Avreste mai pensato che la pratica sessuale estrema dello shibari potesse avere i medesimi effetti dello yoga e della meditazione? Ebbene, attraverso questa tecnica, sempre da fare con accortezza, ci si libera. Il lucido sentire è palpabile, come la consapevolezza di essere accarezzati, legati e stretti da corde adatte per questo tipo di attività: ‘Il bondage, libertà oltre i limiti’. L’ebrezza, dunque, diviene una sorta di stato catartico, dal quale si esce completamente rilassati
Il bondage o meglio detto shibari oppure kinbaku ha origini giapponesi. ‘Il bondage’, libertà oltre i limiti, è una disciplina che consiste nel legare una persona soprattutto in ambito erotico. Dall’hojōjutsu, l’arte marziale nata per immobilizzare i prigionieri di guerra con funi di canapa e iuta, il bondage, con il tempo, si è però evoluto nella sua connotazione sessuale.
Pur essendo nata come pratica erotica la BDSM (Bondage & Disciplina; Dominazione & Sottomissione; Sadismo & Masochismo), appartenente all’insieme della vastità di pratiche relazionali e/o voluttuose (intendiamo il disequilibrio e/o l’umiliazione tra due o più partner, che condividono fantasie basate sul dolore) attualmente è recepita più come forma di rilassamento o forma artistica, accostandosi al concetto di scultura vivente.
Già nell’antichità, in Giappone, la tradizione voleva che nelle cerimonie religiose si includessero corde e legamenti, per simboleggiare il collegamento tra umano e divino. La polizia e i samurai invece utilizzarono lo hojojutsu fino al 1200, per bloccare appunto i detenuti. Tra il 1600 e il 1860 – periodo Edo – precisamente nell’epoca denominata Tokugawa (famiglia che detenne il potere sotto l’egemonia del governo militare dello shōgun, detto delle tende), la legatura entrò nell’immaginario erotico del popolo del Sol Levante.
Successivamente Seiu Ito (1882-1961), il “padre del kinbaku”, fotografo e pittore, si ispirò alle scene di costrizione del teatro kaburi. Prodotte per la maggior parte negli anni ’30 del XX secolo, ebbero una grande influenza sulla generazione dei kinbakushi. Dal 1950 in poi la pratica ebbe una grande eco grazie alle riviste “Kitan Club” e “Yomikiri Romance”, che pubblicarono le prime foto nude di bondage.
Il bondage: stato di coscienza mutante
Letteralmente il termine bondage vuol dire schiavitù ma, come detto, inizialmente non aveva connotazione sessuale. Affinché una coppia possa però esercitare le legature si deve instaurare tra i due una fiducia di base. Manette, accessori in pelle, catene, cavigliere e polsiere morbide, fasce di lattice, cinghie, cappucci, bavagli e molti altri sono gli “strumenti” necessari, sempre da utilizzare con accortezza e in modo tale di poter vedere ciò che accade e udire ogni suono.
L’attività prettamente esperienziale oggi vive il suo richiamo anche in occidente grazie alla versione artistica del “Kinbaku”: si combinano arte e tecnica mediante legature complesse e affascinanti da parte del maestro, che spinge il corpo del soggetto bloccato nelle posizioni desiderate, spesso adatte a fisici molto snodati.
Mai finalizzato all’amplesso il kinbaku, in base a studi e ricerche effettuati, aiuta a rilassarsi: elimina stress e ansia. Si dimostra, infatti, che le sessioni dell’arte del legare il corpo umano influiscono in modo positivo sul cervello.
L’effetto è dunque quello di abbandonarsi completamente al volere della persona dominante (in gergo tecnico colui che lega, ovvero “rigger”), che andrebbe ad agire sui meccanismi di difesa della nostra mente, coadiuvando il sottomesso di dimenticare nervosismo e altri stati d’animo prima accumulati.
A detta di chi pratica il bondage farsi avvolgere da corde significa appunto la possibilità di creare uno stato di coscienza mutante, dando così l’opportunità di estraniarsi dall’ambiente in cui ci si trova, sentendosi di conseguenza liberi dalle proprie responsabilità.
Si aggiungono inoltre le sensazioni di costrizione che, congiunte al contatto e allo scambio emotivo con il partner, inducono alla secrezione di alcune sostanze nel nostro cervello (endorfine; ossitocina; adrenalina), le quali donano un senso sia di lucidità, sia di percezione di una condizione di rilassamento pressoché ipnotico.
Gli appassionati denominano questa circostanza “ropespace”, ossia capita che al termine di una seduta sopravvenga una crisi di pianto, affinché tranquillizzarsi, non tanto diversa da un orgasmo; il momento dedicato al reciproco scambio dell’esperienza è invece denominato dagli esperti “peer rope”.
Il bondage, libertà oltre i limiti: la divulgazione
Con l’espandersi dello shibari in area europea veniamo a conoscenza di incontri e di manifestazioni rivolti proprio a tale attività. A Roma, per esempio, sotto la direzione artistica di una delle più note “donne rigger” italiane – legatrice / kinbakushi in giapponese – , Red Lily, si è organizzata una tre giorni (dal 20 al 23 settembre scorso) piena di interessanti workshop, show, spettacoli, eventi culturali e ludici, grazie alla presenza di molti artisti italiani e stranieri.
Il Ritual The Club ritorna dunque per la “Rome Bondage Week”, alla sua seconda edizione, in cui si diffondono e si esplorano cultura ed estetica dell’arte di legare il corpo nelle sue più svariate accezioni, partendo dalla tradizione giapponese e giungere alle sperimentazioni occidentali attuali.
Prendendo spunto dall’Extreme Clubbing, il Ritual stesso forma il Ritual LAB per approfondire la didattica affiancata agli aspetti artistici e socioculturali del fetish, del BDSM, dell’erotismo e non solo: le iniziative intorno al laboratorio si focalizzano per di più sul mondo della sessualità anticonformista e sulle sottoculture che, mediante un dialogo con l’arte contemporanea, il design e la body art, intende condividere l’arte del kinbaku.
L’evento ha visto pervenire molti performer. Noi ci siamo dati l’opportunità di essere presenti a una delle serate, in cui tre differenti situazioni sono state presentate sul palco. La prima, dallo stile più sensuale, ha visto due ragazze protagoniste ma senza esibire del nudo; la successiva, al contrario, stupisce per lo stile delle legature e per le posizioni che il corpo femminile può assumere: lui lega, lei viene legata a seno scoperto; infine, la terza è più diretta ed esprime un linguaggio – forse – più spinto.
L’insieme ci fa comprendere i diversi gradi di impatto: partendo da un momento più morbido e più atmosferico, si arriva a qualcosa in stile fetish–dark; ci si studia, inoltre, per trovare il contatto e la fiducia con la persona che viene legata.
Si sfiora dunque il corpo, sia per tranquillizzare sia per capire fin dove ci si può spingere. C’è chi usa un solo anello, che fa da congiunzione per le corde, mentre altri una trave e addirittura un gancio che pende dal soffitto.
Ciò che noi percepiamo più evidente è che i corpi sembrano opere d’arte: i cambi di posizione, infatti, offrono infinite immagini e possibilità di movimento, di certo adatte a fisici esili e agili, ma non è detto; la nudità viene vista sotto le sue più svariate prospettive; le performance sono di diversa durata e intensità; infine, chi partecipa tra professionisti, curiosi e spettatori, osserva le tecniche e approfondisce le conoscenze acquisite.
La scelta delle musiche si basa su ciò che si propone agli astanti. Tra sonorità classiche, soft, tecno-dark e qualche incursione blues, si viaggia nell’insieme davvero suggestivo dal linguaggio altamente anticonformista. Abbiamo visto all’opera Edna (Praga) accompagnata da Misaki; Malice con Seb Kinbaku (Parigi) e Osaka Dan (Melbourne, Australia) con Gestalta (Berlino)
Deduciamo pertanto che il bondage, come tutte le altre tecniche sadomaso, va praticato in maniera sicura e soprattutto consensuale: i diversi livelli di difficoltà permettono alla coppia di non superare i limiti e usare il buon senso. Tutte le pratiche di Shibari o Kinbaku si distinguono per la componenete emotiva dell’atto: “l’effetto di riduzione del flusso sanguigno verso la corteccia prefrontale dorsolaterale è il medesimo: minore l’afflusso alla parte del cervello che regola la memoria e il controllo, maggiore è la sensazione di calma” e, infine, si possono sempre chiedere consigli, affidarsi a un esperto oppure fare delle ricerche on-line per acquisire sia solide basi, sia potenzialità su tecnica e strumentazione.
Annalisa Civitelli
Foto: Andrea Melaranci