Gegè Telesforo
“L’idea non è quella di formare nuovi musicisti partendo dalle scuole, l’idea è di formare delle mentalità diverse attraverso la musica improvvisata. Perché noi che la facciamo sappiamo che attiva delle zone cerebrali importanti per la creatività, per lo svago, per la spensieratezza e scatena ormoni positivi, oltre al fatto di diffondere la musica e di preparare anche delle nuove generazioni di pubblico non sottoposto alle leggi degli algoritmi“
Gegè Telesforo condivide l’ispirazione dietro al suo nuovo album “Big Mama Legacy”, volto a celebrare le influenze musicali della sua gioventù quali il blues, il jazz e il funky.
L’album, frutto di una collaborazione con talenti come Christian Mascetta e Domenico Sanna, nonché di Matteo e Giovanni Cutello, Vittorio Solimene e Michele Santoleri, è stato presentato in tour già prima della sua uscita ufficiale il 1° marzo.
Figura chiave del jazz italiano, Gegè Telesforo si distingue come vocalist, strumentista e produttore. Con numerosi Jazzit Awards al suo attivo, ha un cammino artistico segnato da riconoscimenti, alleanze significative e tournée a livello internazionale.
La sua attività nei media, attraverso apparizioni in radio e televisione, rivela un’eccezionale poliedricità e una profonda connessione con gli ascoltatori. Si afferma, quindi, come un autentico pilastro nel contesto culturale e musicale.
Telesforo discute anche l’importanza del club “Big Mama” sito nel quartiere capitolino di Trastevere, evidenziando l’influenza di quell’ambiente nella sua formazione musicale e descrive la sua visione di una musica afro-meridionale.
L’album è stato apprezzato anche negli Stati Uniti, pubblicato da Ropeadope. L’artista racconta, inoltre, del suo rapporto con Renzo Arbore e dell’impegno per l’importanza dell’educazione musicale nelle scuole.
Parliamo del tuo nuovo album “Big Mama Legacy”. Qual è l’ispirazione alla base di questo nuovo lavoro?
“L’idea era quella di celebrare la musica che mi è sempre piaciuta, quella con la quale sono cresciuto, che era senz’altro impregnata di blues, di jazz che sentiva papà con il suo vinile, il funky, il groov, e quindi ho iniziato a meditare su questo tipo di progetto. Invece di celebrare queste cose realizzando arrangiamenti di brani celebri di questi generi, ho pensato proprio di scriverli, ispirandomi, però, alle cose che mi piacevano da ragazzino. Nell’arco di un anno così ho scritto la musica insieme al mio chitarrista Christian Mascetta, un brano l’ho scritto insieme al mio amico pianista Domenico Sanna, e alla fine, un po’ alla volta abbiamo registrato gli altri, pur avendo iniziato la tournée l’anno scorso. Alla fine dell’estate avevamo già 50 concerti fatti nei festival più importanti d’Italia. Ora, il 1° marzo l’album viene pubblicato e noi siamo di nuovo in tournée con la nuova stagione.”
Proprio il 1° marzo sarete a Roma, all’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone, un tempio della musica a tutto tondo.
“Sì, abbiamo preso il teatro Studio Borgna, bellissimo perché c’è il palco a terra e ha un po’ l’atmosfera del club.”
Al quale, in parte, si ispira questo nuovo lavoro.
“Eh sì, si ispira, perché ‘Big Mama’ per me, intanto, è Madre Africa con tutte le sue spezie ritmiche, con tutta la sua bellezza, le sue diversità. Da Madre Africa parte la potenza del ritmo, la forza e si sviluppa il blues che è arrivato a New Orleans, da New Orleans la musica degli schiavi africani si è fusa con quella dei pionieri e arriva l’improvvisazione. Quindi, un percorso che abbiamo realizzato celebrando tutto questo e celebrando anche un club che è stato importante per la formazione di tanti musicisti, di tanti appassionati, come il ‘Big Mama’ di Trastevere di Roma.”
Lei ha definito la musica di questo album “afro-meridionale”, ci spiega questa associazione?
“È afro-meridionale perché normalmente, quando si parla di blues, a meno che tu non sia nato e cresciuto sul delta del Mississippi, a Chicago o in un altro posto degli Stati Uniti e, magari, non sei neanche nero vieni guardato con un po’ di riserve. lo, invece, l’ho dichiarato subito: non è un disco di un afroamericano, è il disco di un afro-meridionale. lo sono pugliese e sicuramente le mie origini sono lì, siamo tutti africani, alcuni si sono scoloriti col tempo.”
Nonostante la “scoloritura”, il progetto è stato molto apprezzato anche dall’altra parte dell’oceano.
“Sì, perché l’album viene pubblicato dalla Ropeadope che è una delle etichette più importanti del momento a livello internazionale, un’etichetta con la quale ho già collaborato su due produzioni: ‘Fan Slow Ride’, un progetto internazionale con artisti americani e italiani, poi il disco di Dario Deidda ‘My Favorite Strings vol.1’ e questa volta, invece, è proprio a mio nome col l’organico dei giovani virtuosi.”
A proposito di Madre Africa, parliamo anche del suo impegno con l’UNICEF.
“È una cosa nata alcuni anni fa e che, purtroppo, UNICEF non ha voluto portare avanti. Però, tutto quel lavoro mi è servito perché l’ho spostato sull’associazione del ‘Jazz Va a Scuola’ per cui, insieme a Paolo Fresu, sono ambasciatore di questa iniziativa che permetterà all’associazione stessa di portare nelle scuole di ogni ordine e grado anche il linguaggio delle musiche improvvisate per il Ministero della Pubblica Istruzione. Questa è una grande cosa.”
Soprattutto per cercare di far avvicinare il più possibile i bambini e i ragazzi alla musica, per cercare di dare ai giovani un’opportunità in più.
“Si, tuttavia l’idea non è quella di formare nuovi musicisti partendo dalle scuole, l’idea è di formare delle mentalità diverse attraverso la musica improvvisata. Perché noi che la facciamo sappiamo che attiva delle zone cerebrali importanti per la creatività, per lo svago, per la spensieratezza e scatena ormoni positivi, oltre al fatto di diffondere la musica e di preparare anche delle nuove generazioni di pubblico non sottoposto alle leggi degli algoritmi.”
C’è un brano in particolare di questo album che le sta più a cuore?
“Li amo tutti, poiché sono tutti diversi fra loro. La matrice è la stessa si capisce ascoltando: il concept li unisce tutti, ma ogni brano ha una sua personalità, una sua forma, una sua struttura, una sua identità. Non saprei dirti quello che mi piace di più, perché mi sono divertito a scriverli così come mi sono divertito a produrre l’album.”
Rispetto ai lavori precedenti, in cosa è diverso “Big Mama Legacy”?
“È una sorta di continuazione in maturità. Quando sei giovane cerchi di fare le cose per stupire o per accaparrarti una fetta di mercato scrivendo delle cose che seguano le tendenze di quel momento, mentre questa volta mi sono sentito completamente libero di scrivere cose che naturalmente venivano fuori pensando al genere e pensando proprio alla musica. È stata un’elaborazione molto naturale.”
Pensando alla sua lunga carriera, le vorrei chiedere ancora una cosa. Renzo Arbore: com’è stata l’esperienza, com’è ancora oggi e che cosa ha significato per lei?
“È un’esperienza che dura da ben 40 anni. Con il suo autore Ugo Porcelli credo di essere uno dei più antichi collaboratori di Renzo. È stata un’esperienza iniziale molto formativa, ho imparato tante cose del linguaggio radio televisivo, di come si lavora su certi progetti a grandi livelli, ho avuto la possibilità – con Renzo – di incontrare grandissimi personaggi, di diventare amico di molte di queste persone, anche di girare il mondo con lui insieme all’Orchestra Italiana in varie stagioni. Inoltre, Renzo è uno dei miei migliori amici. Al di là della differenza di età, ci lega un’amicizia sincera, affetto e stima reciproca.”
Per chiudere. C’è un messaggio che vuole trasmettere al pubblico?
“Più che al pubblico, ai ragazzi, ai giovani musicisti: per capire la musica bisogna partire dalle origini in qualche modo, a volte, invece, tocca fare il percorso inverso e poi di suonare e scrivere solo le cose che li possono gratificare da un punto di vista emozionale, di non pensare minimamente al successo, di divertirsi con la musica, di liberare la creatività.”
Eleonora Cipolla
Foto: Roberto Cifarelli
Ringraziamo Gegè Telesforo per la sua disponibilità all’intervista e per il tempo dedicatoci.