La letteratura giapponese è una delle rappresentazioni che sta ampliando i suoi orizzonti in occidente: con figure come Yukio Mishima o Yasunari Kawabata, vincitore di un premio Nobel per la Letteratura nel ’68, prende piede sin dagli anni ’20. Gli scrittori contemporanei rappresentano invece un insieme rigoglioso tra cultura e “simboli” per il Giappone, elevando con il loro ingegno la popolarità del paese. Non solo quindi la narrativa ha significato, ma anche l’‘Haiku’ è l’espressione letteraria che influenza gli scrittori e i lettori di tutto il mondo
La breve forma poetica, caratteristica del Sol Levante, ha il potere di incantare per la sua natura e per la sua immediatezza. Nata in Giappone nel XVII secolo, l’‘Haiku’ è la derivazione della poesia tradizionale giapponese, “Waka”, in seguito denominata “Tanka”. Si distingue per le sue tre corte strofe formate da diciassette sillabe e suddivise in 5/7/5 per ogni verso.
Denominata ‘Haiku’, essa descrive le stagioni, “Kigo”, e i cambiamenti che in esse si evolvono. La scrittura evocativa richiama ogni elemento connesso ai paesaggi naturali, espressione del saluto alla natura e tipica caratteristica di questo tipo di poesia.
Normalmente queste piccole liriche si accompagnano a immagini chiamate “Haiga”, disegni molto essenziali, come un fiore o un uccello, che raffigurano ciò che è stato scritto. L’intento del poeta è infatti farci arrivare i suoni ascoltati, i profumi percepiti, ciò che ha visto, per far risvegliare in noi le nostre emozioni.
Le due entità – Haiku e Haiga – condividono la medesima peculiarità: la semplicità, che fa sbocciare l’emotività di chi legge. Ed è proprio questa particolarità che ha reso l’arte dell’‘Haiku’ molto popolare dall’antichità all’epoca moderna.
Il padre dell’Haiku
Quando si parla di ‘Haiku’ non si può non nominare il suo massimo esponente: Matsuo Bashō. Vissuto nel secolo XVII (periodo Edo), scriveva gli haiku in cammino. Per lui infatti la vita era intesa come un viaggio costante e questi viaggi avevano come meta prima l’approfondimento della sua poesia, una ricerca che passa attraverso la visione e l’osservazione della natura.
I suoi versi si caratterizzano per i minuscoli dettagli e qui ne inseriamo tre esempi:
Verrà quest’anno la neve
che insieme a te
contemplai?
Nel vecchio stagno
una rana si tuffa.
Il rumore dell’acqua
Il silenzio
penetra nella roccia
un canto di cicale
Lo stile creato da Bashō fu denominato “shofu” che può significare “lo stile di Bashō” o “lo stile giusto”: in effetti il capostipite dei versi di origine nipponica elevò l’haiku a una forma di lirica alta, che si avvicina molto al buddismo zen, allontanandosi pertanto dal verso popolare.
Durante i secoli purtroppo l’essenza dell’‘Haiku’ si è persa: ci sono voluti anni e molti discepoli per recuperare il lavoro del maestro Bashō, studiando appunto le basi degli haiku. Attualmente – tradizione vuole – i poeti, “Hajines”, che oggi si dedicano all’haiku, ancora organizzano degli itinerari mirati per scrivere dei luoghi che visitano e declamare la loro bellezza in poesia, considerando i loro scritti un saluto a Dio o allo spirito di quelle località.
La letteratura giapponese nel mondo occidentale
Tra metà Ottocento e gli inizi del Novecento, in Europa, inizia a espandersi l’“orientalismo”, con l’intento di divulgare la cultura giapponese. La Francia è il primo paese che abbraccia tale concezione con la scoperta dell’haiku di cui Paul–Louis Couchoud fu il primo a sperimentarne forma e contenuti.
Insieme a Jean Paulhan, lo stesso Couchoud, è dunque protagonista di un cambiamento, l’evoluzione della produzione poetica francese, in cui si rinuncia alla rigidità della rima e alle parole superflue, lasciando di conseguenza spazio alla semplicità del verso libero.
Molti poeti si avvicinano all’haiku grazie a Couchoud: l’autore austriaco Rainer Maria Rilke ne è un esempio, mentre tra gli italiani troviamo Edoardo Sanguineti e soprattutto spicca Andrea Zanzotto abile esaltatore del verso nipponico capace di far immergere il lettore in fogge e situazioni naturali. Mediante un linguaggio disadorno si colgono nell’immediato l’essenza delle liriche e le suggestioni dell’istante.
Le differenze tra la struttura sintattica occidentale e orientale dell’haiku tuttavia sono molto diverse: la prima risulta essere analitica, mentre la seconda più intuitiva. Nonostante ciò, l’esperienza spirituale che l’haiku ha in sé rimane il punto in comune tra i due mondi.
La trasfomazione dell’Haiku
Chiaramente nel corso degli anni l’haiku si è evoluto tramite l’uso del lessico innovativo e ora, con Internet, sta ottenendo più popolarità. L’applicazione “OpenStreetMap Haiku” permette di consultare la mappa di una città e di scegliere una determinata zona, mostrandoci ciò che ci circonda: in base a questo si scrive un haiku.
Lo stile di pittura giapponese, l’“Haiga”, di conseguenza ha subito un mutamento. In correlazione con l’haiku, l’haiga, il classico semplice disegno, tende a essere rimpiazzano con con una foto o un’immagine digitale, mantenendo però l’idea della composizione originale.
Raccomandiamo tuttavia molta concentrazione durante la lettura di queste opere: degustare parola per parola è la ricetta giusta. Chiudere gli occhi e lasciarsi andare all’immaginazione, perché i versi giapponesi non descrivono, ma fissano un momento che suscita meraviglia.
Ed è quanto ribadisce Roland Barthes nel suo “L’impero dei Segni”: “L’arte occidentale trasforma l’impressione in descrizione. Lo haiku non descrive mai: la sua arte è anti descrittiva nella misura in cui ogni stadio della cosa è immediatamente, caparbiamente e vittoriosamente in una fragile essenza di apparizione”.
I componimenti poetici, dunque, sono una sorta di dialogo rivolto ai piccoli istanti e, a parte i cambiamenti nei secoli trascorsi, l’haiku rimane costantemente puro e genuino. Tant’è che si sta prendendo in considerazione di introdurre l’haiku nelle scuole elementari, con la sua essenza lineare e agile, che faciliterebbe la creazione delle poesie.
Agnese De Luca
Immagini dal web