Intervista ad Ariele Vincenti
La democrazia del teatro abbraccia la collettività
Al teatro Vittoria di Roma in scena fino a domenica 7 maggio “Le Marocchinate” con Ariele Vincenti. Abbiamo così colto l’occasione di porre delle domande all’attore il quale ci racconta sia di sé sia dello spettacolo che, oltre ad essere rappresentato nei teatri, viene contestualizzato in luoghi non abituali e rimessi a nuovo per l’occasione, avvicinando i cittadini a un “teatro ecologico”, perché realizzato sul territorio.
Vincenti sente una grande responsabilità a interpretare testi dai registi civili che sin dai suoi esordi li fa suoi, poiché sente la necessità di divulgare e dare voce a storie emblematiche e popolari. L’attore infatti tiene a sottolineare il suo “senso democratico del teatro” inteso come integrazione collettiva.
Restituire al pubblico ciò che è suo per Vincenti è un compito da portare avanti facendo ri-scoprire le proprie origini e tradizioni, mantenendo viva la valenza storica del racconto che ne “Le Marocchinate” viene delegato a un pastore che funge da collante drammaturgico.
Ariele Vincenti è un’artista da seguire: può considerarsi un messaggero storico dei nostri giorni da cui apprendere e far proprie le nozioni acquisite.
Ariele Vincenti, è nuovamente in scena con “Le Marocchinate” con alle spalle molte date. Quali le sue emozioni ogni volta che sale su palchi diversi?
“Non nascondo che salire sul palco ogni volta mi provoca una forte emozione, ma in questo caso le mie emozioni cambiano in base al luogo dove faccio lo spettacolo in quanto mi trovo di fronte un pubblico diverso che ha voglia di scoprire una storia lontana che non è presente nei libri di storia. Mi sorprendono infatti le persone che si incuriosiscono e mostrano il loro interesse verso lo spettacolo come i ragazzi, quando lo porto nelle scuole, con i quali al termine dell’esibizione si creano dibattiti e intervengono animati dalla loro passione.”
In una precedente intervista ha asserito che per raccontare gli avvenimenti storici de “Le Marocchinate” lei è partito dalla realtà: in che modo si riporta la storia a teatro senza stravolgerla e rimandarla alla platea rimanendo fedele ai fatti storici?
“È stato un lavoro costante e complesso: dietro questo spettacolo c’è una ricerca meticolosa, articolata e lunga, nello specifico è durata un anno. Siamo andati nei luoghi dove sono avvenuti i drammi delle Marocchinate ad intervistare i ciociari, alcuni protagonisti e testimoni dei dolorosi accadimenti. Ci siamo avvalsi anche della consulenza di storici e pertanto il nostro compito, insieme a Cristicchi, è stato quello di catalogare e tradurre le informazioni analitiche affinché la drammaturgia risultasse aderente alle vicende.”
Per i suoi lavori collabora con vari artisti tra i quali anche Simone Cristicchi: come è nato il vostro sodalizio?
“Quello che ci lega innanzitutto è un forte legame di amicizia, poi condividiamo i valori umani e la semplicità: dietro ad essa si nasconde un grande tesoro.”
A proposito di semplicità, noi abbiamo assistito a “Esodo” uno spettacolo probo e diretto. Anche “Le Marocchinate” arriva al pubblico nell’immediato?
“Sì. È una fotografia teatrale di una storia accaduta durante la seconda guerra mondiale che non annoia mai e vive di un buon ritmo. È una pièce moderna, al passo con i tempi grazie alla regia veloce ed efficace di Nicola Pistoia, una persona sempre aggiornata e puntuale.”
Dal D.A.M.S. lei approda nei teatri e si fa conoscere per il suo impegno civile: il suo infatti è un teatro di denuncia. Quale motivo l’ha spinta ad interessarsi a tematiche sociali?
“L’esigenza di dare un valore, un senso rilevante al lavoro che faccio, dunque di dare un segnale a chi assiste ai miei spettacoli e poter generare di conseguenza un dibattito collettivo. Vorrei che ci si aprisse all’idea di una ‘democrazia del teatro’ per restituire la primaria essenza del teatro stesso, all’interno di una Polis che abbracci tutti, la collettività.”
Se nel ‘44 in Ciociaria si è scatenata la violenza sulle donne per via della guerra attualmente ancora assistiamo a idee patriarcali che schiacciano le donne secondo stereotipi, soprusi o addirittura femminicidi. È giusto affermare che nulla sembra essere cambiato?
“Sicuramente queste problematiche sono nella maggior parte dei casi ancora radicate all’interno della nostra società. Soffriamo tuttora di questo malessere che porta a sminuire le donne. I tempi di oggi patiscono questi preconcetti. Sicuramente ‘Le Marocchinate’ esprimono il senso della parità sessuale, purtroppo intorno a me non percepisco tale consapevolezza. Vorrei che le persone che assistono alla rappresentazione assorbissero ciò che viene rimandato loro e si abituassero ai gesti quotidiani fondati sull’educazione. Dovremmo imparare di nuovo ad essere più educati.”
Infine, quale messaggio vorrebbe arrivasse al pubblico odierno attraverso la rappresentazione di un dramma del passato?
“Il mio intento non è dare messaggi bensì stimolare il pubblico a trovare una sua chiave di lettura. Certamente il testo ha chiari riferimenti contro la guerra, rimanda al concetto di semplicità ma soprattutto vorrei evidenziare l’importanza delle nostre origini.”
Annalisa Civitelli
Ringraziamo Ariele Vincenti per la sua disponibilità all’intervista e per la sua immensa cordialità.