Chiara Amici
“Auguro a tutte quante di uscire fuori dalle gabbie che a volte ci creiamo da sole pur di essere accettate e ben viste. Auguro a tutte di non aver paura di uscire da queste gabbie“
“Le conversazioni tra donne hanno questo aspetto interessante: sai da dove parti, ma non puoi sapere dove arriverai. L’unica certezza è che questo traguardo, è lontano, molto lontano e sai che probabilmente ti condurrà a porti delle domande che avranno risposta un giorno, per caso” (cit)
‘Rivoluzione donna’ è questo, perché è questo che fanno le rivoluzioni: vogliono risposte a domande che ancora non sono state esaudite. Vogliono combattere per avvicinarsi alla verità e, come ci ha insegnato Michela Murgia, le parole sono un’arma potentissima ed attraverso questo spazio vogliamo diffonderne tutto il valore.
Che si tratti di riflessioni sul lavoro, sulla politica, sull’arte o semplicemente sulla vita, in questa rubrica cerchiamo di rompere ogni pregiudizio, barriera o costrizione e lo facciamo iniziando da un’arista che stimo: Chiara Amici.
Attualmente impegnata nello studio dello yoga per diventare insegnante – disciplina che la rappresenta molto e che fa parte della sua quotidianità – Chiara infatti è un’arte terapeuta che abbraccia la propria spiritualità ponendola al centro dell’esistenza umana come ricerca del sé e del proprio sentire.
I suoi lavori artistici inoltre rappresentano pienamente il suo rapporto con i ricordi, con i legami; sono un contatto diretto tra la sua mente ed il suo corpo che, attraverso la manualità, annoda sensazioni sulla carta.
L’ultima esposizione ha avuto un protagonista assoluto: “Il Blu”. Il colore del mare e del cielo; l’unione tra due mondi che smuove nello spettatore sensazioni altalenanti di perdita e ritrovamento. La calma apparente contrapposta all’inquietudine invisibile.
Scelgo delle domande mirate, ma la profondità dei concetti che emergono da questa conversazione mi lascia tutt’altro che indifferente e mi porta a virare altrove incuriosendomi, scoprendo un altro punto di vista sulla vita e sulle emozioni.
Ci incontriamo una mattina in un posto tranquillo per circondarci della giusta atmosfera e parlare di arte terapia e di spiritualità, del legame tra queste due forze e di come interagiscono tra loro.
Chiara Amici, qual è il passaggio interiore che si fa dall’essere artista al diventare arte terapeuta?
“Credo che per ogni artista – o persona che sin da piccola si dedichi ad una tecnica particolare, come può essere il disegno – arrivi quel momento in cui ci si rende conto che l’arte non è solo passione, ma anche un modo per alleviare tensioni, elaborare il dolore. È stato così anche per me e mi sono resa conto di quanto fosse fondamentale questo processo e di quanto fossi curiosa di capirne i meccanismi nascosti. Il cambiamento interiore è avvenuto andando in fondo a tutto questo e mettendo al servizio degli altri queste conoscenze.”
L’arte terapia è terapeutica anche per l’artista stesso?
“Dirigere una classe di arteterapia produce stimoli ed ispirazioni senza fine. Ogni persona tira fuori qualcosa di diverso ed ha reazioni diverse agli impulsi, alle tecniche proposte. Inevitabilmente questo mi porta grande ispirazione, in particolare lavorando con gli adulti. Spesso emergono racconti di vita – o ricordi – e ciò mi affascina moltissimo, soprattutto perché io lavoro molto sulla memoria.”
In che modo lavori sulla memoria?
“La maggior parte dei miei lavori sono autobiografici o si basano sull’ esperienza di vita dei miei famigliari, amici e conoscenti. Mi interessano molto i racconti del corpo, o del dolore. L’attività principale che svolgo consiste nell’archiviare e catalogare questi ricordi collettivi, unendoli e collegandoli al mio sentire.”
La naturalezza di Chiara Amici
Chiara parla con calma, scandendo le parole una ad una mentre sorseggia una tazza di tè caldo. Sceglie accuratamente cosa dire ma lo fa con estrema naturalezza. Consapevole di ciò che esprime, è un piacere ascoltarla mentre – delicatamente – si racconta e racconta il suo mondo.
Continuo la mia intervista con molta curiosità, consumando anche io la stessa bevanda, mentre lentamente assorbo la calma che contraddistingue questa artista.
Mi sembri una persona particolarmente legata alla spiritualità, come definiresti questo concetto?
“Descrivendola come la ricerca della radice che si trova prima dei nostri ricordi, di quello che abbiamo imparato dal mondo, sotto a tutto quello che possediamo e alla definizione di noi stessi. ‘Quando perdiamo tutto chi siamo?’ È questa la domanda che mi muove.”
Faccio un passo indietro: prima hai affermato che le interessano i “racconti del corpo”; a questo proposito le domando della disciplina che sta studiando: lo Yoga.
È una passione antecedente all’arte terapia?
“Credo che i rapporti tra le due cose siano andati di pari passo: sono sempre stata affascinata da una visione spirituale della vita slegata da un concetto di religione preciso. Allo stesso tempo l’arte ha sempre fatto parte di me, ecco perché vedo queste due cose intrecciate, come se fossero una la conseguenza dell’altra. In particolare, credo che la spiritualità mi abbia portato a volermi esprimere in un modo che potesse descrivere bene tutto ciò che di intangibile percepisco.”
Come ha influito questo approccio sui tuoi lavori?
“I miei primi lavori erano ricchi di elementi e di concetti; ho iniziato con i libri d’artista, con le installazioni, aumentando quindi le dimensioni delle mie opere. Ad oggi sto tornando a ridimensionarne forme e grandezze, cercando di raggiungere una sintesi dell’opera. Questo deriva dall’influenza dell’arte orientale, per me vero punto di riferimento, ma mi sento ancora distante dal concetto di sintesi che vorrei raggiungere.”
Come mai l’arte orientale?
“Sono molto affascinata dalla filosofia zen.”
Pratichi la disciplina costantemente?
“I principi dello Yoga si possono praticare in qualsiasi azione venga compiuta durante il giorno, quindi si, credo di essere regolare nella mia disciplina. Sicuramente lo yoga mi aiuta ad assottigliare i confini tra mente e corpo: lo ascolto maggiormente, esattamente come faccio per le mie emozioni cercando di comprenderle.”
A cosa ti senti più vicina in questo momento, allo yoga o all’arte terapia?
“Non riesco a darle una risposta precisa. L’arte sarà sempre presente, nonostante io sia attualmente concentrata sullo studio per l’insegnamento dello yoga. In questa fase di crescita artistica sento che i miei lavori hanno tempi di maturazione più lunghi; i miei progetti attuali hanno bisogno di molto tempo, spazio e riflessione; quindi, non posso vedere un dispendio di energie maggiore – o minore – in una parte piuttosto che l’altra.”
A cosa non potresti mai rinunciare?
“Al tempo per me, ai personali momenti di libertà.”
Siamo arrivate alla fine di questa conversazione e mentre dentro il bar il via vai di persone rallenta sempre di più, le spiego meglio la conclusione dell’intervista, specificando che le ultime tre domande sono quelle con cui termineranno tutte le prossime.
Interessata a scoprire quali saranno le risposte parto con la terzultima domanda:
Mi dici il nome di una donna che è stata per te fonte di ispirazione ed il perché?
Chiara Amici ci pensa un attimo e dopo qualche secondo mi spiega di non riuscire a scegliere tra due figure per lei importanti. La mia curiosità le vuole conoscere entrambe, quindi le dico di non scegliere ma di dar voce a questa indecisione:
“La prima è Shirin Neshat, artista iraniana che ha reso arte la lontananza dal suo paese, traducendo in video di forte impatto le sue emozioni, le sue visioni. La seconda figura è Eve Ensler autrice de ‘I monologhi della vagina’ che, come Neshat, ha saputo trasformare il suo dolore – gli abusi subiti – in un motore che l’ha spinta ad aiutare altre donne, raccontando le loro storie in maniera corale, producendo una trasformazione generale.”
Un’opera di una donna a te vicina?
“‘Memorie di Adriano’ il libro di Marguerite Yourcenar.”
Ed ora, come ultima domanda le chiedo di rivolgersi a tutte le donne di oggi attraverso un augurio, un’esortazione o una domanda.
Cosa vuoi dire a tutte noi?
“Le esorterei a domandarsi se c’è qualche lato di loro che stanno sopprimendo per uniformarsi a questo mondo; le inviterei a capire quali sono le motivazioni che le spingono a togliere una parte di sé al mondo, ed auguro a tutte quante di uscire fuori dalle gabbie che a volte ci creiamo da sole pur di essere accettate e ben viste. Auguro a tutte di non aver paura di uscire da queste gabbie.”
L’intervista si conclude con un vero e proprio messaggio rivoluzionario da cui trapela la voglia di cambiamento, di partecipazione e di mostrarsi per ciò che si è, lasciandoci alle spalle un grigio passato per rinnovarlo con nuovi spunti e punti di vista.
‘Rivoluzione donna’ ha mosso i suoi primi passi.
Continuiamo a confrontarci. Siamo marea.
Silvia Bruni
Ringraziamo Chiara Amici per aver battezzato la rubrica ‘Rivoluzione Donna’ e per le sue immense e profonde parole.