Marta Dell’Anno, Andrea Resce, Nicola Scagliozzi:
“Le rune sono magiche, la musica lo è di più!”
Il trio Alfabeto Runico, nome che dà anche il titolo all’album di esordio, mastica musica sin dall’infanzia. Dal conservatorio al palco sono avvezzi a ogni tipo di sonorità e linguaggio.
Le loro canzoni, dall’italiano al francese, dallo spagnolo all’italiano, rispecchiano una ricerca a tutto tondo diretta al mondo intero. Le melodie, altresì particolari, denotano Paesi e luoghi, che vengono disegnati attraverso le note e gli strumenti.
L’essenzialità dei ritmi accompagna verso un ascolto delicato e melodico, mai ruvido. Ci si perde dunque tra i brani di stampo fortemente classicoma aperto a variazioni sul tema: pizzicati, glissati, suoni vellutati, folk e ritmi diversi tra loro emergono con eleganza.
Echi lontani ci fanno viaggiare intorno all’Universo. Chiudendo gli occhi visitiamo posti incantevoli e la fantasia si fa sempre protagonista.
Un nuovo stile emerge nel vasto panorama musicale che oggi, risentendo di proposte qualitativamente valide, risuona come una dolce nota capace di congiungere tutte le popolazioni.
‘Alfabeto Runico’ uscito il 30 marzo scorso e prodotto da Apogeo Records lo possiamo definire un album veramente innovativo.
Raccontateci un po’ di voi
“La nostra amicizia nasce più di quindici anni fa, Andrea aveva 15 anni! Ci siamo conosciuti a Foggia, al Conservatorio, studiando la quarta di Beethoven nella classe d’orchestra. In tutti questi anni ognuno di noi ha ricercato, studiato, rovistato e suonato musica senza costrizione di genere. Ascoltiamo di tutto, adoriamo Schubert e Brahms, i Groundation e Bjork, la serenate alla chitarra battente e il klezmer”.
In che modo è nata la vostra collaborazione?
“La nostra collaborazione è nata naturalmente. Due anni fa ci siamo ritrovati tutti e tre a Foggia nel periodo natalizio, e abbiamo deciso, assieme ad un terzo contrabbassista, Stefano Pompilio (che è in Spagna), di preparare un programma per un concerto ai limiti della realtà: un’ispirazione dal ‘Viaggio al centro della Terra’ di Jules Verne”.
“Alfabeto Runico” rimanda immediatamente l’attenzione all’antico. “Runico” infatti deriva da “rune”, i segni dell’antico alfabeto germanico. Perché questa particolare scelta?
“Il nostro primo concerto lo abbiamo fatto due anni fa in provincia di Foggia, nei sotterranei della città di San Severo. Salivamo sul palco travestiti da speleologi e trovavamo un manoscritto in un antico alfabeto: l’alfabeto runico. Le uniche tracce in Europa sono presenti proprio in provincia di Foggia, nel Santuario di San Michele Arcangelo, a Monte Sant’Angelo, meta di pellegrini di tutto il mondo, dall’apparizione del Santo nel V secolo d.C. Le rune sono magiche, la musica lo è di più!”
Come nasce il vostro interesse per la musica e di conseguenza l’approccio verso la vostra preparazione?
“Veniamo da famiglie di musicisti e di appassionati di musica e soprattutto siamo figli di genitori curiosi. Insieme ad Andrea e Nicola, abbiamo sempre saputo di voler essere compositori: è la strada che abbiamo soltanto seguito, senza mai cercare di fare altro”.
“Alfabeto Runico” è il vostro album di esordio. Uscito il 30 marzo scorso si accosta a sonorità che intendono avvicinare, a livello musicale, molte realtà. La vostra intenzione, appunto, era comunicare il “senso di unione” tra i popoli?
“La nostra musica profuma di tutto quello che respiriamo. Non abbiamo mai costruito nulla, ci sono brani, come ‘Fluid’, che hanno un intro barocco e partono con una cumbia acustica e ballerina; ‘L’America’ è un brano tradizionale del Sud Italia (nella versione di San Marco in Lamis, Fg) con introduzione irish; ‘Perdo’ è rinascimento e reggae. Ci piace dunque scavare nelle possibilità dei nostri strumenti e definire, con le note, le immagini che abbiamo in testa”.