Giancarlo Del Grosso: “Il TIN è un punto di riferimento artistico per la città, per i giovani e per la legalità”
Un’arena ellittica ipogea con gradinate: la singolare struttura suggerisce una precedente destinazione mistico-esoterica della stessa, con le pareti ad opus reticulatum che testimoniano l’origine remota dell’intero complesso.
Maschere di Pulcinella e articoli di giornali testimoniano l’arte respirata in quel luogo, sono solo alcuni degli elementi che colpiscono appena si entra al TIN (Teatro Instabile). Un teatro in stile elisabettiano riaperto il 21 ottobre nella meravigliosa Napoli.
Parliamo della ripresa di uno spazio nato nel 1968 grazie a Michele Del Grosso, regista e drammaturgo italiano, venuto a mancare lo scorso gennaio.
Tantissimi gli artisti che hanno calcato le tavole del TIN: tra i più noti ricordiamo Troisi, De Gregori, Pino Daniele, Peppe Barra, Edoardo Bennato, Franco Battiato, Antonello Venditti.
Dopo mesi di restauro il TIN ha riaperto le porte con una grande festa dedicata all’arte e alla cultura. A permettere tutto ciò la caparbietà di Giancarlo Del Grosso, nipote del fondatore, e sua moglie Fabiana Mangiapia.
Abbiamo così colto l’occasione di intervistare Giancarlo che ci ha parlato, commosso, di suo zio e del suo Teatro.
Giancarlo Del Grosso, chi è stato Michele Del Grosso?
“Da un punto di vista artistico e culturale oserei dire un mostro sacro! Non l’ho mai trovato impreparato su nessun argomento, conosceva Napoli come nessuno ed è grazie a lui che ho imparato ad amare questa città e qualche volta ad odiarla. Grazie a lui ho imparato la Cultura con la ‘C’ maiuscola, ad avere il coraggio di andare contro corrente, a far funzionare il cervello e tante tante altre cose che mi hanno reso l’uomo di oggi”.
Cosa ricorda maggiormente di Michele Del Grosso?
“Essendo io il nipote ho dei ricordi molto belli che fanno parte della mia infanzia. Sono cresciuto senza padre e lui ne ha fatto le veci. Mi portava con sé in giro per tutta la città, nelle librerie a Napoli sotterranea. Mi commuovo solo al pensiero, sono delle immagini e delle emozioni che mi accompagneranno per tutta la vita”.
Un suo insegnamento?
“Sceglierne uno è difficile. Sicuramente mi ha insegnato che bisogna fare quello che piace nella vita perché è troppo breve per sprecarla”.
Cosa ha lasciato alla città di Napoli?
“Un patrimonio culturale ed immateriale immenso! Mi auguro che la città sia pronta per accoglierlo”.
Cosa penserebbe nel vedere ora il TIN?
“Mi viene da ridere perché immagino la scena! Mi farebbe una serie di “cazziatoni” perché non sarebbe d’accordo nel vederlo così essenziale e pulito, amava accumulare ed in questo ci saremmo scontrati. Ma alla fine dei conti mi avrebbe dato – a suo modo – ragione!”
Che accadrà ora al TIN?
“Bella domanda. Sono certo che accadranno tante cose belle. Cercheremo di dare continuità artistica e culturale e cercheremo di farlo ritornare ad essere un punto di riferimento artistico per la città, per i giovani e per la legalità”.
Cosa si aspettata dal pubblico e dagli addetti ai lavori?
“In realtà preferisco non avere aspettative, vedremo cosa accadrà. Finora in tanti ci hanno manifestato il loro entusiasmo per quello che stiamo cercando di realizzare”.
Avete usufruito di fondi o altri aiuti?
“Magari. E’ tutta farina del nostro sacco”.
Vi ritenete più fortunati o più coraggiosi?
“Fortunatamente coraggiosi”.
Marta Astolfi