Edoardo Frullini
“Con “Barbablù” l’obiettivo è aprire un dibattito e porre l’attenzione sulla tematica della violenza di genere che ha bisogno di essere discussa e affrontata sempre di più“
Edoardo Frullini, in scena al Cometa off di Roma con “Barbablù” fino al 3 dicembre, presenta una rivisitazione della favola Charles Perrault in cui il protagonista uccide sei delle sue sette mogli.
Qui, però, questa circostanza si traspone all’oggi e Frullini ci racconta la sua visione rispetto l’Universo femminile. Ciò che infatti emerge dalla nostra chiaccherata è quanto ancora la nostra società soffra di una mentalità patriarcale che si insinua in un sottobosco silente ma pericoloso, che può essere ribaltata rendendo accessibili lo studio e la divulgazione artistico-culturale.
Inoltre, l’attore esprime quanto sia essenziale intervenire con una forma di prevenzione attraverso una necessaria educazione emotiva sulle nuove generazioni affinché non si ripetano più femminicidi al fine, appunto, di scardinare gli stereotipi collettivi.
Collaterale allo spettacolo viaggia la mostra “Com’eri vestita?” promossa da Libere Sinergie e Amnesty International, con la quale si vuole confermare e dimostrare “che il problema e l’unica causa della violenza è solo ed unicamente chi la commette e non la vittima, né tantomeno il suo abbigliamento“.
Edoardo Frullini, che tipo di spettacolo è “Barbablù”, chi è costui e perché la scelta di questo nome?
“‘Barbablù’ è un monologo che ha come tema centrale quello della violenza di genere. Il protagonista è un ammaliatore, seduttore che intraprende delle vere e proprie relazioni amorose, le quali però finiscono tragicamente in violenza nel momento in cui lui non riesce a connettersi con il proprio stato emotivo e riversa la sua frustrazione nella rabbia a nella violenza, abusando delle donne che frequenta. ‘Barbablù’ ovviamente richiama la fiaba di Perrault che raccontava appunto di un marito che assassinava le sue mogli”.
Sul comunicato stampa si legge che Barbablù è un seduttore, ammaliatore e provocatore. Chi è oggi un seduttore, come si comporta e come si può riconoscere una personalità di questo tipo che, a volte, nasconde tante insidie?
“Non trovo nulla di male nel seduttore in sé. Il problema sopraggiunge nella relazione nel momento in cui escono fuori i lati negativi come la possessione o la gelosia esagerata che spingono il/la partner a isolarsi dal resto della società, dalle amicizie, dagli affetti e privano la persona della libertà che ognuno di noi deve avere sempre, anche in coppia. Le personalità di questo tipo tendono sempre a sminuire chi si ha accanto per indebolirlo/a e aumentare il circolo vizioso del possesso. Bisogna stare molto attenti a riconoscere questi segnali e allontanarsi da questi individui”.
Durante la lettura della drammaturgia di “Barbablù” ha avuto modo di comprendere quali metodi adottare per allontanarsi dagli uomini pericolosi?
“Ho capito che sicuramente è importante non isolarsi mai e sapere di poter contare su famiglia e amici. Qualora questi elementi dovessero mancare, rivolgersi ai centri anti-violenza ormai siti in tutto il territorio italiano, per fortuna. È fondamentale la consapevolezza di non essere soli e che è sempre possibile uscire da situazioni pericolose e ricominciare a vivere bene e felici”.
La rappresentazione parla della violenza di genere: il 25 novembre scorso si è celebrata la Giornata Internazionale contro l’eliminazione della violenza sulle donne che ha avuto molto riscontro. Cosa manca ancora affinché questo fenomeno venga estirpato?
“Credo che manchi un serio impegno politico e sociale per debellare questo tragico fenomeno. Manca inoltre un’azione concreta di prevenzione oltre che di ‘punizione’. La prevenzione è fondamentale, soprattutto se rivola ai giovani, per permettere loro di sviluppare un’educazione emotiva necessaria ed indispensabile per riconoscere in se stessi e negli altri determinate dinamiche tossiche e nocive”.
Alla luce degli ultimi fatti di cronaca cosa possono fare gli uomini per contrastare la violenza sulle donne?
“In questo particolare momento storico, ancora di più, credo ci sia la necessità e il bisogno che gli ‘uomini’ in primis scendano in campo in prima linea nella condanna contro la violenza di genere. Un primo passo apparentemente piccolo, ma fondamentale, è sicuramente quello di evitare le cosiddette ‘battute da spogliatoio’ spesso denigratorie e offensive che rischiano di passare inosservate o giustificate dal fine ironico, ma che invece vanno a contribuire al consolidarsi di una mentalità nociva che è ancora troppo invasiva nel nostro retaggio culturale. Le parole sono importanti e bisogna ricordarselo sempre”.
Da che dipende, e quali fattori determinano, la violenza sulle donne?
“I fattori possono essere molteplici, ma sicuramente la mentalità patriarcale ancora radicata nel nostro paese è un fattore fondamentale nel dilagare della violenza sulle donne. Una mentalità che va combattuta tutti i giorni anche e soprattutto nella nostra quotidianità”.
Perché l’uomo non accetta l’abbandono da parte della donna?
“Come nella precedente risposta, ritengo che la mentalità patriarcale sia talmente radicata e nociva che può indurre l’uomo a credere che ‘essere lasciato’ rappresenti un grave attacco alla propria virilità. E la mancanza di un’adeguata educazione emotiva fa sì che l’uomo non sappia affrontare questa situazione e la trasformi in un’escalation di violenza. Con il nostro spettacolo parliamo proprio di questa dinamica”.
Di conseguenza, si può ritenere che la nostra società sia patriarcale e, se sì, perché?
“Purtroppo credo di sì. Parlano le statistiche e i numeri. Parlano i femminicidi, parlano le posizioni di ‘potere’ occupate nella stragrande maggioranza da uomini e parlano le disparità salariali tra uomo e donna. Bisogna continuare a tenere alta l’attenzione su questi temi e lottare tutti i giorni per poter cambiare le cose”.
Dunque, secondo lei, è anche per questo che ancora si assiste a un arretramento culturale?
“Il problema dell’arretramento culturale, credo, affligga il nostro paese da tanti anni ormai ed è un peccato, considerando invece il potenziale patrimonio artistico e culturale di cui disponiamo. Detto questo, sicuramente gli insufficienti investimenti dello stato, il dilagare di una programmazione televisiva di basso livello e l’eccessivo e sconsiderato uso dei social media, sono tutti fattori che compromettono un progresso culturale significativo. Trovo però che le nuove generazioni abbiano tutte le carte in regola e la voglia per cambiare questo trend negativo”.
Noi di Brainstorming Culturale non ci occupiamo né di politica né di cronaca ma sentiamo il dovere di informarci in merito. Quanto è preoccupante la salita ai vertici di presidenti di destra, anche estremista, e quanto possono essere sminuenti tali figure che con le loro idee affossano la cultura al fine di ostacolare una visione del mondo più ampia e moderna?
“Gli estremismi portano a gravi danni e in politica tutto ciò è esponenziale, infatti ne vediamo gli effetti nella vita di tutti i giorni. In questo particolare momento storico l’attenzione sulla salvaguardia dei diritti di ogni genere è molto bassa a livello politico, ma sono convinto che il ‘popolo’, facendo sentire la sua voce, possa realmente cambiare le cose”.
In che modo si possono combattere ideologie retrograde in netto contrasto con la consapevolezza di noi stessi e di un senso civico che dovrebbero appartenere a tutti?
“Con lo studio, la cultura e la divulgazione artistico-culturale accessibile a tutti”.
Secondo lei le donne eccellono di più rispetto agli uomini e, se sì, in che modo?
“Io credo nell’uguaglianza. I criteri di giudizio non dovrebbero essere legati al sesso ma alle capacità, al talento, alla professionalità, all’esperienza e alle qualità necessarie per ogni determinato incarico”.
Lei si sente sottovalutato dall’Universo femminile?
“Personalmente non vivo questa condizione. Credo anche che la famiglia, le conoscenze e le amicizie che mi circondano non abbiano, per fortuna, come metodo di valutazione il criterio della differenza di genere”.
All’interno del comunicato stampa si parla di funzione educativa e di sensibilizzazione del teatro: in che modo “Barbablù” può insegnare e far comprendere al pubblico le tematiche che affronta?
“Speriamo che il pubblico possa riconoscere e capire le dinamiche nocive che si vedono nella nostra rappresentazione teatrale e comprenderle nella vita reale. Insieme alla mia regista Giulia Paoletti non ci siamo posti l’obiettivo di ‘fare la morale’ ma quello di aprire un dibattito e porre l’attenzione su una tematica come quella della violenza di genere che ha bisogno di essere discussa e affrontata sempre di più”.
Collegata a “Barbablù” c’è una mostra dal titolo “Com’eri vestita?”. Si discute molto sul vestiario delle donne. Ma è ritenuto così tanto provocatorio tanto da indurre l’uomo alla violenza?
“Purtroppo l’idea che l’abito femminile possa indurre l’uomo a commettere delle violenze è molto diffusa. In realtà con la mostra ‘Com’eri vestita?’, promossa da Libere Sinergie e Amnesty International, vogliamo confermare e dimostrare (per quanto possa essercene ancora bisogno) che il problema e l’unica causa della violenza è solo ed unicamente chi la commette e non la vittima, né tantomeno il suo abbigliamento”.
Al contrario, perché non si mette mai in discussione il vestiario dell’uomo il quale è quasi sempre giudicato non colpevole rispetto i gesti brutali che commette?
“Questo è un ulteriore aspetto proprio di quel pensiero patriarcale che ancora troppo si insinua nella nostra società e nelle nostre menti. Parlandone educando e divulgando un pensiero giusto e legato all’uguaglianza si può contrastare questo fenomeno. Solo così possiamo sperare e credere in un futuro migliore per noi e per le prossime generazioni”.
Annalisa Civitelli
Foto di copertina: Francesco Bondi
Ringraziamo Edoardo Frullini per la sua disponibilità e per averci sottoposto elementi su cui riflettere sul grave fenomeno della violenza sulle donne.