Michela Zanarella
“Considero la poesia come un dono”
L’autrice di origine veneta e romana di adozione, versatile e creativa, è conosciuta in tutto il mondo come una scrittrice di poesie: ha pubblicato ben undici libri, che contengono al loro interno sia racconti, sia liriche.
Siamo entrati in contatto con lei in modo del tutto occasionale e abbiamo cominciato a seguire il suo percorso. Consideriamo le sue odi uno sguardo dedicato alla natura e non solo. A noi piace definirle scritti spirituali, attraverso i quali ci si può concedere una nicchia, una ricerca rivolta a noi stessi.
Presidente dell’Associazione di Promozione Sociale “Le Ragunanze”, all’interno della quale si svolge il “Premio Internazionale di Poesia e Narrativa”, in memoria di S.A.R. Cristina di Svezia, la sua attività prosegue fervida e incessante. E’ inoltre Presidente della “Rete Italiana per il Dialogo Euro–Mediterraneo”, RIDE-APS, capofila italiano della Fondazione Anna Lindh (ALF).
Michela Zanarella, sempre curiosa e sempre in movimento, si occupa anche di relazioni internazionali per la piattaforma inteuniversitaria europea EMUI EuroMed University, con cui sta organizzando il congresso internazionale “Pasolini e il ’68”, in collaborazione con il Centro Culturale Enrico Berlinguer, che ospita l’evento.
Dunque, l’autrice nostrana riesce a conciliare impegni culturali e scrittura, con la quale colpisce l’animo umano, grazie a un linguaggio ricercato e delicato al contempo: tra le righe dei versi, infatti, emergono le diverse espressioni dei sentimenti e dell’amore. Si immerge infine anche nell’ambito sociale, descrivendo in modo del tutto personale la violenza, provando pertanto a scuotere le nostre coscienze.
Michela Zanarella, quando ha cominciato a scrivere poesie?
“Ho iniziato a scrivere poesie dopo un tragico incidente stradale al quale sono sopravvissuta. Non avevo mai scritto poesie prima di allora. È arrivato tutto in modo inaspettato. Considero la poesia come un dono, qualcosa di speciale che mi ha cambiato la vita. La scrittura mi ha dato modo di vedere le cose con occhi diversi e di affrontare i miei limiti e le mie incertezze: una sorta di terapia dell’anima. Dalla prima pubblicazione, era il 2006, non ho mai smesso di scrivere e credo che continuerò fino a quando ne avrò la possibilità”.
Quanto studio richiedono la costruzione e la scrittura delle liriche?
“Negli anni mi sono resa conto che la poesia ha bisogno di studio e approfondimento. Leggere è fondamentale. Ho iniziato quindi dai grandi poeti che hanno lasciato un segno importante nella storia della letteratura, poi sono arrivata agli autori contemporanei. Se è vero che ci vuole una predisposizione alla poesia, è altrettanto vero che serve capire che cos’è, come è strutturata, quali sono gli elementi che la compongono: non ci si può improvvisare. Non si smette mai di imparare, fare poesia significa sentirla, viverla giorno dopo giorno in un continuo laboratorio di ricerca, sperimentazione e immedesimazione”.
Dunque, quali metodi adotta nel suo lavoro?
“A dire il vero non credo di avere dei metodi. Per scrivere ho bisogno di assoluto silenzio. Poi è la poesia che decide il momento, è lei che mi chiama. Le immagini mi arrivano e si compiono in modo inspiegabile. Cerco sempre di non essere banale o scontata. Devo emozionarmi io per prima nel momento stesso in cui creo e vivere sulla mia pelle emozioni universali”.
Da dove parte, per giungere poi alla conclusione del componimento?
“Bella domanda. Non so bene che cosa avviene nel processo di elaborazione di un componimento. È come se entrassi in una dimensione senza tempo, dove ho la libertà di poter ascoltare me stessa e gli elementi che regolano la vita sulla terra, fino a spingermi oltre, altrove”.
I suoi punti di riferimento
“Tra i poeti che amo in assoluto ci sono Leopardi, Ungaretti, Pasolini, Merini, Quasimodo, Campana, Dickinson, Rimbaud, Baudelaire, per citarne alcuni. La lista sarebbe comunque lunghissima, quindi elenco solo quelli che hanno lasciato un segno importante nel mio percorso di scrittura. Ad alcuni ho dedicato dei versi nella mia raccolta ‘Le parole accanto’ edita da Interno Poesia”.
In che modo la poesia rispecchia la sua personalità?
“La poesia fa parte di me, non so farne a meno. Quando scrivo è come se le parole riflettessero la mia identità. Ogni verso, ogni immagine, mi appartengono”.
Quali consigli si sente di dare ai giovani emergenti che si approcciano a tale mondo?
“Ai giovani consiglio di leggere molto, di non aver paura di scrivere e osare. La poesia richiede costanza, impegno e passione. Ultimamente leggo molti autori giovani e devo dire che ci sono tanti talenti che vanno sostenuti. Spesso si tende a dare poco spazio agli emergenti: credo sia invece necessario valorizzarli come meritano”.
Infine, che forma ritiene abbiano i suoi libri, al cui interno i vari argomenti vivono con equilibrio: dalla natura al contatto umano, dall’osservazione al dialogo con se stessi, dall’amore delicato alle parole ricercate e unite tra loro, e l’attenzione rivolta al mondo femminile?
“I miei libri sono finestre spalancate sul mondo. Dentro ci sono molteplici riflessioni sull’esistenza: dalla vita alla morte, dall’amicizia all’amore. Ho sempre cercato di affrontare temi universali importanti e delicati, partendo dalle mie esperienze personali, che poi riflettono ciò che l’essere umano vive nella quotidianità. In una raccolta ho affrontato la violenza in tutte le sue forme: dalla violenza di genere, alla violenza dell’uomo verso l’ambiente e i più deboli. ‘Tragicamente rosso’ è sicuramente la raccolta più particolare tra le mie pubblicazioni. Portare alla luce la drammaticità delle situazioni e delle esistenze, è un modo per sensibilizzare e scuotere il lettore”.
Annalisa Civitelli