Intervista a Giuseppe Oppdisano e Maurizia Grossi
“Confessione senza assoluzione: il titolo è legato alla psicanalisi ed è una delle migliori definizioni della stessa che abbiamo mai sentito”
“Confessione senza assoluzione” è in scena al teatro Tordinona di Roma fino a domenica 12 marzo. Abbiamo colto l’occasione di rivolgere delle domande al regista e drammaturgo Giuseppe Oppedisano in scena con Maurizia Grossi.
Entrambi stringono un forte sodalizio artistico sin dal 2017: li ricordiamo infatti per “Universo 25”, circostanza in cui li intervistammo.
È dunque trascorso del tempo e per la Grossi è cambiato il suo modo di fare teatro, mentre Oppesidano rimane molto esigente nel suo essere regista e insegnare teatro.
Confessione senza assoluzione è una definizione che deriva dalla psicanalisi: Oppedisano parte da qui per scrivere il testo dello spettacolo, prendendo spunto dai suoi allievi delle comunità e dei laboratori teatrali. Non solo, si è avvalso anche dell’aiuto di esperti del settore.
La rappresentazione dunque vuole essere “una riflessione sulle nostre piccole e/o grandi vite e tutto ciò che va oltre a quello che noi definiamo la fine”, attraverso uno sguardo che indaga la psiche umana in profondità.
Dietro la pièce c’è quindi una ricerca ampia, meticolosa, approfondita, frutto dell’osservazione a tutto tondo dell’artista: “un pretesto per raccontare come la violenza e l’abuso incide sull’animo e la mente umana”, mettendoci di fronte al dolore che appartiene a ognuno di noi.
Uno spettacolo da vedere poiché racchiude in sé divertimento e dolenza al contempo, ricco di colpi di scena, e dal quale si può acquisire qualche cosa per la propria crescita personale.
Giuseppe Oppesidano e Maurizia Grossi, ci siamo incontrati in occasione di “Universo 25”. Cosa è cambiato nella vostra vita e nel vostro modo di fare teatro?
Giuseppe Oppedisano : “Per me nulla, a vòlte, sono sempre molto, troppo esigente, ma con Maurizia posso permettermelo e i risultati ci danno ragione”.
Maurizia Grossi: “ È cambiato il mio modo di fare teatro, l’incontro con Giuseppe Oppedisano mi ha reso più esigente”.
Quali sono gli elementi essenziali sui quali si basa il vostro lungo sodalizio?
Maurizia Grossi: “L’amore per la visione geniale e creativa di Giuseppe Oppedisano”.
Giuseppe Oppedisano : “La stima e l’amore per il teatro, quello fatto di verità scenica”.
Ora siete in scena con “Confessione senza assoluzione”. Cosa sottintende il titolo dello spettacolo: che ci sono solo colpevoli?
Giuseppe Oppedisano : “Assolutamente no, come dice il co-protagonista dello spettacolo Paolo ‘..il bene come il male rientra nell’Uno, l’essere ed il non essere è un unica cosa’. Il titolo è legato alla psicanalisi. La psicanalisi a differenza della confessione religiosa non ha assoluzione, per tanto non è altro che una ‘confessione senza assoluzione’. Meglio essere assolti e ritornare a peccare per poi riessere assolti, o non esserlo mai? A voi la risposta. Paolo la svelerà alla fine dello spettacolo”.
Maurizia Grossi: “Assolutamente no, è una delle migliori definizioni della psicanalisi che io abbia mai sentito”.
La drammaturgia si accosta ai fatti di violenza dei quali oggigiorno sentiamo troppo spesso parlare. Qual è il fatto specifico che l’ha stimolata nella scrittura?
Giuseppe Oppedisano : “Il dolore delle tante persone giovanissime e non, che in tutti questi anni ho incontrato nei miei laboratori teatrali, in comunità terapeutiche. Riporto quello che ho già detto in un’altra intervista. È la fragilità mentale, tutto ciò che può sentire un ‘senza pelle’, perché, forse, ancora non è attrezzato ai perché della vita o forse saranno proprio questi perché a indicare la ricerca nella vita. Molti sono i messaggi che la vita ci invia, ma spesso, siamo sordi o non riusciamo a decifrarli. Riguarda lo stigma legato alla salute mentale.
Ricordo quello che un amico mi disse dopo aver fatto il suo percorso terapeutico in comunità: ‘… sai Giuseppe, quando alla fermata dell’autobus si vede un disabile in carrozzina tutti vorrebbero dargli una mano per farlo salire, quando si vede un ragazzo con un comportamento bizzarro tutti si allontanano da lui senza chiedersi il perché. Io ero pazzo, ora non lo sono più’. È la disputa tra Io, Es e Super Io, ai quali i sentimenti non possono sfuggire. Un pretesto per raccontare come la violenza e l’abuso incide sull’animo e la mente umana.
La drammaturgia è stata realizzata grazie, anche, agli incontri ravvicinati, attraverso i laboratori teatrali che in questi anni ho avuto in comunità terapeutiche, alle voci di Giovanni, Maria, Assunta, Cesare, Agnese, Andrea e le sue allucinazioni uditive, che cito nello spettacolo, dopo aver avere avuto il suo permesso, e che ora uscito dalla comunità vive la sua vita normale fra alti e bassi, come tutti noi, e tanti altri che in questi anni ho incontrato e tutt’ora incontro. Una storia costellata di momenti tragici, ironici e ferite profonde. Due anime con due diverse visioni della vita e del mondo alla ricerca dei loro ‘perché?’.
Una riflessione sulle nostre piccole e/o grandi vite e tutto ciò che va oltre a quello che noi definiamo la fine”.
Da uomo, che sensazione sentiva mentre scriveva il testo dello spettacolo?
Giuseppe Oppedisano: “Tante, e mi sentivo molto vicino ai ragazzi del laboratorio. Andrea che mi parlava delle sue allucinazioni uditive, il mio amato amico Mimmo (schizofrenico) che ora non c’è più, Giovanni, Anna, Diana, Silvia, e tantissimi altri”.
Il testo indaga l’Io, il super Io, e l’Es. Da dove ha attinto per indagare in profondità l’animo umano?
Giuseppe Oppedisano : “Dai comportamenti dei ragazzi con i quali una o due volte a settimana mi incontro per il laboratorio, e poi, scientificamente con gli psicologi e psichiatri della comunità”.
Perché la donna, secondo voi, viene sempre colpevolizzata negli episodi di violenza?
Maurizia Grossi: “Perché la nostra società, per come ancora è strutturata, tende a schiacciare e tacitare e a rendere inermi le donne”.
Giuseppe Oppedisano : “In questo caso non è così, ma non voglio anticipare nulla, vedendo lo spettacolo lo capirete”.
Che cosa si deve aspettare il pubblico?
Giuseppe Oppedisano: “Parlando d’amore, inevitabilmente tutto. Lo spettacolo è rivolto ad un pubblico molto vasto; a quelli che amano, a coloro che non si sentono amati, a quelli che pensano alla vita come una grossa bugia, a chi non ha coraggio d’agire e a coloro che hanno la verità in tasca. A tutti quelli che hanno paura, che non sanno decidere e a coloro che hanno una risposta ad ogni cosa. Ai pavidi e agli impavidi, alle vittime e ai carnefici, e così all’infinito.
È uno spettacolo che parla dell’anima. I sentimenti sono i protagonisti e non lasciano spazio alla retorica. Il confronto dei due protagonisti dopo più di ventidue anni è a dir poco vertiginoso. Quando la parte cosciente e logica sembra appagata, capiamo che non ha fatto i conti con quella inconscia nella quale la linearità razionale non ha nessun senso, di fronte alla quale il nostro comune senso di giustizia si scontra con il nostro comune senso d’ingiustizia. Sarà proprio quest’altra parte, irrazionale, legata all’Anima, all’Uno che li renderà eterni. Gli spettatori vedranno uno spettacolo, ironico a tratti divertente ma allo stesso tempo molto doloroso. Odio e Amore si incontrano come non mai”.
Maurizia Grossi: “Una serata intensa piena di emozioni e colpi di scena imprevedibili”.
Infine, “Confessione senza assoluzione” inizia l’8 marzo in occasione della Festa Internazionale delle Donne. In che modo interpretate le rivoluzioni che stanno mettendo in atto le donne dell’Est e quali miglioramenti in termini di diritti rivolti all’Universo femminile, secondo voi, da qui al prossimo futuro potranno essere adottati?
Maurizia Grossi: “Mi auguro che finalmente noi donne, penso in particolare a quelle dell’Iran, riusciremo ad acquisire almeno la stessa libertà di scelta, pensiero, opinione che gli uomini hanno già alla nascita”.
Giuseppe Oppedisano: “Spero che finalmente la donna, che per noi maschietti rappresenta l’aria che respiriamo, possa finalmente e realmente essere considerata per ciò che realmente è: ‘essenza’ e non più la costola di Adamo”.
Annalisa Civitelli
Foto di Laura Camia
Ringraziamo Giuseppe Oppedisano e Maurizia Grossi per le risposte immediate per la loro disponibilità.