Intervista al Maestro Vincenzo Balzani
“Suonare è un mestiere. È un lavoro che richiede costanza, pazienza, organizzazione e promozione, specie oggi giorno che il numero di buoni esecutori è centuplicato rispetto ai miei tempi”
In questa intervista abbiamo l’onore di conversare con il Maestro Vincenzo Balzani, uno dei più noti pianisti italiani della sua generazione, che ha ottenuto numerosi premi e riconoscimenti in tutto il mondo.
Balzani sarà ospite dal 1° al 3 luglio nella splendida cornice del Teatro di Marcello, nell’ambito dei Concerti del Tempietto di Roma, per una Masterclass che si rivolge a chi studia il pianoforte a tutti i livelli al fine di esplorare la musica attraverso l’interpretazione pianistica, approfondendone tecniche, sfumature ed emozioni che suscita la musica stessa.
Oltre ad essere un virtuoso del pianoforte, il M° Balzani ha dedicato gran parte della sua vita all’insegnamento, alla direzione artistica di importanti concorsi internazionali e alla promozione della musica classica. In questo dialogo, esploreremo la sua carriera, le sfide che ha affrontato, i consigli rivolti ai futuri pianisti e i suoi progetti futuri.
Approfondire i lati di tali personalità permette dunque di conoscere anche le loro straordinarie carriere e circa l’utilizzo del pianoforte il M° Balzani fornisce preziosi suggerimenti mirati a migliorare la tecnica e sviluppare la propria personalità musicale, essendo capaci di affrontare le sfide del mondo della musica classica.
Quali sono stati i momenti più significativi della sua carriera finora?
“Quando ho eseguito per l’Accademia Filarmonica Romana le variazioni op. 120 Diabelli di Beethoven, in quell’occasione, Roman Vlad teneva una conferenza per il pubblico proprio all’interno dell’Accademia. Finita l’esecuzione, che ebbe grande successo, fui invitato da cinque direttori artistici di importanti istituzioni musicali italiane nelle loro rispettive stagioni concertistiche”.
Quali le più grandi soddisfazioni e quali le sfide più difficili da affrontare?
“La più grande soddisfazione, invece, la provai quando vinsi il Viotti nel 1971 (ultimo italiano che ha vinto questo concorso), mentre l’esecuzione del secondo concerto Ciaikovsky per il Teatro alla Scala per me fu un altro momento di grande appagamento”.
Cosa ha significato per lei rappresentare l’Italia in prestigiosi concorsi internazionali e che impatto ha avuto questa esperienza nel suo percorso artistico?
“Ho rappresentato l’Italia sempre con grande orgoglio, ma in realtà già dal luglio 1974 ho iniziato la mia carriera di membro di giuria nei concorsi internazionali. Il grande problema della nostra società contemporanea però è che echeggia il motto imperante ‘primeggiare’ e quindi il concorso pianistico è visto come uno scontro, una specie di incontro di pugilato dove i contendenti sono tanti: immaginate un ring sul quale salgano quaranta pugili che sanno che due, tre o forse sei saranno i vincitori. Non è educativo pensare che i concorsi siano visti come combattimenti. In 49 anni ho imparato a cogliere il meglio di ognuno senza vederlo come un nemico bensì come un collega dal quale ci sarà sempre da assimilare qualche cosa. Ho appreso inoltre che ciò che poteva essere il mio compito di docente era di insegnare non a diventare il migliore ma a crescere secondo la propria personalità ed i propri ritmi per dare il meglio di se stessi. Quindi il concorso dal quale si esce ‘istruiti’ e volti ad arricchirsi grazie alla conoscenza al confronto, ad un’autostima equilibrata ed ovviamente ad una altrettanto equilibrata autocritica”.
A tal proposito cosa pensa del sistema dei concorsi pianistici internazionali e come possono essere migliorati?
“I concorsi in genere, non solo quelli internazionali, servono a confrontare il proprio modo di suonare a quello di altri che provengono da altre scuole e da altri paesi. I concorsi dovrebbero sforzarsi di dare non solo un premio in denaro, ma anche occasioni di performance”.
Quali sono le tecniche pianistiche più importanti che ogni studente dovrebbe imparare per migliorare la propria tecnica e precisione?
“Controllare con il pensiero il movimento delle dita, della mano, del polso e della spalla, e al tempo stesso esercitarsi con i dodici fascicoli del grande metodo di Beniamino Cesi e gli studi di Czerny, Clementi, Chopin, Debussy, Ligeti, e tanti altri compositori. Dunque impratichirsi alternando esercizi di ginnastica delle dita per renderle più elastiche a quelli sulle cinque dita, le scale, gli arpeggi, le mani alternate, le doppie note, le ottave, i meccanismi difficili e così via”.
Quali sono i principali errori che gli studenti di pianoforte commettono e come questi si possono evitare?
“L’errore principale sta nella prima lettura del brano dove vengono trascurate molte delle indicazioni scritte e la non conoscenza dell’autore che si va ad affrontare. Si possono dunque evitare parecchi sbagli prestando una maggiore attenzione durante la prima lettura dell’opera che non deve limitarsi alle sole note, bensì ad ogni piccolissimo segno e minimo dettaglio timbrico, ritmico e dinamico”.
Come è cambiato l’insegnamento del pianoforte dall’inizio della sua carriera ad oggi e quali, secondo lei, le maggiori evoluzioni?
“L’insegnamento del pianoforte non è cambiato, si è evoluto molto a livello tecnico, anche se non sempre a tale evoluzione corrisponde un concreto sviluppo della personalità musicale”.
In che modo si può sviluppare la propria personalità musicale e interpretativa?
“Innanzitutto conoscendo il passato, quello glorioso dei grandi interpreti della prima metà del ‘900, che oggi si trovano facilmente su youtube, ovviamente sapendoli cercare. Di seguito si deve approfondire la storia, la sua trasformazione sia in campo artistico sia scientifico: un esempio tra tutti ‘Il 600’ di Umberto Eco. Dunque, essere in grado di comprendere e collegare tra loro avvenimenti, cause, effetti – e tanto altro – che ci riguardano da vicino”.
Che ruolo ha avuto il M° Alberto Mozzati nella sua formazione e quale il contributo più prezioso che le ha trasmesso?
“L’incontro con Alberto Mozzati è stato per me illuminante. Avevo 13 anni e venivo da quattro anni di studio senza aver voglia di imparare, poiché avevo un maestro che ‘dormiva’ e non mi dava alcun consiglio. Da subito fui coinvolto nello studio metodico e grazie agli insegnamenti di Mozzati in sei mesi preparai i ‘Dieci studi di Chopin’ che portai al compimento inferiore, e a 14 anni decisi di fare il pianista! Senza di lui oggi, penso, sarei un buon ingegnere come mio padre, anche se non tanto bravo quanto lui. Il mio Maestro, per di più, mi ha fatto amare da subito la cultura del bel suono, del bel canto e della musica tout court!”
Come si può analizzare la struttura e il significato della musica per poterla interpretare al meglio?
“Per prima cosa occorre analizzare la composizione lontano dal pianoforte e cercare di capire la struttura della forma musicale che si ha davanti: sonata, fuga, toccata, ect.. Soprattutto bisogna conoscere il compositore e la sua vita, servendosi di registrazioni storiche, lettere e documenti scritti, testimonianze dei suoi contemporanei”.
Quali sono i suoi consigli per predisporsi al meglio alle esibizioni pubbliche e per gestire lo stress da palcoscenico?
“Ho due o tre consigli da dare: lavorare bene sull’analisi della forma e dell’armonia; provare allo strumento – molto lentamente – il brano studiato, cercando di pensare e cantare ogni nota, soprattutto rifuggire dalla memoria meccanica che, se preponderante, finisce per non costituire garanzia di padronanza profonda. La memoria meccanica con la paura si blocca e le amnesie hanno gioco facile; cercare quindi di suonare in pubblico sin da piccoli e con continuità. Più si suona in pubblico con frequenza, più si è in grado di contenere lo stress da palcoscenico”.
Quali sono le differenze principali tra il pubblico della musica classica in Italia e all’estero, in particolare in Cina dove lei si esibisce regolarmente?
“La differenza principale è proprio tra Occidente e Oriente che si è avvicinato alla musica classica dopo la seconda guerra mondiale. In alcuni casi molto dopo – vedi la Cina -, quindi il pubblico orientale è ancora grandemente affascinato dal linguaggio musicale occidentale, anche se non sempre in grado di collocarlo nel giusto contesto storico”.
Come valuta il livello attuale dei giovani pianisti e quali sono le sfide principali che devono affrontare per emergere?
“Il livello dei giovani pianisti oggi è altissimo, specialmente dal punto di vista tecnico. Per quanto riguarda il ‘talento’ si può dire che i giovani con peculiari inclinazioni musicali sono tanti anche se il solo talento non è sufficiente per poter emergere, perché suonare è un mestiere. È un lavoro e ogni lavoro richiede costanza, pazienza, organizzazione e promozione, specie oggi giorno che il numero di buoni esecutori è centuplicato rispetto ai miei tempi”.
Quali sono i compositori che lei preferisce suonare e perché?
“I miei due autori preferiti sono Beethoven e Liszt poiché si assomigliano e hanno molti punti in comune. Liszt, allievo di Czerny che a sua volta fu allievo di Beethoven, era un architetto del periodo romantico. Nelle sue composizioni Liszt ha sempre dovuto limare il superfluo ed in alcuni suoi capolavori, quali la ‘Sonata in Si minore’, è riuscito a modificare la bozza iniziale realizzandone una versione definitiva perfetta. Consiglio a tutti i musicisti di mettere a confronto la prima stesura della ‘Sonata in si minore’, con la quella definitiva! Beethoven faceva lo stesso”.
Quanto è importante per un musicista classico oggi sapersi promuovere e quali canali utilizza principalmente?
“La promozione per un musicista classico oggi è fondamentale specialmente sui social”.
Lei sarà ospite al Teatro di Marcello di Roma per una masterclass rivolta a chi studia il pianoforte a tutti i livelli: cosa si aspetta da tale esperienza e quali nozioni intende divulgare a chi si approccia allo strumento?
“Quando ho iniziato ad insegnare al Conservatorio di Piacenza avevo 21 anni e ho avuto la fortuna di avere ‘tutti pulcini’ in classe che, per la maggior parte, partivano da 0 dalle basi. Io ne sapevo più sugli studi di Chopin che sui primi rudimenti dell’approccio alla tastiera. Il mio straordinario Maestro, da cui ho ereditato la passione e la conoscenza della didattica pianistica, ogni giorno al mattino riceveva una mia richiesta di aiuto per sapere come dovevo risolvere i vari problemi che i ‘giovani pulcini’ si trovavano ad affrontare. Molti anni dopo, verso il 2010, una vecchia allieva del mio Maestro mi chiede di organizzarle un concorso per amatori. Dal 1974/5 ero in giuria dei concorsi per i professionisti, ma nel corso degli anni e degli incontri con altri musicisti ho saputo dell’esistenza di concorsi per amatori in tutto il mondo. Così ho inventato il ‘Piano Lover Inter Competition’ diviso in categorie al contrario di competizioni professionali: dai 40 ai 49, dai 50 ai 59 e dai 60 ai 69 e finalmente dai 70 anni in su. Per me, avere a che fare con il pianista ‘novizio’ che, dopo aver lasciato lo studio tradizionale di conservatorio e costretto ad abbandonare per laurearsi e dedicarsi ad un lavoro, decide di riprendere gli studi dello strumento a 70 anni con problemi di artrosi o altro, è molto stimolante. Per me ogni persona che si dedica allo studio del pianoforte è un santo e come tale va rispettato ed aiutato con pazienza e passione. Per questo intendo rendere questa masterclass irripetibile: desidero donare le mie competenze affinché studenti e studentesse le apprendano al meglio e le applichino in futuro al fine di trasformare e raffinare le loro carriere”.
Infine, quali sono i suoi progetti futuri e quali sono le sue aspirazioni come musicista e insegnante?
“Il primo progetto che devo realizzare entro quest’anno, ormai sono 50 anni di carriera didattica, è la pubblicazione di un volume su un argomento per me fondamentale per lo studio del pianoforte, nel desiderio di aiutare lo studente di pianoforte a capire ciò che legge, come ogni altro strumentista (archi , fiati ecc). E la mia aspirazione principale è quella di vedere che i pianisti possano finalmente essere più precisi nella lettura di uno spartito. In 50 anni ho dovuto ripetere gli stessi concetti imparati da ragazzo migliaia di volte, addirittura dovendo ripeterli allo stesso allievo cui li avevo spiegati nelle lezioni precedenti”.
Filippo Novalis
È stato affascinante indagare le esperienze del M° Balzani rappresentante dell’Italia in prestigiosi concorsi internazionali come approfondire le sue considerazioni sulle differenze tra il pubblico della musica classica in Italia e all’estero.
Lo ringraziamo per la sua disponibilità e per aver condiviso la sua passione per la musica.
FRANCESCO ARDIZIO
Ottobre 21, 2023 @ 3:22 am
Un grandissimo pianista- Ho avuto la fortuna di poterlo ascoltare nel Teatro Metropolitan di Boscotrecase negli anni 80 ed anche a Torre Annunziata nella Chiesa Evangelica Luterana. Semplicemente straordinario e raffinato.