Dalla scienza al teatro e dal teatro alla scienza
Questa la doppia strada intrapresa dalla regista Diana Höbel nel progetto interno all’Euro Science Open Forum, a Trieste dal 1° al 6 settembre. Da un lato, la collaborazione con il Centro Scientifico triestino SISSA ha portato sul palcoscenico scienziati che mai si erano avvicinati al teatro, per raccontare le grandi scoperte scientifiche che hanno rivoluzionato la storia e il pensiero umano; dall’altro, la collaborazione con il Centro Universitario Teatrale affinché si potesse ricordare una realtà venuta alla luce nell’’800 ma tristemente attuale: le mani vanno lavate
È dunque da un centro di ricerca che inizia questa serie di eventi. Dalla volontà di divulgare le teorie e le scoperte che troppo spesso rimangono confinate negli stretti spazi dei circoli accademici. E consapevoli di questa missione, dieci tra studentesse e studenti si sono tolti il camice da laboratorio per calarsi nei panni di attori e attrici – i più per la prima volta – e far sì che la scienza uscisse dalla sua comfort zone per avvicinarsi a chi l’ha abbandonata molto tempo prima, o non l’ha mai voluta conoscere.
Un obiettivo ammirevole quindi, che ha portato per cinque giornate questi giovani amanti della conoscenza in Piazza Verdi, a raccontare delle storie. Da quella di Keplero a quella di Hubble, dalla nascita della vita all’alga killer, in inglese e in italiano.
A fermarsi non erano solo amici e parenti degli e delle interpreti, venuti a vedere il grande debutto, ma anche e soprattutto passanti ignari, rapiti da termini ed espressioni già sentite ma spesso dimenticate.
E perché no? Anche l’entusiasmo posto nella narrazione, da chi racconta ciò che ama, è stata una forte calamita. Ed è stato proprio questo entusiasmo “il collante tra i due mondi”, per usare le parole dell’ideatrice del progetto: “l’ABC del teatro – stare, semplicemente, in piedi davanti agli spettatori, senza scenografia, senza costumi, senza un teatro intorno – per raccontare l’ABC della scienza“.
A conclusione di questi insegnamenti artistici, domenica 6 settembre, al teatrino Franco e Franca Basaglia, si è tenuta la proiezione del docu–film ‘Il dottor Semmelweis’, a cura di Fulvio Falzarano e Tullia Alborghetti, nel rispetto le norme di distanziamento sociale.
La proiezione è stata chiaramente dovuta all’esigenza di rispettare le norme di distanziamento sociale, cosa che ha fortemente penalizzato la regia, pensata per andare in scena dal vivo. Lo sanno bene i direttori del Centro Universitario Teatrale che, per riuscire a realizzare lo spettacolo durante i mesi di rigido lockdown, hanno dovuto montare lezioni online, riprese delle prove in fase di montaggio e spezzoni di interviste in cui è stato possibile girare a debita distanza.
Nel girato si alternano scene scure, ambientate negli ospedali in cui al tempo la mortalità era estremamente elevata, e scene all’aperto, solitamente girate in un prato, e caratterizzate dalla presenza di gitane che, in forte contrasto con la tensione che si respira quando nell’ambientazione vi sono gli intellettuali, vivono in allegria, forse proprio perché ignare dei pericoli che le attendono.
Interessante l’interpretazione a rotazione dei ruoli secondari che a differenza di quelli primari, in cui l’attore e l’attrice sono fissi, vengono incarnati da più persone. Questa scelta porta lo spettatore a concepire la quotidianità di certi ambienti, ad esempio al momento del parto si susseguono tre attrici, dando così la possibilità al pubblico di non concentrarsi sull’attrice in sé ma sulla procreazione, che è la vera protagonista della storia.
Il testo di Angela Pianca, liberamente ispirato a “Il Dottor Semmelweis” di L. F. Céline e curato da Fulvio Falzarano e Tullia Alborghetti, invece è stato portato in scena al Teatrino Franca e Franco Basaglia da Tommaso Zanella, Valentina Milan e gli studenti del terzo anno del CUT Trieste.
Nonostante le complicazioni tecniche, gli attori e le attrici in erba sono riusciti a intrattenere il pubblico narrando la tragica storia di Ignác Semmelweis, dottore visionario che, grazie al metodo sperimentale, è stato in grado di ridurre drasticamente l’alta incidenza di febbre puerperale nelle cliniche ostetriche, con la semplice disinfezione delle mani prima del parto.
La vicenda viene raccontata su due linee temporali che si alternano in una scenografia sobria organizzata all’aperto: una prima visione diretta sulla vita di Semmelweis e una seconda, molti decenni dopo, mediata da un’intervista.
Gli oggetti di scena sono essenziali ma usati abilmente, ad esempio le maschere immutabili che coprono i volti dei colleghi del protagonista, convinti della propria abilità e miopi davanti alla realtà.
Trattandosi di teatro amatoriale, la possibilità di dare spazio a chi si è dimostrato più abile sul palcoscenico virtuale è stata subordinata alla giusta necessità di dare a ciascuno il proprio momento di gloria. Ma dato l’alto numero di attori e attrici, e quello decisamente più ridotto di ruoli, non vi è stata alcuna recitazione degna di nota, se non quella di Tommaso Zanella.
Quest’ultimo, interpretando il ruolo del protagonista, ha portato in scena una credibile trasformazione da giovane di belle speranze a medico disilluso, non creduto dalla comunità scientifica, che ha trovato la fama che merita solo dopo aver concluso i suoi giorni in manicomio.
Marco Rosasco
Monologhi di Teatro e Scienza
Piazza Verdi
1 – 5 settembre
di Diana Höbel
con Ilaria Santostefano, Nicole Stefanucci, Matteo Gallone, Simone Kodermaz, Laura Nenzi, Lorenzo Colombo, Giada Rossi, Andrea Belli, Anna Vallortigara e Cecilia Collà Ruvolo
Riprese Giuseppe Vergara
Teatrino Franca e Franco Basaglia
Il dottor Semmelweis
6 settembre
Curato da Fulvio Falzarano e Tullia Alborghetti
Testo Angela Pianca, liberamente ispirato a Il Dottor Semmelweis di L.F. Céline
con Tommaso Zanella, Valentina Milan e gli studenti del terzo anno del CUT Trieste