Cesare Capitani porta in scena il suo ormai rodato “Io, Caravaggio”, debuttato nel 2010 al festival di Avignone e che festeggia in Italia la cinquecentesima replica. Insieme a lui c’è Laetizia Favert, che lo accompagna anche con il canto. Dal 12 al 17 febbraio all’Off Off, nuova realtà nel panorama del teatro indipendente romano
Sono passati quasi dieci anni da quando Capitani adattò per la scena il romanzo di Dominique Rodriguez, “Corsa all’abisso”, portando sul palco la figura controversa di Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, un artista decisamente ai margini della società. Il sodalizio con Laetitia Favert arricchisce lo spettacolo di suggestioni musicali in parte originali, in parte di repertorio cinquecentesco, da Monteverdi a Gesualdo.
Il pubblico si trova davanti un palco che sembra quasi impreparato a ricevere visite, e con il buio sprofonda in un’oscurità in cui ben presto riconosce quello sfondo nero che rende inconfondibili i quadri di Caravaggio.
Cesare Capitani, interprete e regista, crea un impianto visivo in cui i tagli di luce e le fisicità evocano impeccabilmente le atmosfere dei dipinti dell’artista lombardo. I corpi dei due attori emergono dallo sfondo come delle sculture che respirano, si guardano e si toccano.
In un gioco di passaggi tra voce narrante e canto, tra teatro e pittura fatta di corpi, il protagonista si mostra scalzo, sanguigno e irriverente, e ci guida attraverso la storia dell’infanzia e della vita da pittore, nella scalata dalla miseria ai grandi palazzi della Roma papale fino alla fuga da fuorilegge e alla morte storicamente incerta, in merito alla quale la pièce segue lo spunto del romanzo.
Come se attraversassimo una pinacoteca, ci vengono rivelate la genesi e le identità nascoste dietro ai personaggi delle tele. La Favert si offre come modella nei panni di Mario, il garzone di bottega che Caravaggio sceglie come soggetto preferito, musa ispiratrice e amante proibito, complice di quella corsa all’abisso di cui egli spesso ha il presentimento e a cui sceglie di abbandonarsi; vive una oscura libido mori che attraverso i bassifondi di Roma, della Sicilia e di Napoli, lo condurrà inevitabilmente a una morte violenta.
Michelangelo Merisi ha lavorato per i Papi e dipinto tele sacre rimanendo sempre con i piedi ben conficcati nella melma da cui era nato e in cui si è sempre identificato. Il testo racconta con ironia anche le alte gerarchie ecclesiastiche di una Roma pontificia che oscilla tra l’estasi divina e gli impulsi carnali; in mezzo a questi si colloca il pittore, che dipinge i personaggi del cielo ma si rivolge sempre verso l’oscurità.
E’ tangibile la cura che è stata usata in questo spettacolo; la trasposizione riesce, oltre a rivelare di più su un personaggio oscuro, ad aprire molte riflessioni, tra cui quella sul rapporto tra arte e potere: Caravaggio dipinge la realtà che vede, senza ideologia o fini alti, e per questo sconvolge a tal punto che serve un avvocato per giustificare i suoi dipinti davanti all’inquisizione.
Il pittore rimane in silenzio: sentire un’artista che parla della sua poetica è come ascoltare una prostituta che psicanalizza i suoi clienti: finto, e di sicuro superfluo.
Maria Costanza Dolce
Off Off Theatre
dal 12 al 17 febbraio
Io, Caravaggio
regia di Cesare Capitani
con Cesare Capitani e Laetizia Favert
luci di Dorothée Lebrun