Pietro Dattola e Flavia di Lipsis:
“Il teatro off va sperimentato sul piccolo palco, perché con tutta probabilità è stato pensato per quello”
È ancora in corso di svolgimento, fino al prossimo 16 ottobre, in quattro dei migliori teatri Off di Roma (Trastevere, Fortezza Est, Teatrosophia e Carrozzerie n.o.t.), la dodicesima edizione di ‘Inventaria’, il festival del teatro Off curato dalla compagnia DoveComeQuando.
Pietro Dattola e Flavia de Lipsis ci hanno raccontato l’identità del festival, sottolineandone la genesi e lo scopo, e mostrando un solido ottimismo riguardo alla vita del teatro in genere, che sembra vivere una fase di rinascita dopo gli infiniti mesi della pandemia.
‘Inventaria’ è una selezione di più di venti lavori teatrali che, per il volere di Dattola e de Lipsis, coprono il maggior numero di linguaggi drammaturgici con il fine di mettere in scena tutte le identità del teatro fino a scovarne, se possibile, di nuove, in nome di un’eterogeneità e un inclusività che sembrano sempre più necessarie.
I due organizzatori evidenziano anche come il teatro Off sia per la sua stessa natura un codice che necessita di cornici ad esso idonee, e la scelta dei quattro teatri sopra citati non poteva essere migliore.
La conclusione di questa edizione porterà Pietro Dattola e Flavia de Lipsis a lavorare immediatamente per la prossima che, molto probabilmente, tornerà nella sua storica collocazione di inizio primavera e che, c’è da esserne certi, ospiterà altri nuovi e validi lavori.
Pietro Dattola e Flavia de Lipsis, cosa c’è da aspettarsi da questa edizione di “Inventaria”?
Flavia de Lipsis: “Questa dodicesima edizione è tornata alla sua originaria natura, quella diffusa in quattro teatri dislocati in quattro quartieri diversi della capitale; vede il ritorno della ‘sezione Demo’, ossia un gruppo di work in progress/studi che rappresenta il teatro che verrà, sezione rimasta in stand by causa restrizioni da pandemia per due anni.
L’’offerta del festival vede le migliori proposte – proposte in fieri, nel caso delle demo – del teatro off e provenienti da tutta Italia esibirsi sui palchi delle principali realtà off capitoline, portando in scena una ventata nazionale differente, nuovi suoni, nuova personalità, nuove idee, all’interno del generale circuito teatrale romano, spesso chiuso e in affanno su se stesso. Per cui, con il nostro incrollabile ottimismo, ci aspettiamo un rientro di forze vecchie e nuove, tra artisti e pubblico, desiderose di riappropriarsi e condividere gli spazi off di Roma, per inaugurare in modo sano e propizio la prossima nuova stagione teatrale.”
Pietro Dattola: “Un gioioso rilancio, per tutte le persone coinvolte: dagli artisti, grazie alla folta e selezionata rete di partner – tra le più interessanti realtà indipendenti di tutta Italia – al pubblico, che finalmente pare potersi riappropriare di certi luoghi e momenti con maggiore serenità dopo i tempi appena trascorsi.
E poi, varietà: il concept del festival è concentrare, in un arco di tempo ristretto, quante più forme di teatro possibili; idealmente, chi volesse seguire tutto il festival sperimenterebbe in appena 14 serate una ventina di modi diversi di stare in scena. E per chi ama la sintesi e/o la scoperta, ci sono le due serate delle ‘Demo’ (5 demo a serata), che sono una specie di ‘piccola Inventaria’ nella ‘grande Inventaria’, con una varietà di temi e linguaggi comparabile, confla sola differenza di una forma ancora più concentrata.”
Ventidue lavori selezionati su più di 200 candidati è circa il 10%, perché sono stati scelti proprio gli spettacoli che vedremo?
Pietro Dattola: “Richiamo il concept di cui sopra, andato affinandosi negli anni, e tutte le radici del nome del festival, ‘Inventaria’: invenio (latino per “trovare”), invenzione, inventario e aria (fresca!): ciò che cerchiamo sono spettacoli in grado di stupirci, freschi nelle forme e nel linguaggio e tutti diversi tra loro.
L’eterogeneità è la cifra di Inventaria. Inclusività, se vogliamo usare un termine che ora va di moda. Noi abbiamo deciso di applicarlo sotto vari aspetti: dalle caratteristiche del bando rivolto alle compagnie alla selezione… fino al pubblico. Inventaria 2022 avrebbe dovuto svolgersi a maggio/giugno, ma abbiamo deciso di rimandare all’autunno perché non c’erano le condizioni per permettere la fruizione a tutti.”
Flavia de Lipsis: “Per quanto riguarda le ‘Demo’ di cui mi sono occupata, ci sono da coniugare due elementi: il primo è il numero di serate a loro disposizione, concentrate in due, che limita, purtroppo, la scelta del materiale che si vorrebbe proporre; il secondo è con l’eterogeneità dell’offerta, che resta fin dalle origini una cifra certa della prospettiva teatrale di Inventaria.
La “squadra Demo” è sempre un assemblaggio polimorfo di energie totalmente differenti, stili contrastanti, scommesse al buio, grazia e capacità di incuriosire pubblico e non solo, con la speranza, (come già fortunatamente successo in passato) di intercettare lavori in gemma capaci di maturarsi poi a pieni voti sulla scena teatrale nazionale.”
Secondo le vostre parole,” Inventaria” è la festa del teatro off: cosa si intende oggi per teatro off?
Flavia de Lipsis: “Il teatro può definirsi off se rispetta alcune condizioni: la prima, imprescindibile nel bene e nel male, è quella economica. Le forze investite e investibili in questo senso sono minori rispetto a quelle destinate ai circuiti classici degli stabili o di realtà assimilabili. Ciò ovviamente costituisce un limite di realizzazione, tecnica e anche artistica, cui devono sottostare i vari progetti, ma anche una garanzia di indipendenza da logiche commerciali che inquinino la premessa creativa.
La seconda è costituita dallo spazio in cui va in scena uno spettacolo off: non si tratta mai di platee da ottocento spettatori, né arene, né luoghi adatti a raccogliere molto pubblico; al contrario ci si concentra in ambienti raccolti, destinati ad un uditorio che viaggia attorno al centinaio di persone, che siede a volte a distanza minima rispetto all’attore in scena, ed in questa condizione è predisposto a fruire maggiormente dell’esperienza che sta per vivere.
Per entrambi questi motivi la scena off si contrappone per definizione allo status quo dei palchi istituzionali, muta maggiormente, si adatta, si reinventa e diventa un modo di utilizzare il teatro che spesso e volentieri si permette maggiore libertà di azione ed ottiene un’efficacia più penetrante nel pubblico: assomiglia probabilmente ad una delle forme primigenie del teatro, l’agorà politica, dove si prendono posizioni e le si portano avanti, specie in tempi scomodi, specie in situazioni scomode, come quelle che oggi ci troviamo spesso ad affrontare.”
Pietro Dattola: “Esattamente. Dall’esterno si può avere la percezione di un teatro figlio di un dio minore ma – se lo è dal punto di vista economico – non lo è dal punto di vista artistico. Gli spazi abitati (sia in fase di prova sia quando si va in scena) e le modalità produttive (certamente più agili nelle tempistiche e nel numero di persone coinvolte) influenzano notevolmente il processo creativo.
Se è ovvio che una tipica produzione di un teatro stabile non potrebbe mai abitare il palco di un teatro off, ecco che spesso e volentieri vale anche il contrario e non per demerito artistico, ma per la natura stessa dello spettacolo in questione. Sarebbe come indossare un cappotto d’estate o un bikini d’inverno.
I due mondi sono certamente comunicanti, ma sento di poter dire senza tema di smentita che uno spettacolo off va goduto in uno spazio off. Si dice che i film vadano visti sul grande schermo e non sul piccolo schermo. Paradossalmente, per goderne appieno, per respirarne la vera natura, il teatro off va sperimentato sul piccolo palco, perché con tutta probabilità è stato pensato per quello.”
Questa è la prima edizione post pandemia: alla luce del vivace movimento che ha connotato la stagione teatrale appena passata, pensate che possiamo considerare le limitazioni che la pandemia ha imposto al mondo dello spettacolo definitivamente alle nostre spalle?
Flavia de Lipsis: “Mi auguro vivamente di sì: i luoghi teatrali sono stati tra i più sicuri durante tutta l’emergenza sanitaria, perché ipercontrollati, o perché disgraziatamente chiusi. Tra le categorie più colpite ovviamente c’è la nostra, quella degli operatori dello spettacolo dal vivo: con lei ha sofferto la cultura, l’immaginazione, la capacità inventiva dell’individuo, che in circostanze critiche come quelle da cui stiamo uscendo, sono elementi fondamentali per la sopravvivenza. Tornare a riabitare i piccoli spazi teatrali è una vittoria anche in questo senso, un trionfo dell’esercizio della vita vera sull’artificialità del lockdown.”
Pietro Dattola, come da lei dichiarato, “Inventaria” ospita spettacoli che parlano una pluralità di linguaggi: quali sono questi linguaggi?
“Cos’è il teatro? Qualcuno che agisce e qualcuno che fruisce, presenti nello stesso luogo. Questa formula può essere declinata in mille modi, molti dei quali hanno a che fare con il tipo di rapporto che il primo qualcuno intende creare con l’altro e con gli strumenti (voce, corpo) e le tecniche che intende usare. Nel caso di Inventaria 2022 è possibile ritrovare in appena 14 serate teatro di prosa, teatro sperimentale, teatro poetico, teatro d’interazione, riscritture di classici, format originali, improvvisazione, performance, teatro di figura, teatro di narrazione, teatro danza, stand up comedy e altri ancora.”
Flavia de Lipsis, lei ha selezionato gli spettacoli definiti “demo”, cioè quelli non più lunghi di 20 minuti: quanto è possibile raccontare in un tempo così breve?
“In venti minuti è possibile raccontare più di quello che si potrebbe pensare. Specie se per raccontare intendiamo non solo sviluppare una storia. Una buona demo scopre le proprie potenzialità, non le proprie carte, più o meno come accade in un buon trailer. Può essere un patchwork narrativo o l’innesco di una premessa, può utilizzare il linguaggio che le è più consono, oppure deformare le aspettative stilistiche, ma in ogni caso una demo non è fatta per esaurirsi, al contrario sospende l’attenzione, incuriosisce e non spiega.
È l’istantanea di un disegno, di un modo di lavorare, di una sensibilità, è un arco teso con la freccia puntata, che ci dice molto sia sul proprio arciere che sul bersaglio da colpire. Le demo sono intramuscolo di mondi alternativi, nonché lavori ad un livello embrionale, potenzialmente fragili, da maneggiare con cura, perciò mi sento privilegiata a poter fruire di materiali tanto rischiosi quanto affascinanti da esaminare, osservare e condividere.”
Lei, almeno qui a Roma, è un’attrice piuttosto conosciuta e molto apprezzata: quanto si è lasciata condizionare dalla recitazione nel percorso di selezione dei lavori che poi sono entrati di ruolo in Inventaria?
“La recitazione è evidentemente una qualità fondamentale. A volte può fare ed ha fatto da sola la differenza. A volte mi domando: se non emerge o non posso apprezzare la buona recitazione in uno spazio semplice, raccolto e confidenziale, come quello di un teatro off, dove posso vederla emergere e apprezzarla?
Poi certo la recitazione è tante cose ormai, è fatto complesso: è performazione, è qualità individuale, è drammaturgia attoriale, è intimità, è cultura personale. Nelle demo la recitazione si unisce alla scintilla di tutte le forze necessarie per dare alla luce un progetto teatrale del futuro, condizionandole in positivo, ma anche in negativo. Perciò, probabilmente, come diceva un saggio maestro, avere un buon cast, non solo singolarmente valido, ma in sintonia collettiva, significa avere più del 50% del lavoro già al sicuro.”
Che tipo di interazione c’è stata con Pietro Dattola in tutto questo processo?
“Una coordinazione di buona volontà. Dal punto di vista artistico c’è autonomia, cooperazione e una fiducia consolidata da anni di lavoro insieme: le criticità, vecchie e nuove, vengono affrontate sapendo di avere un orizzonte condiviso, che non è elemento da sottovalutare nelle decisioni necessarie per allestire questo tipo di manifestazioni.
Analogo discorso per il punto di vista organizzativo: c’è e c’è sempre stata collaborazione reciproca per controllare e portare avanti una mole di lavoro faticosa e problematica, che poggia sulle nostre sole forze e spesso viene peggiorata da condizioni proibitive, basti pensare al trattamento riservato alla categoria nei due anni appena trascorsi. Eppure scegliamo di confermare il nostro impegno ogni volta, per cercare di contribuire a forgiare una realtà migliore rispetto a quella di cui, volenti o nolenti, siamo costretti ad usufruire.”
C’è qualche lavoro valido che, a malincuore, è stato escluso semplicemente per un fattore numerico?
Pietro Dattola: “Purtroppo. E quasi tutti motivabili dal principio stesso alla base di Inventaria, ossia la varietà. Volendo proporre un’offerta quanto più varia possibile, proposte molto simili entrano in competizione tra loro ed essendo il numero di serate del festival pre-determinato, dobbiamo operare delle scelte.
Ne approfitto anzi per lanciare un messaggio a tutti coloro che inviano progetti a noi o ad altri bandi: è impossibile, per motivi di tempo, motivare nel dettaglio la non selezione, e questo può dare l’impressione di un secco rifiuto. Spesso non è così e ci sono sempre delle proposte che erano a un passo dalla selezione ma non lo sapranno mai. Perciò mai abbattersi.”
Flavia de Lipsis: “Assolutamente sì. Se avessimo più possibilità daremmo spazio a molte più voci, sicuramente meritevoli. Per cui il malincuore rimane, ogni anno, ma con esso anche la speranza che quegli stessi artisti ci vorranno concedere la loro fiducia l’anno e/o gli anni prossimi, con lo stesso lavoro o con uno nuovo.”
Tra poco più di un mese i vostri impegni con Inventaria saranno conclusi. A cosa vi dedicherete subito dopo?
Pietro Dattola: “Vuole sapere la verità? Inventaria è un progetto a ciclo continuo. Terminato il festival scattano tutta una serie di incombenze amministrative e subito dopo ci si dedica al consolidamento e all’ampliamento della rete di partner per predisporre nel più breve tempo possibile il nuovo bando. A maggior ragione quest’anno…”
Flavia de Lipsis: “…visto che abbiamo intenzione di ricollocare il festival nella sua originaria collocazione tra maggio e giugno prossimi, ossia a conclusione della stagione teatrale. Poi in programma ci sono la ripresa di alcuni spettacoli in repertorio e la messa a punto di un nuovo progetto di spettacolo.”
Pietro Dattola: “Dopo tanta ricerca e qualche vicolo cieco, abbiamo fatto in tempo a tracciare definitivamente la strada prima dell’inizio del festival e non vediamo l’ora di riprendere il percorso. Infine…”
Flavia de Lipsis: “…a inizio estate riproporremo la terza edizione ‘Drammi di Forza Maggiore’, il fortunato concorso di drammaturgia in cui è il consesso di drammaturghi partecipanti a scegliere la pièce vincitrice, formula innovativa e risultata assolutamente vincente.”
Gabriele Amoroso
Ringraziamo Pietro Dattola e Flavia de Lipsis per essersi resi disponibili per l’intervista.
Per info: http://www.dovecomequando.net/inventaria2022.htm