Intervista a…
Annalisa Civitelli Interviste analisi gruppale, bioenergetica, Flavia Margaritelli, lavoro, Luisa Laurelli, mobbing, PANDEMIA, pazienti, psicologia, violenza sulle donne, visioni differenti 0
Flavia Margaritelli e Luisa Laurelli:
“La comunicazione è essenziale ed efficace”
In questo periodo in cui ci siamo trovati costretti nelle nostre case non è stato facile affrontare le dinamiche di reclusione a causa del Covid–19. Molte però sono state le opportunità che ci hanno permesso di trascorrere il tempo con valide alternative, tra cui i corsi on–line, eventi culturali da seguire in streaming e, soprattutto colloqui con psicoterapeuti, i quali si sono messi a nostra disposizione gratuitamente affinché supportarci emotivamente e ascoltare le nostre preoccupazioni.
Abbiamo incontrato due esperte del settore: la Dottoressa Flavia Margaritelli e la Dottoressa Luisa Laurelli che si sono confrontate grazie alle nostre domande e hanno cercato di fare chiarezza sulle circostanze che stiamo tuttora vivendo.
Entrambe dell’idea che in questo momento il loro aiuto sia fondamentale, si occupano l’una di “Psicologa Sociale, del Lavoro e delle Organizzazioni” e dal 2018 è promotrice del progetto “P.E.R.L.A. – Protocollo Espressivo della Resilienza per Liberarsi dell’Aggressione’ a favore delle vittime di trauma a seguito di violenza e propongo laboratori terapeutici di superamento del trauma post violenza”, l’altra è esperta nell’analisi “Gruppo analitica”, nell’“Analisi Bioenergetica” e si interessa di sogni. Non poco rilevante è il suo lavoro presso le comunità dove risiedono pazienti psichiatrici e tossicodipendenti.
Ciò che tendono a esprimere è che ognuno, per la pandemia, si è trovato a vivere diverse solitudini: ciascuno con punti di vista differenti. E la mancanza di contatto e di abbracci, l’assenza fisica, può aver aumentato la distanza tra gli individui da una parte, mentre dall’altra ha favorito il vedersi tramite le video chiamate.
Insomma, visioni distinte eppure concordi nel coadiuvare le persone a trovare un proprio percorso, puntando sulla gioia di vivere attraverso le parole, la scrittura e all’esercizio fisico.
Entrambe amano lo scrivere per fornire una corretta informazione–comunicazione dal punto di vista psicologico. Divulgare contenuti adeguati ai propri lettori/pazienti significa essere professionisti del settore e pensare che la psicologia possa così uscire dalla sua consueta stanza ed entrare in tante altre.
In fondo, questo lungo periodo trascorso tra le mura domestiche ci ha permesso di riflettere molto e di riscoprire magari i valori sopiti, come noi stessi, conducendoci verso un’evoluzione personale che chissà, ora, dove ci condurrà.
Luisa Laurelli e Flavia Margaritelli, entrambe siete psicologhe e specializzate in differenti aree. Vi volete presentare e raccontare le vostre attività?
Luisa Laurelli: “Nell’ambito della psicoterapia individuale, coniugo la formazione ‘Gruppo analitica’, quella dell’‘Analisi Bioenergetica’ e il mio interesse per i sogni. La ‘Gruppo analisi’ è un modello teorico che evidenzia la ‘natura gruppale’ della persona. L’individuo rappresenta il punto nodale di ‘reti gruppali’ che lo attraversano, le ‘matrici transgenerazionali’, verticalmente e quelle dei gruppi di appartenenza reali, orizzontalmente. Napoletani chiama ‘gruppi interni’ le relazioni interiorizzate che costituiscono l’identità. L’‘Analisi Bioenergetica’ è una forma di psicoterapia che associa il lavoro sul corpo con quello sulla mente per aiutare le persone a risolvere i propri problemi emotivi e realizzare in misura più ampia la possibilità di provare piacere e gioia di vivere. L’interesse per i sogni nasce dall’incontro con il prof. Aldo Carotenuto e la psicologia analitica junghiana e si è concretizzato in diversi progetti divulgativi: ‘Sottovoce’, programma di RAI 1, un blog quotidiano sul sito web ‘D de La Repubblica’ ed uno precedente per ‘Style.it’, gruppo l’Espresso, oltre che nel lavoro psicoterapeutico. Infine, la psicoterapia di comunità. La Psicologia di comunità costituisce un’area di studi, ricerche e interventi professionali che si focalizza sulle persone e i gruppi all’interno dei contesti socioculturali, economici, organizzativi e territoriali nei quali vivono e con i quali interagiscono continuamente. In quest’ambito ho lavorato per diversi anni in una comunità per pazienti psichiatrici e attualmente lavoro per una comunità semi–residenziale per pazienti tossicodipendenti”.
Flavia Margaritelli: “Mi occupo di ‘Psicologa Sociale, del Lavoro e delle Organizzazioni’, possiedo una ventennale esperienza professionale intorno alla salute sui luoghi di lavoro. Mi definisco una ‘Professionista della Salute Psicologica’. Sono Presidente di Osservatorio Salute e Sicurezza, ho scritto diversi libri e dal 2018 sono Docente A.c. Università degli Studi G. Marconi. Sono esperta in tecniche di gestione ansia, di approccio cognitivo comportamentale e sono ‘Operatrice Life Skills’, competenze emotive, sociali e cognitive, per gli adulti. Dal 2003 fino ad oggi ho sviluppato numerose esperienze sia nella Pubblica Amministrazione (Regione Abruzzo) sia nelle aziende come consulente Hr e Safety sul disagio Psicosociale, valutatrice rischio stress lavoro correlato, formatrice in aula e perito di parte per alcuni studi legali, sulle tematiche di risarcimento del danno non patrimoniale. Da Ottobre 2018 sono promotrice del progetto ‘P.E.R.L.A. – Protocollo Espressivo della Resilienza per Liberarsi dell’Aggressione’ a favore delle ‘vittime’ di trauma a seguito di violenza e propongo laboratori terapeutici di superamento del trauma post violenza”.
In questo periodo delicato di quarantena a causa del Covid–19 e, attualmente, di una ripresa non totale, quanto è rilevante il vostro mestiere e qual è il miglior consiglio che date ai vostri pazienti, ora anche virtuali, per supportarli al meglio?
Flavia Margaritelli: “In questo momento il nostro lavoro è indispensabile e opportuno. Infatti, già dai primi giorni di questa pandemia ci accorgevamo che le persone erano disorientate ed angosciate. Che tipo di consiglio darei? Di saper accettare questo momento, di capire che questo disagio può trasformarsi in opportunità. Ci sono tante cose da fare e tante cose irrealizzate che oggi potremmo realizzare. Ognuno poi vive la sua dimensione e la sua cultura del disagio, della paura o dello stress in modo diverso: il modo migliore è accogliere quanto stanno provando, semplicemente ascoltando e riconoscendo verbalmente il loro dolore e la loro emotività per ridurre l’intensità dei conflitti”.
Luisa Laurelli: “Uno dei miei maestri diceva: ‘Non datemi consigli, so sbagliare da solo’. Cerco di non dare consigli alle persone che chiedono il mio aiuto, ma li ascolto, cerco di comprendere le loro difficoltà e aiutarli a trovare una nuova prospettiva di osservazione, quando la propria diventa asfissiante. Il tema del contagio, è un tema dominante nelle sedute attuali, ma le emozioni sottese sono la paura, la rabbia, la frustrazione, l’angoscia, e così via. Si lavora sulle emozioni emergenti e sulla possibilità di tradurre la comprensione del disagio, in un adattamento migliore alla realtà contingente”.
Durante il distanziamento sociale, le persone hanno sopportato e ovviato alle mancanze affettive, all’amore e, alcune, sostenuto anche la solitudine. In che modo siete rientrate a sostegno delle persone richiedenti un valido supporto psicologico?
Luisa Laurelli: “Non trovo che la solitudine corrisponda alla mancanza d’amore, ma l’assenza fisica può anzi far emergere sentimenti sopiti, ci da l’occasione di sentire la mancanza dell’altro, di sintonizzarci con la nostalgia. Anche la sessualità seppure non espressa attraverso il contatto può trovare possibilità espressive diverse: la condivisione di brani di letteratura erotica per esempio. L’assenza prolungata ha permesso di dare spazio alle ‘parole per dirlo’. Diverse persone mi hanno chiesto consigli letterari per trovare attraverso la letteratura le parole per esprimere il proprio malessere, ma anche per comunicare all’altro le proprie emozioni. Una sorta di ricerca di significato, una farmacia letteraria”.
Flavia Margaritelli: “La mia esperienza personale, che ho vissuto con le persone che mi hanno contattata, è stata quella di far capire che attraverso questa situazione si può constatare il grado di affettività e di amore verso i propri cari. Le persone hanno scoperto anche che, attraverso l’uso delle video chiamate, potevano contattare più persone. All’inizio è stato per loro duro, ma poi alla fine hanno trovato una positiva soluzione”.
Dopo mesi di quarantena riprendere i ritmi precedenti non è facile. C’è chi ha vissuto momenti di depressione, solitudine, disagio e chi si è adattato a una vita confinata e il ritorno alla normalità lo vive con più stress. La chiamano “sindrome della capanna o del prigioniero”. Dottoressa Laurelli e Dottoressa Margaritelli, cosa avete potuto riscontrare in questi mesi?
Flavia Margaritelli: “Mi piace meglio definirla ‘sindrome della capanna’ che ‘sindrome del prigioniero’, la quale evoca sempre brutti ricordi. Ci sono fattori normalissimi che intervengono: consideriamo che ormai la società è costruita sul fare; sul PIL; su obiettivi. Anche se abbiamo dovuto sopportare questa permanenza forzata (molto valida e con ritmi molto più blandi), le persone stentano nel riprendersi. Ho avuto dei pazienti che, al solo pensiero di dover uscire, avevano mal di testa: mi dicevano che non avevano voglia di vestirsi o truccarsi, di aver maturato la convinzione che rimanere a casa era la cosa migliore. Abbiamo lavorato sulla propria ansia e sul riprendere i ritmi precedenti”.
Luisa Laurelli: “La solitudine non è sempre deleteria, certo quando impedisce di entrare in contatto con l’altro può diventare una forma di disagio estremo. La propria casa può essere vissuta come il proprio nido protettivo, ma anche come la propria prigione. Il rallentamento dei ritmi per molti è stato insopportabile, per altri indifferente, a seconda del momento di vita che si sta attraversando, e a seconda della natura introversa o estroversa del proprio carattere. Per quest’ultimi probabilmente è stata una battuta d’arresto insopportabile, per gli altri ‘un dolce far niente’. Direi che lo potremmo spiegare con la differenza che intercorre tra l’ozio e la noia. L’‘otium’ dei Romani è un’attività di pensiero non vincolata ad un programma di studi, ma è un pensiero contemplativo, cioé un meditare su argomenti di varia natura. Il sociologo Domenico De Masi definisce ozio creativo: il momento in cui lavoro, studio e gioco coincidono; l’ozio creativo non consiste nell’inerzia del corpo, l’ozio creativo è il lavoro della mente. Per noia si intende un certo senso di fastidio, di tristezza che compare per inerzia, è mancanza di interessi, ripetizione uggiosa delle stesse azioni. Ma, ha anche il significato etimologico, proveniente dal latino ‘inodiare’, avere in odio. In questo caso, ogni cosa viene svuotata del suo significato, perde ogni senso e da questa sensazione nasce un senso di fastidio e di irritazione verso il mondo materiale, e nel rapporto con gli altri. Porta di conseguenza a un auto isolamento come esclusione volontaria. Sarebbe, quindi, interessante comprendere come le persone abbiano vissuto questo periodo, con ozio o con noia?”
Anche la quotidianità di molte donne è cambiata: alcune sono state costrette a rimanere tra le mura domestiche insieme a compagni o mariti violenti. La violenza di genere in Italia continua e, a causa del Corona virus e del distanziamento sociale, le case rifugio rifiutano nuovi ingressi. Quali sono le linee guida per affrontare l’emergenza?
Flavia Margaritelli: “Si, purtroppo le violenze sono aumentate in questo periodo. Se la situazione era già difficile, il trovarsi a vivere la quotidianità ha ancora di più esasperato la circostanza. Tutti leggiamo quanti casi sfortunatamente ci sono e, di fronte ai numerosi femminicidi, l’opinione pubblica manifesta sdegno, dolore e preoccupazione, ma spesso rassegnazione; tutto ciò non si può tollerare. Personalmente e con la mia Associazione combattiamo questo fenomeno. Sappiamo che servono atti concreti e incisivi, per dimostrare a noi donne che non siamo sole. È necessario fare formazione, dibattiti, mettere regole e leggi più incisive, i nostri politici dovrebbero garantire più spazi e case rifugio, per affermare la cultura del rispetto e della non violenza”.
Luisa Laurelli: “L’imposizione dell’isolamento può amplificare il rischio a cui le donne più fragili sono esposte, trovandosi a dover condividere per tutto il giorno gli spazi familiari con il proprio aggressore. Ma, dopo un primo periodo di difficoltà delle strutture che si sono dovute adeguare all’emergenza, si sono moltiplicati i servizi a favore delle donne, per esempio con le linee telefoniche, come il 1522 alla quale le donne possono rivolgersi 24 ore su 24; con il servizio pubblico della presidenza del Consiglio; dipartimento Pari opportunità. Nella Capitale le cooperative e le associazioni non si sono fermate realizzando servizi aggiuntivi. La mia personale riflessione in questo campo: ‘è un errore lavorare sull’emergenza ma piuttosto si dovrebbe cominciare a discutere sulla programmazione di progetti’”.
Entrambe tenete un vostro blog personale: che valenza date alla scrittura?
Flavia Margaritelli: “Avevo le idee chiare dall’inizio e per questo l’ho voluto realizzare. Ormai siamo nella fase dove la comunicazione è essenziale. Avere un blog non è per moda, lo ritengo necessario per dare utili informazioni. Il mio obiettivo è aiutare gli altri e per questo, essendo curiosa, penso che offrire una scrittura con contenuti adeguati sia fondamentale, per dare indicazioni utili a coloro che hanno desiderio di approfondimenti professionali come me e scoprire nuove conoscenze”.
Luisa Laurelli: “Mi piace scrivere e sono convinta che la psicologia dovrebbe uscire dalle stanze di terapia e diventare anche più divulgativa. Credo molto nel potere della comunicazione, in generale, delle parole, e non solo la scrittura. Uno dei primi libri che ho amato sul racconto della relazione terapeutica è ‘Le parole per dirlo’ di Marie Cardinal, mi piace molto lo stile comunicativo romanzato di Irving Yalom ‘Sul lettino di Freud’, e non mi dispiacciono i monologhi di Massimo Recalcati”.
Infine, secondo voi quanto la pandemia ha risvegliato un recupero del “senso della vita” oppure tutto ritornerà come prima e le nostre riflessioni personali saranno vane?
Luisa Laurelli: “Io credo profondamente nell’insegnamento di Jung dell’individuazione personale. Credo cioè che ognuno di noi sia chiamato verso un percorso evolutivo caratterizzato da alcune tappe. Ogni individuo deve affrontare quel processo psichico unico e irripetibile che consiste nell’avvicinamento dell’Io con il Sé, favorire quindi, una crescente integrazione e unificazione dei complessi che formano la personalità. Gli ostacoli della vita cambiano, ma il processo non si arresta”.
Flavia Margaritelli: “No, non ritornerà tutto come prima. Questo periodo sicuramente ci ha fatto riflettere: sul valore della vita e sul valore dei nostri affetti; sul valore dell’abbraccio e il valore della famiglia; in merito alle cose necessarie e su quanto le piccole cose quotidiane siano fondamentali; sul senso di lavorare da casa o sull’aver perso un impiego e non avere i soldi; sulla paura di non farcela e sullo scoprire che ci sono persone deliziose che ci aiutano. Avevamo perso queste emozioni e sensazioni e per questo ora le abbiamo recuperate. Ci attende una lenta ripresa e nuove modalità di comunicazione e di lavoro. Siamo confortati dal punto di vista sanitario, ne stiamo uscendo fuori e già questo è un grande successo. Riprendiamo il nostro cammino e diciamo fiduciosi insieme: #andràtuttobene”.
Michela Zanarella