Maurzio Gabbana: “Ho sottratto dalla natura per ricordare la bellezza ed esaltare ciò che i nostri occhi ormai miopi non vedono chiaramente”
Un sabato di quasi primavera ci siamo incamminati verso la Galleria Gap di Roma per la mostra ‘AssenzA’ di Maurizio Gabbana, tenutasi dal 5 al 25 marzo e a cura di Annalisa Di Domenico.
Gabbana, fotografo autodidatta, sin dai suoi esordi utilizza l’analogico per poi passare al digitale. Negli anni 2000 viene scoperto da Rolando Bellini, storico dell’Arte dell’Accademia delle Belle Arti di Brera. il quale definisce le sue opere futuristiche.
L’artista, infatti, si è dedicato a delle ricerche di avanguardia: “Dynamica Spazio Temporale” è un progetto che consiste in scatti e scorci dallo stile metafisico, tra l’analogico e il notturno, che trascendono la realtà e vedono l’uomo che riposa di notte.
Maurizio Gabbbana, con i suoi lavori, ha partecipato alla Biennale di Firenze nel 2013, alla Biennale di Venezia nel 2015 e alla Biennale di Mosca nel 2018; ha inoltre pubblicato dei libri tra i quali la monografia “Con la luce negli occhi” (2017, Skira Edizioni), la mostra dal titolo “Infinite Dynamics” e la nuova monografia “AssenzA” (2021, Antiga Edizioni).
L’esibizione ‘AssenzA’ nasce appunto come conseguenza della monografia omonima. Solo trenta fotografie in mostra, che è stata concepita con lo stesso “pattern/concetto”: le immagini descrivono i centri urbani di diverse città italiane attraverso un eccesso di bianco.
Durante il percorso abbiamo appunto cercato di comprendere il perché della scelta della parola assenza, intesa come sottrazione di figure umane e liberazione del contenuto dei cieli in ogni foto esposta e non solo. In altri scatti, tuttavia, si mettono in risalto i monumenti costruiti dall’uomo, ma senza la sua presenza.
Il fotografo, dunque, con le sue opere, ha creato un’assenza che parla dei valori umani e dell’isolamento fisico dovuto al periodo pandemico, mediante l’intersecarsi di diversi significati che l’autore ha voluto approfondire in questa intervista.
Maurizio Gabbana, come è nata l’idea della mostra fotografica?
“La mostra fotografica nasce in seguito alla pubblicazione del volume ‘AssenzA’, edito da Antiga Edizioni con i testi di Gian Ruggero Manzoni e, prima ancora, da un’annosa riflessione, conseguenza dell’ispirazione meditata sui ‘talenti’ che l’uomo, eclettico sin dalla sua esistenza, ha ben chiuso in un cassetto: parlo di coraggio, responsabilità, dialogo, comprensione, onestà e fede; parlo del desiderio di condividere, di vedere e non scrollare, di osservare; parlo dell’umiltà che serve per vivere e parlo di agire istintivamente o no, oggi, di fronte alle situazioni che ci accadono intorno a cui rimaniamo indifferenti e che rimangono impunite senza risoluzione. Ritengo, infatti, che grazie ad azioni e a un dialogo partecipato queste circostanze possano trovare un loro esito positivo. Penso. inoltre. che attualmente si cerchi la facilità e non la mediazione: mi chiedo se siano comportamenti adolescenziali oppure irresponsabili“.
Cosa vuole trasmettere al pubblico con le sue foto?
“Il mio intento è rimandare un messaggio dal quale non posso allontanarmi ovvero il concetto di ‘sottrazione’. Quindi ho ‘sottratto’ (o se preferite ‘svuotato’) il corpo, le figure umane, in parte o lasciandone addirittura solo la sagoma per sottolineare la ‘presenza assente’ all’interno di spazi urbani, degli edifici che ha costruito l’uomo ispirato, generoso e costruttivo, perché senza di esso la storia non si concretizza. Ho ‘svuotato’ i cieli per la mancanza di speranze e di fede sino ad arrivare al bianco, all’assoluto, non come desolazione ma come luce attraverso la quale ci si può ricostruire e rinnovare. Penso alla ‘sottrazione’ come il donarsi gratuitamente per riempirsi di nuovo, quasi un restituire all’altro! Per esempio, il creato rimarrà sempre, ma come lo restituiamo? In quali condizioni d’uso? Cosa lasciamo e insegniamo alle generazioni future? Ho sottratto dalla natura per ricordare la bellezza ed esaltare ciò che i nostri occhi ormai miopi non vedono chiaramente“.
Che tipo di tecnica ha utilizzato per ottenere l’“eccesso di bianchi”?
“Mi sono avvalso di una tecnica che chiamo ‘assenza’, una sottrazione di pixel sino ad arrivare al tratto“. Per realizzare questa mostra ha svolto uno studio precedente, scegliendo dei monumenti significativi prima degli scatti, o ha deciso di lasciarsi guidare dalla città? “Sia per la realizzazione del volume ‘AssenzA’ e sia per gli eventi espositivi ho inizialmente attinto ai miei archivi fotografici sul PC scegliendo fotogrammi e file che mi suggerivano qualche cosa. A questi ultimi ho ‘sottratto’ bellezza per generarne altra: questo è stato il punto di partenza. Altre foto, invece, sono state scattate appositamente per il mio progetto“.
Come descriverebbe il suo stile fotografico?
“Sin da ragazzo sono sempre stato uno sperimentatore, esattamente da quando mio papà Lino mi regalò una macchina fotografica giocattolo ma funzionante a pellicola 120, come le odierne Olga, Diana ecc. Poi via via ho imparato a scattare con le reflex a pellicola BN o DIA e a sviluppare in una camera oscura che, con un gruppo di amici, avevo organizzato in un oratorio di Milano. Ho sempre cercato una diversità rispetto a ciò che potevo vedere attraverso le fotografie di altri autori“.
Che attrezzatura ha utilizzato per scattare le fotografie esposte?
“Le fotografie della mostra ‘AssenzA’ all’Art Gap di Roma (dal 5 al 25 marzo scorso) sono state scattate sia con macchina analogica sia digitale. Le foto scattate in digitale le ho scelte per una questione di maneggevolezza e sono state successivamente ritoccate al computer“.
In che modo crede si sia evoluto il suo modo di scattare da quando è iniziata la sua carriera di fotografo?
“L’arte mi ha influenzato molto. Sono sempre stato innamorato dei maestri della pittura che con poco riuscivano – e riescono tuttora – a restituire degli straordinari sguardi e qui ritorniamo ai ‘talenti’: mi riferisco a Leonardo, Caravaggio, Rembrandt, Tiepolo, Canaletto, Bison, Hayez e Inganni. Voglio però includere anche i divisionisti come Segantini e Pelizza da Volpedo, mentre Previati, come Balla e Boccioni, Carrà, Severini, Crali, De Pero, per esempio, si sono misurati con il Futurismo di cui sono un grandissimo ammiratore. Molti di questi artisti hanno dimostrato grande ecletticità! Anche i maestri che rappresentavano i notturni della Belle Epoque sono stati di ispirazione per i miei scatti e Hopper con le sue visioni di luci artificiali. Infine non posso non ricordare De Chirico e Magritte“.
Qual è una sua foto che apprezza di più?
“Scegliere mi ha sempre messo in difficoltà: le foto sono molte e spero con esse di donare emozioni e messaggi. Questo credo sia il compito dell’artista: impara l’arte e non metterla da parte, condividila!“
Agnese De Luca