Giovanni Arezzo: “La poesia per me è una delle maniere più intime per raccontarsi”
Abbiamo conosciuto Giovanni Arezzo in occasione di un cortometraggio in cui era protagonista e lo abbiamo intervistato in relazione a “Hungry Birds” del giovane regista Raffaele Romano. Ora, invece, approfondiamo con lui un altro tipo di progetto.
L’attore e rapper salirà sul palco allestito al Tempio di Giove il 20 agosto prossimo per la prima rassegna estiva organizzata a Terracina (LT), “R.Estate in scena”, dove proporrà il suo spettacolo “Ciàula scopre la Luna e altre storie” in cui notte, musica e poesia divengono un unicum peculiare.
Giovanni ci racconta che nella meravigliosa cornice, prediposta per l’occasione, lo vedremo nelle vesti non solo di cantante ma anche in quelle di lettore sia di alcuni brani tratti dalle opere letterarie italiane del ’900 (le sue preferite) sia dei suoi versi scritti con cura e sempre ispirati, come i testi delle sue canzoni.
Arezzo si presenterà sul palco con il nome di Soulcè, una combinazione di nomi che racchiudono l’anima dell’interprete, il quale si divide in modo armonioso tra musica – che ama da sempre –, poesia e teatro. Questo è il mood dell’artista che ama definire lirica e sonorità la stessa cosa: “la parola è musica, e la musica mi parla“.
Non ci resta quindi che assistere alla rappresentazione versatile e scoprire uno slammer alle prese con le sue infinite sfumature.
Giovanni Arezzo, lei parteciperà alla prima rassegna estiva R.Estate in scena (Terracina, dal 1° al 31 agosto 2020) organizzata dall’Associazione KA.ST. Cosa l’ha motivata a partecipare?
“Conosco gli organizzatori di questo evento e nutro per loro molta stima. La location è straordinaria, come gli altri nomi in rassegna e sono molto contento di questo debutto assoluto al Tempio di Giove di Terracina”.
Lei è una persona versatile: l’abbiamo conosciuta grazie al cortometraggio “Hungry Birds” di Raffaele Romano, in veste di attore. Ora la ri–troviamo in quella di cantante. Quanto è importante la musica per lei?
“In realtà non mi troverete proprio in veste di cantante, o meglio non solo. Ma, per rispondere alla vostra domanda, posso affermare che la musica è importantissima per me. Sono cresciuto ascoltandone tantissima e scrivo canzoni da più dieci anni. Con ‘Ciàula scopre la luna e altre storie’, la sfida è riuscire a mettere, all’interno dello stesso spettacolo, alcune delle pagine della letteratura italiana del ’900 che più amo e i versi scritti di mio pugno”.
Il suo nome d’arte è “Soulcè”: percepiamo sia un gioco di parole. Che significato ha e perché questa scelta?
“‘Soulcè’ è il risultato di diversi nomi d’arte che ho avuto nei primi anni di militanza all’interno della scena rap. Il ‘cè’ è la versione tronca di ‘Cerbero’ (nome con cui ho cominciato a farmi conoscere nelle ‘battle di freestyle’ in Sicilia ormai molti anni fa). Il ‘soul’ invece si rifà sia al significato inglese della parola anima sia al genere musicale che, da un certo momento in poi, mi ha tanto influenzato. ‘Soulcè’ adesso non è solo un nome d’arte ma un mood”.
Cosa intende per “battle di freestyle”?
“Sono gare dove due rapper si sfidano improvvisando le rime”.
In qualità di rapper, secondo lei, come si muovono gli emergenti che si avvicinano sempre più a questo genere musicale?
“Nonostante abbia 35 anni, e quindi potrei appartenere in qualche modo alla vecchia scuola del rap italiano, sono lontanissimo dal pensiero che hanno certi miei coetanei ‘puristi’: amo la musica che si evolve e si trasforma, e trovo che moltissimi di questi ragazzi che oggi si esprimono attraverso il rap o la trap, o quello che vogliamo, siano degli artisti con la ‘A’ maiuscola, originali e interessanti”.
Lei è anche autore dei suoi brani: da dove nascono le ispirazioni per i testi?
“I miei testi si scrivono sempre da soli. A volte l’ispirazione può essere una frase che sento, due parole che messe l’una accanto all’altra mi aprono dei mondi. Oppure un libro che ho letto, un film che ho visto o semplicemente una serata con i miei amici di sempre. Razionalmente scrivo solo le prime sillabe, sempre. Poi, il resto, ‘accade’”.
Ha pubblicato qualche disco finora e come considera il mercato musicale attuale?
“Dal 2012, anno in cui uscì ‘Sinfobie’ – il mio debutto discografico –, a oggi ho pubblicato diversi dischi, sia in coppia con il producer Teddy Nuvolari (il mio socio di sempre) sia con i MoonLoverz, gruppo hip–hop di cui faccio parte insieme a Swelto, ElDomino e Azure Stellar. Non riesco, sinceramente, a stare dietro alle dinamiche del mercato musicale attuale, perché si muove veramente troppo di fretta, e mi faccio con molto piacere rubare dal teatro e dalla recitazione tanto tempo per poter avere un’idea chiara di cosa succede quotidianamente nella discografia”.
“Ciàula scopre la Luna e altre storie” è la rappresentazione che proporrà al pubblico di Terracina: come è stato pensato lo spettacolo e quanto la poesia predomina all’interno della performance?
“‘Ciàula scopre la luna’ è una delle mie novelle di Pirandello preferite, da sempre. L’anno scorso ho avuto la possibilità di recitarla all’interno di un format che mi ero inventato e che si chiama ‘Moonologhi’, all’interno del quale recitavo brani letterari, poesie, canzoni, aforismi, barzellette e quant’altro avesse la luna come protagonista. Quest’anno dovendo preparare un reading per ‘R.Estate in scena’, ho pensato immediatamente a Ciaùla e, partendo dall’unica certezza di voler leggere il racconto di Pirandello, ho costruito il resto. C’è poesia dalla prima all’ultima nota”.
La musica sarà un ottimo accompagnamento di sottofondo: lirica e sonorità. Cosa unisce questi due linguaggi universali?
“Per me sono la stessa cosa: la parola è musica, e la musica mi parla”.
Lei è uno “slammer”: può aiutare i lettori a comprendere l’accezione di tale termine? Quanta valenza ha per lei la poesia e quanto sono importanti le manifestazioni in cui si leggono i propri componimenti poetici?
“I ‘Poetry Slam’ sono delle gare all’interno delle quali diversi poeti – slammer – si sfidano con le proprie composizioni, e una giuria assolutamente popolare e scelta sul momento tra il pubblico in sala, votando da 0 a 10, esprime di volta in volta le proprie preferenze. Mi sono ritrovato a fare gli Slam un po’ per caso e la cosa mi è piaciuta molto. Nel 2019 infatti sono stato il vincitore degli Slam ufficiali della ‘LIPS’ – Lega Italiana Poetry Slam – per la Sicilia, e alla finale nazionale mi sono classificato tra i primi sei. La poesia per me è una delle maniere più intime per raccontarsi, e assistere agli Slam è come conoscere profondamente degli esseri umani attraverso le parole che loro scelgono di esprimere”.
La poesia ha di per sé un linguaggio sintetico ed è una buona conduttrice di sentimenti, di emozioni e di immagini: quanto è importante divulgarla nelle scuole, per esempio, sin dalla scuola materna, e quanto le persone possano così avvicinarsi all’arte in versi?
“Credo sia importantissimo parlare di poesia nelle scuole, come credo sia importante parlare anche di teatro e di cinema. I ragazzi hanno atavicamente la necessità di raccontarsi, e magari non sanno come farlo o attraverso quale forma artistica, o anche non artistica. La scuola dovrebbe dare ai ragazzi la possibilità di conoscere cosa è possibile fare per raccontarsi”.
Qual è il suo autore preferito e quale poesia predilige in assoluto?
“Adoro i grandi classici, e il buon Giacomo Leopardi per me resta inarrivabile. Ultimamente, tuttavia, frequentando gli Slam ho conosciuto un altro modo di fare poesia, in mezzo alla gente, per la gente, e non nei salotti intellettuali. Quindi mi sento di dire che preferisco, tra tutti, i poeti che ho avuto l’onore di incontrare e di sfidare in questi anni. Lasciando dei nomi a chi legge: Adriano Padua (mio concittadino e mio grande amico), Giuliano Logos, Emanuele Ingrosso, Lorenzo Maragoni. Spulciatevi le pagine ufficiali della ‘LIPS’ per scoprire questi e altri nomi”.
Infine, che libro consiglierebbe a chi volesse approcciarsi per la prima volta alla lettura di una silloge?
“Quello con la copertina più bella”.
Annalisa Civitelli