Alessandro Boschi:
“Il compito dell’informazione e del giornalismo in genere dovrebbe essere, a parte l’onestà, farsi capire da chiunque ascolti”
Al “Castiglioni Film Festival”, quest’anno alla sua ottava edizione, abbiamo incontrato il giornalista Alessandro Boschi. Questa intervista, in effetti, non è casuale.
Boschi, il quale ha già partecipato a tre edizioni della rassegna che si svolge nel borgo toscano, si muove in ambito cinematografico con grande professionalità e di conseguenza ha a che fare con attori e registi di calibro nazionale e internazionale.
Abbiamo così colto l’occasione per farci raccontare i suoi esordi, quelli in cui ha iniziato a muovere i primi passi nel campo del giornalismo, per infine approdare alla conduzione di “Hollywood party”, programma di Rai Radio 3.
Alessandro Boschi, inoltre, ci illustra le differenze che fanno della radio e della carta stampata due mondi paralleli, ma non uguali.
Il suo modo di muoversi nel lavoro dunque lo ha affinato nel tempo, e ciò che pensa dell’editoria è un’idea che insiste sul costante mutamento, che va dalla carta stampata al web.
Una persona, Boschi, che ha le idee chiare, che esprime in modo eloquente le sue idee e lo fa con entusiasmo, perché la sua passione per il cinema e la comunicazione non terminano, bensì arrivano diritte a chi lo ascolta.
Alessandro Boschi, come è arrivato a lavorare a Radio Rai 3 e a strutturare un programma che si dedica ai film?
“Innanzi tutto non l’ho strutturato io, bensì sono arrivato a Radio Rai 3 quando ‘Hollywood party’ già esisteva. Ora mi occupo sia del lavoro di regia sia della conduzione sin dalla fine degli anni ’90.”
In che modo è iniziata la sua carriera di giornalista?
“Ho cominciato a scrivere su qualsiasi argomento, in particolare di politica e pallone, discipline che sono meno distanti di quanto si pensi. Prma sulle pagine de ‘Il Messaggero’ poi su quelle del ‘Corriere dell’Umbria’.”
Perché pensa che politica e pallone siano due mondi vicini?
“Entrambe le attività sono allo stesso tempo dei giochi.“
Che differenza c’è tra una redazione di un giornale e quella di una radio?
“Credo che sia una questione di ‘tempi’ e di dinamicità. La mia esperienza a Radio 3 si divide tra Testata e Rete. Lavoro infatti per quest’ultima: ‘Hollywood party’ non ha una vera e propria impronta giornalistica anche se diamo informazione, seguiamo i Festival cinematografici e facciamo interviste (noi conduttori siamo tutti giornalisti). In radio prevale la dinamicità, appunto, e la radio può far sentire la propria voce a molte persone.“
Come percepisce il mondo dell’editoria da quando ha iniziato a lavorare ad oggi?
“Sento che il mondo dell’editoria è in difficolotà: lo è da quando ho intrapreso i primi passi nel mondo del giornalismo e lo è tuttora. Sarà in difficoltà anche domani. Oggi giorno la carta stampata è un residuo del passato, sono pochi i giornali che resistono. Questo significa che un problema esiste, ma è pur vero che l’editoria continua ad andare avanti sia grazie ai contributi dello Stato – soprattutto per questi – sia perché l’editoria si adegua ai tempi, passando dalla carta stampata al web. L’Editore quindi racchiude in sé tante declinazioni relative all’informazione tanto da esercitare ancora il proprio lavoro adattandosi al presente.“
Quindi, sono cambiate di conseguenza le dinamiche dell’informazione?
“Si. È nata una sorta di ‘democratizzazione’, nel senso che chiunque può scrivere o far sentire la propria voce grazie ai social. Tuttavia, non è detto che ciò che sembra un’opera di democrazia sia meritoria ovvero ognuno ‘apre bocca’ o scrive quello che vuole. Tuttavia, ciò impone una metodologia di verifica e questo dà adito alle ‘fake news’, che possono distruggere delle persone da un’informazione che non è informazione, ma fabbrica di notizie false.”
È dunque un’informazione sbagliata che bisognerebbe correggere
“Si. Però chi corregge chi?“
Che cosa la stimola ancora a fare il suo mestiere di giornalista?
“Innanzi tutto è un lavoro! E sicuramente la passione per il cinema e per tutto ciò che riguarda la comunicazione. A tal proposito mi sono laureato in ‘Sociologia della Comunicazione’ quindi mi sono sempre interessati l’aspetto e le relazioni internazionali, e come viene percepita una notizia dalle persone e come la notizia – la stessa per tutti – viene compresa in maniera diversa. Significa che, in una situazione di apparente deformità, c’è sempre ua vasta gamma di impressione della stessa notizia.“
Lei si occupa di cinema: che cosa serve principalmente per parlare del settore e per intervistare chi lavora all’interno del comparto?
“Servono conoscenza e sensibilità. Esistono dei parametri nozionistici che non si posso eludere. Se si intervistano i personaggi famosi che partecipano al festival bisogna sapere quelle che sono le loro attività, il loro curriculum. Dopo le ‘prime schermaglie’ si deve essere in grado di riconoscere qual è lo spirito che anima la persona che si ha di fronte. Se è uno spirito che è in divenire, quindi vivace, oppure se è uno spirito che si è adeguato al suo mestiere, anche un’intervista può diventare una routine. Si deve conoscere, sapere ciò di cui si parla e necessariamente vedo molti film!“
L’utilizzo della terminologia tecnica, nello specifico cinematografica, può risultare utile sia in un articolo sia nell’intervista?
“Si, un po’, basta che non sia tecnicistica. L’italano è una lingua così varia che permette di essere divulgativo anche nei confronti di argomenti più astrusi ed ostici. Credo che il compito dell’informazione e del giornalismo in genere dovrebbe essere, a parte l’onestà, farsi capire da chiunque ascolti.”
Per acquisire informazioni e strutturare la critica dei film in particolare dà pero alla terminologia tecnica o si lascia andare alle emozioni che il film le rimanda?
“I film, li vedo prima di tutto di pancia, mentre l’attività critica serve a fornire degli strumenti a chi guarda, per orientare lo spettatore.”
Esiste differenza tra scrittura e la descrizione a parole di un film?
“No. Lo scritto rimane, al contrario le parole si possono rimangiare.”
Infine, qual è il film più bello che ha visto e l’intervista più interessante che ha svolto?
“Ho visto molto più di un film che mi ha ‘stordito’. Per quanto riguarda l’intervista, ricordo quella fatta tempo fa alla ex moglie di Vitaliano Brancati, intellettuale e scrittore, Anna Proclemer. Lei mi disse che il marito le aveva fornito gli strumenti per non sentirsi fuori luoghi in qualsiasi discussione avvenisse, per districarsi in qualsiasi situazione. Consiglio che seguo tuttora e ho fatto mio.“
Annalisa Civitelli
Foto: Civitas Creativa
Ringraziamo Alessandro Boschi per la sua disponibilità e per aver accettato l’intervista con entusiasmo