Enrico Furnari: “Un autore televisivo deve essere bravo a intercettare il giusto target di riferimento”
Prima della triste pandemia che ormai riguarda tutti noi, abbiamo incontrato Enrico Furnari, giovane autore televisivo romano ora di stanza a Milano.
Enrico si è avvicinato al mondo della TV in seconda battuta dopo studi universitari di tutt’altra natura, eppure in breve tempo è riuscito a diventare un promettente professionista del piccolo schermo.
Nel corso di questa intervista, l’autore ha raccontato diversi aspetti del lavoro dietro le quinte della TV, spiegando come un’attività dai tempi serrati, applicata a trasmissioni che vanno in onda quotidianamente, prosegue sempre anche quando le luci dello studio vengono spente.
Come tutti i mestieri, anche quello che prevede la scrittura dei copioni per i programmi televisivi comporta momenti divertenti e altri meno, così come la passione quale prima motivazione.
La regola da non dimenticare è che l’autore televisivo è un tramite tra la persona che è in video e il pubblico che ascolta, di conseguenza questo lavoro da interprete prevede che lo spettatore di riferimento sia sempre ben individuato.
Enrico Furnari, qual è la sua formazione e come ha iniziato il mestiere di autore televisivo?
“La mia è una storia un po’ particolare perché avrei dovuto fare tutt’altro. Sono laureato in Giurisprudenza e avevo intrapreso il percorso della pratica legale; dopo qualche mese ho capito che quello non era il mio mondo. Mi sono fermato a pensare a cosa avrei voluto fare veramente e ho avuto un’illuminazione: la televisione! Così ho frequentato il master ‘Fare Tv’ a cura di Aldo Grasso alla Cattolica di Milano e da lì ho iniziato con i primi stage nell’ambiente televisivo. Sono diventato prima redattore e pian piano sono cresciuto fino ad arrivare a ricoprire il ruolo di autore”.
Che tipo di interazione c’è tra autore e persone per le quali quel copione è scritto?
“L’interazione tra autore e ‘talent’ è fondamentale. Per lavorare bene insieme è necessario instaurare un rapporto di conoscenza e fiducia reciproca. Quando un autore scrive una battuta, o inventa una situazione, deve tenere sempre bene a mente le caratteristiche e le peculiarità della persona per cui sta scrivendo. Inoltre con i ‘talent’ con cui si lavora c’è un confronto costante: si condividono idee, spunti, impressioni, ci si sente tantissimo al telefono durante la stesura del copione. Un bravo autore deve essere in grado di diventare un vero e proprio punto di riferimento per il ‘talent’ con cui sta lavorando”.
È necessario che un autore sia sempre in studio durante le dirette?
“Dipende dalla tipologia di programma. La presenza in studio o sul set non è sempre necessaria, ma in tanti casi è utile. Avendo pensato e scritto il contenuto in prima persona, l’autore ha in mente tutto quello che deve accadere nel momento in cui si accende la telecamera e può dare indicazioni estemporanee ai ‘talent’. Inoltre l’autore è utile per scandire i tempi e molte volte è anche un valido suggeritore. Proprio in virtù del rapporto di fiducia di cui parlavo prima, spesso l’autore è necessario sul set perché diventa un vero e proprio ‘faro nella notte’ per il protagonista della scena, che senza quel punto di riferimento a cui rivolgere lo sguardo si sentirebbe spaesato”.
Qual è la parte che la diverte di più nello scrivere un copione?
“Al momento lavoro per una trasmissione pomeridiana nella quale vengono spesso inseriti contest di moda, fai da te, cucina e lifestyle in generale. Mi diverto tantissimo a scrivere contenuti di questo tipo: stabilire il numero dei concorrenti, inventare le prove, pensare alle modalità di votazione della giuria, capire come trattare l’eliminazione, decidere qual è il premio in palio; questa è la parte della scrittura che preferisco e che trovo maggiormente creativa”.
C’è anche un aspetto noioso in tutto questo?
“La parte noiosa arriva in una seconda fase rispetto alla scrittura. Una volta pensato un contenuto televisivo, bisogna renderlo ‘vivo’ e per farlo spesso subentrano aspetti più noiosi, come la richiesta di fabbisogni, elementi scenici, costumi e grafiche. Questa è la parte più macchinosa e rigida di tutto il processo creativo”.
Una volta spente le telecamere come continua il suo lavoro?
“Anche in questo caso dipende molto dalla tipologia di programma per cui si lavora. Un bravo autore non stacca mai il cervello, è sempre alla ricerca di ispirazione per nuove idee, quindi gran parte del lavoro è svolto proprio quando la telecamera è spenta. Quello che succede sul set è la punta dell’iceberg: quando si arriva lì il grosso è già stato fatto e va solamente messo in scena. Io lavoro per un programma quotidiano, quindi al termine della diretta in studio corro in redazione con i miei colleghi a scrivere per il giorno dopo. I ritmi sono davvero serrati e spesso ci si ritrova a lavorare anche la sera da casa”.
Quanto dipende da voi autori il successo di un programma?
“Il successo di un programma televisivo dipende da tanti fattori, ma sicuramente il lavoro degli autori è un ingrediente importante. Gli autori devono essere bravi a intercettare il giusto ‘target’ di riferimento, a parlare un linguaggio comprensibile dal pubblico, devono essere sempre al passo con i tempi. Hanno una bella responsabilità! Per fortuna grazie alla pubblicazione quotidiana degli ascolti TV si riesce ad avere un metro di giudizio abbastanza attendibile che talvolta può aiutare ad indirizzare al meglio il lavoro”.
Tutti abbiamo accesso a decine di canali ormai: quale pensa sia il futuro della tv?
“In questo periodo sento spesso dire che la televisione sta morendo, io non sono affatto d’accordo. Direi piuttosto che la TV è cambiata e sta cambiando sempre di più. Le modalità di fruizione del contenuto televisivo si sono moltiplicate e l’esperienza di visione diventa sempre più personale e unica, questo sì. Chiunque può scegliere come e quando vedere un contenuto in modo totalmente autonomo, senza dover aspettare la classica messa in onda. Credo che il futuro della televisione sarà sempre più così: i singoli contenuti acquisteranno maggiore forza rispetto ai broadcaster che li veicolano. In ogni caso, secondo me, la TV gode di buona salute, basti pensare a come riescono ancora oggi ad aggregare e catalizzare l’attenzione del pubblico grandi eventi come il ‘Festival di Sanremo’”.
Ci sono altre mansioni che le piacerebbe coprire all’intento di un programma televisivo?
“Ci sono voluti tanto impegno e tanta fortuna per arrivare fino a qui e la strada da percorrere è ancora tanta, quindi direi che mi va bene quello che faccio e vorrei continuare a farlo per tanto tempo ancora”.
Gabriele Amoroso