‘Il sogno visionario’ dei “Concerti del Tempietto” e del “Festival Musicale delle Nazioni” parte da lontano, esattamente negli anni ’60. Due sognatori, Angelo Filippo Jannoni Sebastianini e Giovanna Moscetti, hanno introdotto la musica classica nella capitale, lasciando che l’iniziativa si allargasse a più paesi. Ora, infatti, il Festival è riconosciuto da ben 108 nazioni e continua a mietere successi
Roma, la città che non finisce mai di stupire. È come se ogni volta che pensiamo di conoscerla appieno, lei si trasformasse in una di quelle figure mitologiche che si sciolgono e riformano sotto gli occhi di tutti, mai uguale a se stessa, sempre sul punto di svelare un segreto che però non si concede mai del tutto.
I “Concerti del Tempietto” e il “Festival Musicale delle Nazioni”, sono un perfetto esempio de ‘il sogno visionario’ di questa natura camaleontica e imprendibile: un festival che non è un festival, uno spettacolo che non è solo spettacolo, ma una sorta di catarsi che sembra nascere dalle stesse vene di Roma.
Immaginate le notti romane che si illuminano con un mix di musica classica, giovani talenti e nomi leggendari. Qui, il concetto stesso di evento viene quasi schiacciato sotto il peso di un’esperienza che è in qualche modo primitiva e moderna allo stesso tempo, come un rituale tribale in cui però ognuno porta la sua tecnologia: la sua storia, il suo strumento, le sue melodie.
Parliamo di un fenomeno che lascia storditi, esausti e, incredibilmente, in un qualche stato di estasi mistica.
Il sogno visionario tra gli anni ’60 e il giubileo del 2025
La fondazione di questa rassegna negli anni ’60 da Angelo Filippo Jannoni Sebastianini e Giovanna Moscetti è uno di quei racconti leggendari di visione e incoscienza.
In piena epoca di cambiamento e disordine, due visionari decidono di non voler perdersi nel nulla, e fanno quello che in pochi si sognerebbero di fare: introducono la musica classica nella vita quotidiana della città, con una serie di eventi che si trasformano in uno spazio esistenziale, dove la storia di Roma si mescola al presente e alle note.
È il cuore pulsante di un fenomeno che non è solo romano, ma ormai globale, riconosciuto da 108 nazioni. Sì, avete capito bene: 108 Paesi fanno eco a questo sogno, portando con sé i loro artisti, le loro storie, e un po’ di quell’infinito che anche loro cercano nella musica.
Il teatro di Marcello: anima e corpo del festival
C’è infatti qualcosa di surreale nel vedere il teatro di Marcello trasformarsi ogni sera in un tempio per l’arte, un catalizzatore di energie e suoni che sembra quasi sciogliere i confini del tempo.
La gravità storica del luogo è così densa che ogni nota, ogni melodia sembra risuonare in eterno, come se questi suoni stessero danzando tra le pietre antiche, raccontando storie dimenticate e forse mai scritte.
Non è dunque solo uno spazio fisico, ma una dimensione parallela in cui la musica non è solo ascoltata: è vissuta, sentita in ogni fibra, ogni respiro, ogni attimo di silenzio che segue l’ultima nota.
Tra i grandi maestri che hanno attraversato questo palcoscenico si contano Sergio Perticaroli, Marcella Crudeli, Vincenzo Balzani e tanti altri che hanno lasciato un’impronta indelebile.
E, accanto a loro, giovani talenti provenienti da ogni angolo del mondo, allievi e diplomati dei conservatori e delle accademie italiane, che si trovano a confrontarsi con i giganti della musica, portando però un’energia fresca, un brivido nuovo che non permette alla serata di diventare una sterile celebrazione della tradizione.
Il sogno visionario: un percorso tra le location più iconiche
Ma non finisce qui: il Festival è una sorta di esplorazione urbana, che trasforma i luoghi simbolici di Roma in un’unica, immensa sala da concerto.
Dal Mausoleo di Augusto alla Basilica di San Nicola in Carcere, dalla Casina delle Civette di Villa Torlonia al Tempio di Apollo, ogni angolo della Città Eterna si trasforma in uno spazio di ritrovo e celebrazione, che accoglie la musica come un ospite tanto atteso.
Roma diventa, in altre parole, un palcoscenico totale, un’armonia continua che avvolge strade, piazze, scorci.
Dunque, è quasi impossibile descrivere la quantità di talento e diversità che si concentra qui. Il Festival non è solo una rassegna di musica classica: è un viaggio nei ritmi e nelle tradizioni di decine di Paesi, ognuno con la propria storia, anima e, soprattutto, voce.
C’è infatti una miriade di altre forme d’arte che trovano spazio qui: dal teatro alla danza, dalle performance estemporanee agli spettacoli di strada.
Artisti del calibro di Peppe Giacobbe e Isabella Foschini portano in scena opere che sfidano le convenzioni, trasformando ogni serata in un evento unico. Non c’è nulla di statico nel “Festival Musicale delle Nazioni”: è una continua reinvenzione, una sfida aperta ai confini dell’arte stessa.
Un mosaico globale che non è solo suggestivo: è un caos ben orchestrato in cui ogni cultura, nota e strumento trova il proprio spazio. Non c’è nessuna gerarchia, nessun ordine fisso, solo un continuo fluire di ritmi e tradizioni che si incontrano e si scontrano, creando una sintesi che è sempre nuova, sempre sorprendente.
Un sostegno solido e una visione comune
Dietro all’organizzazione, c’è stato il supporto di partner come le Assicurazioni Generali, che per più di quindici anni hanno finanziato e prodotto CD con “I Concerti del Tempietto”, portando questa musica anche al di là di Roma.
Dunque, il Festival è un fenomeno, un rito collettivo che ogni sera coinvolge migliaia di persone, un momento in cui la capitale diventa davvero l’ombelico del mondo.
Un impegno che ha trovato riscontro anche nel sostegno del FUS (Fondo Unico per lo Spettacolo) e dell’Assessorato alla Cultura di Roma.
Il sogno visionario: visite guidate e un legame profondo con la storia
E poi ci sono le visite guidate, quasi a voler raddoppiare l’esperienza sensoriale. Camminare tra le colonne del teatro di Marcello e del Portico di Ottavia significa immergersi in una storia che parla attraverso le sue pietre e le sue aree, che avvolge e trascina in un vortice di emozioni.
Qui, la musica non è solo una colonna sonora, ma un medium che ti permette di percepire Roma non solo con i tuoi sensi, ma con la tua anima.
Quindi, se mai ci fosse un antidoto alla disconnessione e alla frenesia del mondo contemporaneo, è proprio questo: una carica infinita e irripetibile di notti romane che non smette mai di brillare. Ogni volta che il sipario si chiude, sai che l’indomani Roma si risveglierà ancora una volta in attesa di una nuova notte, una nuova celebrazione, un nuovo istante da vivere.
Dunque, se non avete mai assistito ai “Concerti del Tempietto” e al “Festival Musicale delle Nazioni”, allora non avete mai conosciuto davvero la città eterna. Un universo, un modo di vivere la città che va oltre la bellezza, oltre la storia: un festival eterno, un’eredità senza tempo.
È il cuore pulsante di una Roma che non vuole invecchiare, che si reinventa notte dopo notte, come una musa capricciosa che non smette mai di danzare.
Filippo Novalis