Valerio Carbone: “Tutti i miei libri possono essere accomunati dallo stesso messaggio, quello di riconnettersi con le proprie emozioni, i propri valori più intimi e nascosti, indipendentemente dai vuoti di significato a cui ci hanno abituato”
Valerio Carbone, Dottore di Ricerca Ph. D. in Filosofia e laureato in “Psicologia clinica”, è autore di diversi libri e creatore di “Scrittura Efficace”, una sorta di “luogo di formazione, informazione e condivisione”, ispirato da una frase dello scrittore inglese John Gardner: “la scrittura non si insegna, ma si può imparare“.
Inteso come un network, “Scrittura Efficace” si rivolge a chi nutre il desiderio di scrivere e vuole farlo in modo professionale: Valerio dunque struttura diversi corsi mirati alla scrittura, formando dalle basi i futuri autori attraverso consigli e nuovi stimoli per la creazione di un testo.
Insieme a Flavio Carlini, nel 2010, Carbone apre la casa editrice Haiku – www.edizionihaiku.com –, la quale con le collane “Settemari”, “Narrastorie”, “Le parole e le cose”, e così via, risulta versatile riguardo le sue proposte editoriali qualitativamente valide.
L’editore dunque ci racconta il dietro le quinte di un comparto complesso, quello editoriale, all’interno del quale c’è necessità di costruirsi una credibilità e ci si scontra con le difficoltà del settore.
Una persona, Carbone, che si mette sempre in gioco grazie a una costante osservazione, che gli permette di costruire i suoi personaggi in modo preciso. Inoltre, un miglioramento continuo è finalizzato alla scrittura che definisce “un lavoro di consapevolezza”, per giungere all’essenziale, eliminando il superfluo e i manierismi, al fine di fornire ai lettori idee concrete e donare più immagini che parole.
Un processo che non termina mai, tramite il quale si impara, si scopre e si evolve, con l’intento di costruire uno stile proprio e critico. Si evince così che lo scrittore sa ciò che vuole: meticoloso e attento nel suo lavoro, sicuramente mette al servizio delle persone la sua passione e conoscenza, con l’obiettivo di costruire storie che si forgiano di uno sguardo attento alla realtà.
Valerio Carbone, quali sono state le più grandi difficoltà che ha avuto quando è entrato nel mondo dell’editoria?
“L’editoria è un mondo abbastanza complesso e per certi aspetti poco accessibile. Ancora oggi mi scontro con le dicerie, i sentito dire e le false credenze che, ai tempi, mi avevano allontanato dal desiderio di farne parte. Oggi come allora, però, la difficoltà più grande è quella di costruirsi e di mantenere una propria credibilità nel settore”.
Come è nato l’amore per la scrittura e di conseguenza “Scrittura Efficace”?
“Credo di avere sempre ricercato forme espressive, e la scrittura è stata sicuramente una delle prime. È stata una passione, grande, che poi, con il tempo, lo studio e la dedizione, è diventata qualcosa di più. Il primo momento di questo percorso può essere rappresentato proprio dalla fondazione della mia casa editrice (‘Edizioni Haiku’, ndr). Era il 2010, e con il mio amico Flavio Carlini condividevo la stessa passione e una forte incoscienza: volevamo creare un progetto, una ‘casa’ che potesse raccogliere voci simili alla nostra, ma anche dissimili, per un certo senso: qualcuno che avesse comunque qualcosa da dire e da raccontare. Dopo tanti anni, ho capito che vi fosse la necessità di un network di scrittori a 360°, un luogo di formazione, informazione e condivisione: così è nata ‘Scrittura Efficace’, per supportare chi vuole scrivere e imparare a farlo in maniera professionale”.
Quale motivazione ha avuto per iniziare a fare corsi di scrittura?
“Diceva Carver e il suo maestro John Gardner che ‘la scrittura non si insegna, ma si può imparare’. Dal canto mio sono profondamente convinto che soltanto con la formazione, il confronto e la condivisione si riesca a crescere, in tutti gli ambiti, e così è per la scrittura. Con ‘Scrittura Efficace’ promuoviamo corsi di storytelling e narrazione, e facciamo delle giornate di formazione per inserimento e per creare collaborazioni esterne alla redazione. Teniamo costantemente corsi, webinar, open day per dare informazioni esatte e strumenti adeguati ad avvicinarsi a un mondo, spesso, poco inclusivo come quello dell’editoria”.
In qualità di editore, quali sono gli sbagli più comuni prima della pubblicazione di un libro?
“Dare credito alle velleità di qualsivoglia autore (fosse anche talentuoso) credo sia il più grande errore che un editore possa fare. La verità è che la pubblicazione di un libro sottende sempre un progetto che va oltre il libro stesso. In tanti anni di attività di errori ne abbiamo fatti tanti, ma questo è un bene perché dall’esperienza si è imparato sempre. Rimane l’amara, per quanto ironica, costatazione che per quanto la pubblicazione e il lancio di un progetto possa essere pianificato e studiato sino al minimo dettaglio, ci sarà sempre qualcosa che andrà storto: un ritardo della tipografia, dell’ufficio stampa, del distributore. Per questo il lavoro dell’editore è sempre un lavoro al limite”.
Alcuni dei suoi libri criticano in forma generale la società attuale: cosa vorrebbe veramente cambiare e a quale pubblico esattamente vorrebbe arrivare?
“Sono critico, se così vogliamo dire, di alcuni aspetti della società attuale, tutti quegli aspetti che ci allontanano dal nostro centro e che ci conformano a forme d’infelicità più o meno consolidate. La mia scrittura è un lavoro di consapevolezza. Tutti i miei libri possono essere accomunati dallo stesso messaggio: quello di riconnettersi con le proprie emozioni, i propri valori più intimi e nascosti, indipendentemente dai vuoti di significato a cui ci hanno abituato. Per questo mi rivolgo a chi è già in cammino verso qualcosa, a chi è in viaggio, persone che in un certo senso si sono fatte o si stanno facendo le stesse domande”.
In che modo nascono i suoi personaggi?
“Dall’osservazione. Osservo le persone e i loro comportamenti, ma osservo anche aspetti precipui del mio carattere. Dopodiché lavoro di sintesi, di sottrazione, costruendo personaggi multidimensionali, capaci di portare avanti i messaggi che voglio e di interlacciare rapporti emotivamente significanti fra loro”.
Ha già pubblicato diversi libri: durante la sua evoluzione crede che la sua scrittura sia migliorata e da quale punto di vista?
“È migliorata moltissimo, proprio perché formarsi e confrontarsi rende i propri punti di vista e il proprio stile meno rigidi e più efficaci. Evolvere ha significato, per me, eliminare il superfluo dalla mia scrittura, i troppi manierismi, la frase a effetto, arrivare così all’essenza, al giusto ritmo. Oggi riesco meglio a mostrare e a far vedere le immagini, e non più le parole o i ragionamenti sottesi: è la mia più grande conquista”.
Quanta autobiografia c’è nelle sue opere?
“Ce n’è abbastanza. A volte è meno esplicita, alle volte è più sfacciatamente presente. Io credo però che le proprie esperienze (che, come diceva Hemingway, sono una fonte inesauribile di ricchezza) possono tramutarsi in un bagaglio intralciante se non le si sanno bene padroneggiare. Molti romanzi contemporanei sono un inno triste all’individualismo e al narcisismo di chi li scrive. Io ho sempre cercato di non cadere in questa cattiva letteratura, anche in un romanzo come ‘Una messa in scena posticcia’ (www.brainstormingculturale.it/una-messa-in-scena-posticcia/), in cui utilizzo la mia autobiografia quasi simulando un’esaltazione del sé per poi ottenere l’esatto contrario: l’estinzione dell’autore e la sopravvivenza dell’opera”.
In quale delle sue opere ha faticato o ha trovato più difficoltà?
“Il mio libro più complicato è stato il primo romanzo (‘Il mercante d’acqua’, 2015 – https://www.brainstormingculturale.it/il-mercante-dacqua/). Sono stati tre anni di lavoro e, prima dell’editing, aveva già subito due riscritture integrali”.
Come riassumerebbe il suo ultimo romanzo “Una messa in scena posticcia”?
“È una riflessione sulla scrittura, come unica e autentica alternativa alla vita. Il tema del testo ha sfaccettature sì tragiche, eppure il romanzo è scritto con il piglio di una commedia degli equivoci. Più precisamente è una commedia di viaggio, in cui due amici (Sorcio e Banana, ndr) si ritroveranno, loro malgrado, ad attraversare un’Europa senza confini e a rincorrere qualcosa per arrivare e quello che troveranno alla fine della traversata, come è ovvio, lo sapranno soltanto loro”.
Quale suo libro consiglierebbe di leggere?
“Direi di partire da questo”.
Un consiglio per chi desidera scrivere
“Fiducia in sé stessi e nei propri mezzi. Formarsi sempre, e non accontentarsi mai”.
Agnese De Luca