Roberto D’Alessandro: “Terroni è la storia di quanto sia ingiusto questo paese e nonostante tutto del desiderio di renderlo un paese migliore”
Roberto D’Alessandro torna in scena il 10 luglio al Teatro Marconi di Roma con ‘Terroni – La vera storia dell’Unità d’Italia’, il suo recital tratto dall’omonimo bestseller del giornalista pugliese Pino Aprile.
In dieci anni di rappresentazioni, lo spettacolo ha provato a fare chiarezza sulla questione meridionale giungendo a verità che tuttora sono sotto esame.
In questa intervista D’Alessandro anticipa alcuni aspetti di questo lavoro evidenziando come il Risorgimento sia stato il momento storico che, pur portando all’unità del nostro Paese, ha fatto da detonatore all’allontanamento del nord dal sud creando un divario apparentemente irreversibile.
L’autore illustra anche i suoi numerosi e variegati progetti futuri lasciando intendere tra le righe che il teatro è finalmente pronto a una ripartenza globale.
Roberto D’Alessandro, “Terroni” è uno spettacolo che va in scena dal 2011: è cambiato qualcosa in questi anni?
“La prima di ‘Terroni – La vera storia dell’Unità d’Italia’ è andata in scena il 23 marzo 2011, era il mio spettacolo per le celebrazioni del centocinquantesimo dell’unità d’Italia. Dal suo debutto ad un anno circa dall’uscita dell’omonimo libro da cui l’ho tratto che è poi diventato un best seller consacrando il suo autore Pino Aprile a padre del meridionalismo contemporaneo, sono cambiate molte cose. È nato un vasto movimento d’opinione che pone finalmente nella giusta luce la questione meridionale. Il mondo intellettuale meridionale e non solo, fatta salva l’accademia che per ovvi motivi è schierata a spada tratta a difesa della favoletta risorgimentale, è ormai convinto con consapevolezza e coscienza che la questione meridionale esiste perché su questa è nata l’Italia e senza questa probabilmente non esisterebbe. È nato anche un movimento politico di cui faccio parte e si chiama ‘Equità Territoriale’”.
Un lavoro applaudito da Nord a Sud. Ma il pubblico reagisce in maniera diversa o questo urlo di dolore del Mezzogiorno è accolto nello stesso modo in tutta Italia?
“‘Terroni’ è uno spettacolo che spaventa, perché ci sbatte in faccia verità veramente scomode, ma da nord a sud viene accolto col favore che si ha per le rivoluzioni buone, perché una goccia di verità rende tutto migliore. Anche se a nord si hanno reazioni maggiori, anche moti di indignazioni, mentre a sud il pubblico lo vedo come un pugile suonato che prende pugni in faccia e sembra capire poco, ma in realtà smuove talmente tanto che nei giorni successivi non potrà fare altro che continuare a pensarci”.
Di cosa parla “Terroni”?
“È la vera storia dell’unità d’Italia, cioè di un’aggressione da parte del regno del Piemonte di uno stato sovrano e pacifico come Il Regno delle due Sicilie, di come questo sia stato ridotto in colonia interna privandolo di imprendere, non costruendo infrastrutture, privandolo delle banche, grazie ad una legislazione sempre sbilanciata verso il nord. È la storia di come questo sia continuato anche dopo con la Repubblica italiana. È la storia delle stragi subite dalle popolazioni meridionali ad opera dei piemontesi, e fino ad ora taciute e negate dallo stato italiano che di quel sangue è figlio. È la storia di quanto sia ingiusto questo paese e nonostante tutto del desiderio di renderlo un paese migliore”.
Quando ha sentito l’esigenza di portare in scena il testo di Pino Aprile?
“Leggendo il libro di Pino Aprile al terzo capitolo, quello che parla delle stragi al sud. Stavo scrivendo un musical su Garibaldi, l’ho messo da parte e ho contattato Pino chiedendogli di portare in scena il suo libro. Lui mi disse di si e così lo feci”.
In scena con lei Mariano Perrella, qual è il suo contributo?
“Mariano Perrella è un grande artista, faccio lo spettacolo con lui dal 2012. La selezione delle canzoni e il modo in cui le esegue sono la parte autenticamente emozionale dello spettacolo, la musica parla alla parte del nostro cervello più antica e ancestrale, le canzoni che esegue Mariano sono tutte conosciute ma all’interno della rappresentazione comprendiamo davvero cosa volevano dire gli autori”.
Come ha vissuto da artista il periodo di lockdown?
“Serenamente. Poi per fortuna mi sono capitate tante cose da fare, e quindi non l’ho accusato particolarmente. Mi vergogno un po’ a dirlo ma a volte mi viene da rimpiangerlo, sono stato tanto tempo a casa con la famiglia e non mi è dispiaciuto per niente”.
Nel prossimo inverno, scongiurando altre chiusure, la vedremo in scena?
“Si certo. Debutto al teatro Manfredi di Ostia in coppia con Felice Della Corte in ‘Uscita d’emergenza’ di Manlio Santanelli per la regia di Claudio Boccacini, per poi passare al teatro Marconi con ‘Emigranti’ di Slavomir Mrozek in coppia con Riccardo Barbera e la regia di Claudio Jarakosky. Sono due lavori molto simili, e mi piace molto questa sfida. Poi a novembre e dicembre sarò al Roma e al Manzoni con ‘I soldi no’ insieme ad Enzo Casertano e Corinne Clery per la regia di Silvio Giordani. Nel 2022 ci sarà la ripresa della mia commedia ‘Una casa di pazzi’ che mi ha già dato grande soddisfazione al Manzoni lo scorso maggio. E poi tanti altri progetti. Ah! A settembre inauguro un centro culturale a Testaccio, si chiamerà ‘Obbiettivo Roma’, mi piacerebbe divenisse un centro di aggregazione di artisti”.
Marta Astolfi