Al teatro Carcano di Milano il 26 novembre, dopo la Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne, ancora una volta, è andato in scena ‘Ferite a morte’. Il testo della Dandini, pubblicato 13 anni fa, nella sua trasposizione teatrale continua a essere cassa di risonanza per e delle donne
“Avevamo il mostro in casa e non ce ne siamo accorti”. Difficile oggi capire se ricordiamo questa frase più per la triste – e ancora consueta – occorrenza sui giornali italiani o come l’incipit di ‘Ferite a morte’, che Serena Dandini e Maura Misiti (scienziata, demografa, autrice) hanno pubblicato ormai 13 anni fa e che da allora conta, nella sua trasposizione teatrale, una statura di classico, se si potesse usare una dizione tutta teatrale per un lavoro dall’impatto e dall’intenzione civile così forte, ottenuta attraverso centinaia di repliche in tutto il mondo.
A cui si è aggiunta quella andata in scena al teatro Carcano, nell’ambito della settimana di appuntamenti dedicata al 25 novembre, e alla lotta contro la violenza sulle donne.
Un impegno che – non volendo ridurre una presa di parola a una giornata tanto simbolica quanto veloce a trascorrere – passa attraverso una rassegna dove trova ampio spazio innanzitutto la presa di consapevolezza maschile, tra l’applauditissimo debutto di “Uomini si diventa – Nella mente di un femminicida” in cui Omar Pedrini e Alessio Boni hanno portato sul palco le voci di otto autori chiamati a interrogarsi su di sé e sul proprio genere, e l’ultima data, in cui saranno Andrea Colamedici e Lorenzo Gasparrini a proporre vie su come “diventare uomini nuovi”.
Ferite a morte: il comune destino
E tuttavia, gli uomini – chiamati a mettersi in ascolto, e poi in discussione – non occupano gli spazi delle donne, che nel testo di Dandini ritrovano voce e parola quando non l’avrebbero più del tutto, dopo il loro femminicidio, da un altrove – su e da cui si può sorridere – dove rileggere la propria vita, raccontando quello che – nei titoli di giornale che spesso le fa scomparire – non trova spazio, proprio come accade nella celeberrima “Antologia di Spoon River” di Edgar Lee Masters, coerentemente evocata nel sottotitolo.
Se però, nel capolavoro della letteratura statunitense, a prendere voce erano gli abitanti di un stesso villaggio, collocato in un punto immaginario dell’Illinois di inizio Novecento, a unire queste donne è il comune destino, ma le provenienze e le biografie non potrebbero essere più diverse.
A dimostrazione – semmai ce ne fosse ancora bisogno, che non c’è fenomeno più democratico e trasversale, alle geografie e alla cronologia, della violenza contro le donne.
Da Tabriz a Caltanissetta, da Bamako a qualsiasi angolo d’Italia, dalla vittima del delitto di una pagina storica cupa come il delitto d’onore fino alle donne in carriera delle metropoli vicine all’Europa, dalle donne che portano con sé retaggi di tradizioni secolari, fino alle chat di ragazze che potrebbero somigliare a una delle tante Giulia Cecchettin che invadono le cronache, e a cui danno voce le quattro storiche interpreti di questo lavoro.
Quattro donne unite alle lettrici contro la violenza
Accanto a Dandini, Lella Costa con la sua consueta carica empatica, Rita Pelusio e la sua verve comica, che ben riesce ad amalgamarsi con le voci a cui la presta, e Orsetta De Rossi, doverosamente rigorose.
E ancora, a fianco a loro, un parterre di lettrici ospiti che si vanno ad aggiungere alla lunga lista di interpreti che negli anni hanno prestato la loro voce alle donne a cui è stata tolta, 106 nel solo 2024, fermando il conto appunto al 25 novembre.
Per l’appuntamento del Carcano, alla chiamata hanno risposto protagoniste del mondo della musica, da BigMama a Veronica Lucchesi (la voce della Rappresentante di Lista) e del giornalismo, da Lorenza Ghidini di “RadioPopolare” a Claudia De Lillo meglio nota come Elasti, mentre la trasversalità di vissuti e di percorsi coinvolge anche le attrici: da Matilde Pacella a Germana Pasquero, da Saba Anglana a Serena Sinigaglia.
Ferite a morte: Differenza Donna e il valore artistico della serata
Lo spazio tradizionalmente affidato, all’interno di questo spettacolo, alle rappresentanti delle associazioni è occupato invece da Elisa Ercoli, di “Differenza Donna”, una delle associazioni che, una per sera, presidiano nel corso della settimana il foyer del teatro, facendo di un luogo di passaggio uno spazio politico di riconoscimento, confronto e supporto.
Attraverso le loro si tende un filo di mezzo secolo di voci di donne, che sfilano unite dal segno rosso (le scarpe, la cintura, una collana) che vale ormai come segno universale di una presa di posizione che in questo caso (e non sempre, lo sappiamo, accade) è molto più che simbolica.
Vale la pena – ad onore delle artiste in scena – segnalare anche il valore artistico della serata, che si giova di interpreti di prim’ordine il cui impegno non è casuale e che vi si prestano con costante dedizione, consentendo e condividendo tanto il sorriso quanto la rabbia – perché, in un lavoro drammaturgicamente accurato come questo, c’è spazio per entrambe, e soprattutto di rendersi conto di un testo che – a quasi tre lustri dalla sua pubblicazione, non è invecchiato nemmeno di una virgola.
Riflettere sui molti aspetti della violenza
Di certo non lo è il tema, e l’urgente cambiamento culturale a cui anche l’attualità continua a chiamarci chiede uno sviluppo dilatato nel tempo e un’interlocuzione costante tra tutti gli attori (è il caso di dirlo) della società, soprattutto quelli che difficilmente frequenterebbero un teatro se non per atto di presenza in occasioni simili a queste.
E tuttavia, mentre si riflette sul presente e sul futuro, la piccola e spietata antologia di ‘Ferite a morte’ resta preziosa e drammatica (anche) per la sua continuità.
Si vorrebbe, oggi, poter valutare, e c’è tempo di farlo soltanto in parte, i molti aspetti della violenza, anche e forse soprattutto quelli meno riconoscibili come quella economica e psicologica, ad esempio, che compaiono nella voce di donne già morte come dati tragicamente assodati, campanelli d’allarme molto spesso inavvertiti (e altrettanto spesso non raccolti da chi manca al suo dovere di proteggere).
E invece siamo ancora, (l’aggettivo lo metta chi legge) allo stesso punto di sempre. A doverne parlare ancora e sempre troppo tardi, in una società che si affretta a ricordare (o a convincersi, va detto) che “il patriarcato non esiste”.
E finché le donne continueranno a morire, e questo testo a mantenere la stessa forza ed attualità, continua ad avere la stessa importanza che i palcoscenici, e i gruppi di donne che – come le dodici di questa serata – li abitano o li occupano, se ne facciano cassa di risonanza.
Chiara Palumbo
Foto dal web
Teatro Carcano
26 novembre
Ferite a morte
di Serena Dandini e Maura Misiti
con Serena Dandini, Lella Costa, Orsetta De Rossi e Rita Pelusio
Lettrici: Saba Anglana, BIGMAMA, Claudia De Lillo, Elisa Ercoli, Lorenza Ghidini, Veronica Lucchesi, Matilde Pacella, Germana Pasquero e Serena Sinigaglia
In foyer sarà presente il presidio dell’Associazione Differenza Donna APS ONG nata con l’obiettivo di far emergere, conoscere, combattere, prevenire e superare la violenza di genere.
Nel corso degli anni i progetti di Differenza Donna hanno trovato consenso, sostegno e finanziamento, sia a livello nazionale che internazionale.
Produzione Teatro Carcano e Mismaonda