Intervista a Cinzia Bomoll
“Ogni volta che realizzo un film cerco di migliorarmi, soprattutto ho capito che non posso vivere senza cinema”
Cinzia Bomoll è una scrittrice e regista italiana. L’abbiamo incontrata poiché il suo ultimo film La California (2022) che, oltre ad aver destato la nostra curiosità, è stato selezionato alla Festa del Cinema di Roma del 2022 nella sezione Freestyle.
La Bomoll esordisce come scrittrice nel 1998 con “Quello che ho da dirvi”, un racconto incluso nell’antologia pubblicata per Einaudi Stile Libero. Per Fazi Editore escono rispettivamente il suo primo romanzo “Lei che nelle foto non sorrideva” (2007) e “Sessantanove” (2011).
La scrittrice e regista, inoltre, prosegue la sua attività scrittoria nel 2019: “Cuori a spigoli” (Lanieri Edizioni) è il suo terzo romanzo.
Alle spalle ha anche esperienza come regista e vince anche alcuni premi. Gira dei cortometraggi tra i quali “Gara di resistenza” insieme a Emidio Clementi del gruppo musicale underground Massimo Volume, mentre “Il segreto di Rahil” è il suo primo lungometraggio. “Balla con noi” è il secondo film di Cinzia, la quale trae ispirazione dai musical.
Cinzia Bomoll tra le righe di questa intervista ci racconta un po’ di sé e del suo legame con la sua terra natia, degli artisti che più l’hanno influenzata e la sua grande passione per il cinema, di come esso può essere il mezzo più efficace per raccontare la realtà di un paese.
Cinzia Bomoll, come è nata l’ispirazione de “La California”?
“All’inizio mi sono ispirata liberamente a un mio romanzo: ‘Lei che nelle foto non sorrideva’. Ma ho creduto bene distaccarmi molto da quella storia. Non volevo fare una copia del romanzo, perché credo esso basti a se stesso e sia impossibile riproporlo tenendo la stessa poetica che è molto letteraria. Specie – a proposito del film – quando sono subentrati Christian Poli e Piera Degli Esposti, la vicenda ha preso tutta un’altra direzione. Tanto che il lavoro, ora, ha proprio un altro titolo e le dinamiche dei personaggi, rispetto al libro, sono diversissime”.
Lei è al suo esordio in veste di regista: come ha vissuto tale esperienza?
“‘La California’ è il mio terzo lungometraggio e in precedenza ho realizzato diversi cortometraggi, oltre a lavorare in regie televisive. Però posso dire che questo film è stato una grande prova, in quanto c’è un cast corposo e importante, e anche le dinamiche produttive mi hanno coinvolto personalmente. Ogni volta che realizzo un film cerco di migliorarmi e soprattutto ho capito che non posso vivere senza cinema”.
Nel suo lavoro è evidente l’attaccamento alla sua terra: quanto c’è di se stessa nel racconto del film?
“Tantissimo. È una sorta di amarcord (in dialetto: mi ricordo) di terre dove sono cresciuta e da cui mi ero allontanata a lungo per vivere altrove. È un omaggio alla nostalgia e alle caratteristiche tipicamente emiliane, pur potendo dire che tutte le province del mondo si somigliano, e anche qui tra memoria storica e universalità della linea, specie quella thriller, c’è una commistione di generi”.
I riferimenti al passato nell’Emilia-Romagna di oggi sono quasi inevitabili. All’interno del lungometraggio sono presenti molte tematiche sociali: come vede la sua Regione oggi?
“Sono tornata a vivere qui dopo tanto tempo e dopo aver girato mezzo mondo. Posso dire che è uno dei luoghi dove si vive meglio. Basta saper vedere con occhi obiettivi. È bello viaggiare e vedere altre culture, fare esperienze, specie da giovani quando si sogna un altrove diverso. Ma ho riscoperto lati di un Emilia che prima non consideravo e li apprezzo molto”.
Quali registi l’hanno ispirata nella creazione della pellicola?
“Cerco di avere uno stile mio, non oso quasi paragonarmi ad altri registi, anche se credo che alcune influenze ci siano state. Ho sempre amato Antonioni, Pasolini, Fellini e gli indipendenti americani. Forse questo mio ultimo film si sarebbe potuto ambientare anche nella provincia americana che ben conosco (da cui il titolo che gioca con questo fattore) e sarebbe potuto sembrare anche un’opera indipendente statunitense”.
Perché ha scelto un cast prettamente di origini emiliane-romagnole?
“Volevo un cast coerente coi luoghi. Una sorta di scommessa anche per uscire dal grande Raccordo Anulare di Roma dove ho vissuto quindici anni. Volevo che ci fossero accenti e parlate tipiche nostre, e naturali, non forzate. Ho preferito mischiare cantanti e attori (in Emilia cantano tutti!) ma rimanere nell’ambito emiliano”.
Lei è anche scrittrice: che differenze ci sono nello stendere una sceneggiatura e un romanzo?
“Il metodo e lo stile. Il romanzo permette di entrare di più nel non detto dei personaggi, nella psicologia e permette di approfondire la parte intima degli stessi. È forse più libero e fluido. Il film, invece, ha delle regole più nette, deve seguire un arco narrativo che si deve svolgere in un’ora e mezzo, due ore. E avere un ritmo che il romanzo può permettersi di non avere. È diversa l’utenza e di conseguenza la proposta”.
Qual è il regista che l’ha influenzata di più nel suo percorso artistico?
“Amo Truffaut anche se non mi pare di fare film alla Truffaut, forse ne sono ispirata. Mi piace un certo Pupi Avati, quello più thriller e emiliano, e il primo Pasolini. Poi c’è un film che mi ha segnato: ‘I giorni del cielo’ di Terrence Malick. Uno ei miei preferiti”.
Infine, come vede la situazione della cinematografia italiana attuale: quali le pecche e quali i pregi?
“Penso che bisognerebbe sempre più creare storie che parlano di realtà italiane poco frequentate, così come ambientate in luoghi che non siano i soliti. Dovrebbero puntare alla verità dei fatti e rimandare anche un messaggio ben preciso. Abbiamo tanto da dire: siamo uno dei paesi con più sfaccettature sia geografiche sia culturali, bisognerebbe dunque mostrarle di più. I pregi? I film italiani hanno caratteristiche uniche, parlo di quello più autoriale ovviamente. Riusciamo ad essere artisti anche lì, come facevano pittori e scultori un tempo. Questa cosa ci viene riconosciuta all’estero e a volte noi non ce ne rendiamo conto”.
Andrea Di sciullo
Foto: Sonia Monaco
Ringraziamo Cinzia Bomoll per la sua disponibilità.