‘Il giorno in cui diventai mia madre’ di Patrizia Serra, edito da ExCogita Edizioni, è un romanzo ironico e impertinente, affronta con divertimento e sarcasmo la riflessione sulle aspettative femminili nei confronti dell’universo maschile
Patrizia Serra, al suo esordio letterario, con forte determinazione, cerca di sfatare i consueti e consolidati stereotipi nella relazione uomo – donna, intraprende un appassionante percorso interiore verso l’autonoma indipendenza dal retaggio dell’obbedienza.
Affranca il gene della servitù, l’unità ereditaria delle donne, la soggezione vincolata al modello atavico di educazione ricevuta, il requisito di dipendenza psicologica e sociale al proprio uomo.
La narrazione, velata di spirito comico e disincanto, racchiude un’intensa contraddizione, esprime il dispiacere della disillusione, l’amara accettazione di non percepire, nel confronto con la prerogativa sociale e morale, la riconoscenza, la soddisfazione per le proprie qualità.
L’autrice applica a uno stile genuino ed essenziale, un linguaggio disinvolto e intraprendente per agevolare, nell’ordinarietà della quotidianità, la responsabilità emotiva delle azioni.
Giustifica l’origine e la destinazione dell’universo femminile, concedendo al lettore maschile di conoscere e capire l’evoluzione spontanea del sentimento, della sua condivisione.
Il cammino rassegnato e mortificante della protagonista, nell’attitudine umana di adeguamento e di consenso ai sacrifici, cambia direzione e posizione, quando la donna, con imprevedibile abilità e istinto di sopravvivenza, riesce a liberare il suo ruolo.
Difende l’orgoglio della rispettabilità e la compostezza della consapevolezza, coltiva l’amore verso di sé, considera il proprio benessere e la propria felicità.
Il giorno in cui diventai mia madre:
prospettiva dei rapporti umani
La Serra riflette sulla cedevolezza generazionale del bagaglio culturale congenito, sull’arrendevolezza autobiografica di ogni donna nel fatale momento in cui un uomo entra nella propria vita. Rievoca il ritorno sensibile al senso del dovere, il mantenimento dell’obbligo morale, riesce a rivoluzionare il preconcetto dei luoghi comuni, nell’impegno casalingo muliebre, con la pratica irriverente e divertente del distacco intelligente.
L’opera narrativa trafigge le tonalità introspettive della protagonista che, come sua madre, allenata ad affermare l’emblema maschile all’attenzione principale della propria vita e della propria concezione d’ideali, si ritrova a contrastare il disagio affettivo per rivendicare la propria individualità e professare la sua brillante qualità lavorativa nel mondo del giornalismo.
Un romanzo che fa bene, comunica una bella lezione, sempre contemporanea, divulga l’incondizionata e immensa capacità di amare delle donne, e la loro ragione dominante nella condivisione. Grazie all’esperienza e alla destrezza sarcastica, la scrittrice intuisce l’accorgimento relazionale di scherzare, ridere senza condizionamenti, senza imporsi delle inibizioni.
‘Il giorno in cui diventai mia madre’ dona la sua partecipazione schietta alla condotta persuasiva del racconto, approva parole che misurano il mondo inconscio e bilanciano l’equilibrio dell’anima. Amplia la prospettiva dei rapporti umani, favorisce l’intesa nell’empatia e nella complementarietà, commentando il punto di osservazione privilegiato, con altri occhi, l’identificazione dell’emancipazione e della fiducia in se stesse.
Rita Bompadre
Foto di copertina dal web
Patrizia Serra
Il giorno in cui diventai mia madre
Edizioni Ex Cogita
Collana Le Astarti
Genere Narrativa
Edizione 2021
Pagine 192