, opera in cui si parla di un cittadina devastata da un uragano con bambini alla deriva.
‘Favolacce’ è un film duro dove gli adulti sono quelli persi, gli insegnanti non sanno svolgere il proprio lavoro né sono esempi da seguire, e i bambini si orientano da soli. Emerge quindi un ritratto psicologico sociale: ogni individuo cerca di trovare una propria identità e una singola libera espressione attraverso la condotta, i gesti, la ricerca di contatto e di relazione con l’altro.
La figura traino dell’opera, tratteggiata nel modo migliore e la meno stereotipata, è quella del personaggio interpretato da Elio Germano. L’attore veste i panni di Bruno Placido: dall’accento romanesco, imperturbabile di fronte alle cose positive, impulsivo, irresponsabile e a volte violento, si dimostra poco affettuoso nei confronti della famiglia.
Accanto a lui troviamo Barbara Chichiarelli nel ruolo di sua moglie Dalila. È una donna fragile che non sa difendere né i figli né tanto meno se stessa. Tra i tanti soggetti spicca anche Vilma Tommasi, interpretata da Ileana D’Ambra. Vilma è una ragazza incinta, con lo smalto sbeccato e piuttosto taciturna. Dietro il suo sguardo sfrontato e un atteggiamento da maschiaccio nasconde una depressione molto forte, che combatte con gli psicofarmaci.
Di sottofondo si respira la ricerca di salvezza da un’esistenza amara e stanca, ma non sempre si ha la forza di lottare per questa fino in fondo. I dialoghi ne sono l’esempio: scarni, denotano la mancanza di comunicazione tra le persone e le loro crisi esistenziali.
A pagare il prezzo più alto sono sempre i più indifesi, quei poveri cristi tanto cari a Pierpaolo Pasolini e a Fabrizio De Andrè. Il vissero felici e contenti in questo caso non è previsto, ma dal momento che la storia termina e ricomincia dal principio, in modo ciclico – riprende da dove è iniziata e in altro contesto –, con un bambino timido che ha avuto il coraggio di ripartire, ci auspichiamo che grazie a lui un raggio di sole possa apparire in mezzo a tante nuvole.
Maria Vittoria Guaraldi
Favolacce
di Damiano e Fabio D’Innocenzo
con
Elio Germano Bruno Placido
Barbara Chichiarelli Dalila Placido
Gabriel Montesi Amelio Guerrini
Max Malatesta Pietro Rosa
Ileana D’Ambra Vilma Tommasi
Giulia Melillo Viola Rosa
Lino Musella professor Bernardini
Justin Korovkin Geremia Guerrini
Tommaso Di Cola Dennis Placido
Giulietta Rebeggiani Alessia Placido
Costumi Massimo Cantini Parrini
Fotografia Paolo Carnera
Montaggio Esmeralda Calabria
Scenografia Paola Peraro, Emita Frigato e Paolo Bonfini
Sceneggiatura Damiano e Fabio D’Innocenzo
Produzione Pepito Produzioni, Rai Cinema, Vision Distribution, Amka Films productions e RSI
Distribuzione Tim Vision
Genere drammatico
Anno 2020
Durata 98′