Nel cuore pulsante delle strade di Bari, tra vicoli intrisi di storia e atmosfere cariche di tensione, un film ha saputo catturare l’anima autentica della città come nessun altro. Con ‘LaCapaGira’, il regista Alessandro Piva ci trasporta in un viaggio emozionante attraverso il tessuto sociale e culturale degli anni ’90, offrendo uno sguardo intimo e vibrante sulla vita quotidiana dei suoi abitanti. Attraverso un mix di umorismo nero, tensione cruda e autenticità dialettale, questa opera rivela il genio creativo di Piva e il suo talento nel raccontare storie che restano impresse nella memoria dello spettatore. Un’esperienza cinematografica avvincente, arricchita da una colonna sonora avvolgente e da interpretazioni magistrali, che continua a suscitare emozioni e riflessioni anche dopo anni dalla sua realizzazione
Ci sono opere cinematografiche destinate a perdurare nell’immaginario collettivo più di altre, sia perché riflettono profondamente la società sia perché esplorano le sfumature dell’umanità, offrendo uno sguardo su un preciso momento storico e un segmento della collettività, fino a diventare quasi manifesti della loro epoca.
Si pensi a Bari degli anni novanta: una città attraversata da una complessa rete di criminalità e scontri tra bande, ma anche segnata dall’episodio dell’arrivo della nave Vlora che, dalla costa albanese, portò ben diciottomila persone che hanno trovato accoglienza nella grande umanità dei cittadini, pronti a dare una mano.
Inoltre, non possiamo dimenticare i piccoli malviventi di quartiere che, per sbarcare il lunario, si cimentavano nel contrabbando di sigarette e altro ancora.
LaCapaGira: il Sud territorio allora sconosciuto
Nel panorama cinematografico e televisivo, pochi erano coloro che si erano avventurati a raccontare Bari e la Puglia in generale.
In quegli anni, il Sud Italia rimaneva ancora un territorio in gran parte sconosciuto al grande pubblico, un ambito ancora inesplorato, un po’ misterioso agli occhi del resto del Paese. Diversamente da oggi – si capisce -, grazie alla proliferazione di comici come Checco Zalone e Uccio De Santis, e attori di calibro come Sergio Rubini ed Emilio Solfrizzi.
In questo contesto, un giovane regista barese, Alessandro Piva, ebbe un’idea geniale: portare la realtà della vecchia Bari e della città stessa nella sua eterogeneità davanti alla telecamera, introducendo personaggi fittizi ispirati alla vita di strada, il tutto declinato interamente in idioma barese!
La scelta di Piva quindi fu audace e chiara: far recitare il cast in dialetto, inserendo i sottotitoli al fine di coadiuvare il pubblico italiano alla comprensione dei dialoghi. Il titolo dell’opera? ‘LaCapaGira’, un’espressione tipicamente barese che evoca preoccupazione e pensierosità.
LaCapaGira: l’opera vive di vita propria
La pellicola non si dipana attraverso una trama lineare, bensì catapulta immediatamente lo spettatore nell’atmosfera del quartiere.
Il boss locale, Carrarmato (Mimmo Mancini), si aggira per le strade, ansioso per una consegna di stupefacenti proveniente dall’Albania, affidata ai suoi due scagnozzi Pasquale e Minuicchio, due fannulloni che preferiscono trascorrere il tempo nei bar e fumare spinelli.
Quando il pusher albanese effettua la consegna, prima del punto stabilito, scatenando il caos, Pasquale e Minuicchio si ritrovano a cercare freneticamente la droga smarrita. Nel frattempo, Sabino (Dante Marmone) gestisce un bar che nasconde una sala di videopoker clandestina e si dedica al contrabbando di sigarette e droga insieme ai suoi amici, in attesa della merce.
Da qui in avanti, una serie di imprevisti e situazioni tragicomiche si susseguono, immergendo lo spettatore nel quotidiano dei piccoli criminali. Siamo così trasportati nel flusso tumultuoso degli eventi e nella vita dei personaggi, resi ancora più vividi dalla vibrante colonna sonora di Ivan Iusco, basata su sonorità techno e rock, molto in voga agli inizi degli anni 2000.
Man mano che l’opera procede, ci si sente sempre più parte del mondo narrato, dove la linea tra il bene e il male è sottile, e dove si inseriscono personaggi imperfetti ma umanamente complessi: ci si riconosce in essi.
Infatti, è importante ricordare che il lungometraggio racconta di delinquenti, dunque non modelli di comportamento da seguire. Tuttavia, la loro autenticità e coinvolgenza trasportano la platea, lasciando un frammento di Bari nel cuore.
Alessandro Piva: un talento sottovalutato
Alessandro Piva si rivela un regista da scoprire, le cui opere, nonostante l’ingiusta scarsa attenzione da parte del mainstream, sono autentiche perle (basti pensare anche a “Mio Cognato”, con Sergio Rubini).
La sua genialità risiede nella capacità di catturare la veridicità della vita quotidiana a Bari: ogni angolo, ogni dialogo, ogni gesto è intriso di spontaneità.
Paragoni con altre opere cinematografiche possono essere utili per comprendere l’unicità di ‘LaCapaGira’ come “L’albero degli zoccoli” (1978) di Ermanno Olmi, recitato completamente in bergamasco.
Se poi pensiamo a “Gomorra” di Matteo Garrone o a “Cidade de Deus” di Fernando Meirelles, troviamo similitudini con quell’universo dove si mette in scena l’esistenza nelle periferie urbane (in questo caso di Napoli e Rio de Janeiro): Piva, in ‘LaCapaGira’, aggiunge un tocco di umorismo poetico e ironia, tipico della cultura barese.
Anche il cast riveste un ruolo fondamentale: Dino Abbrescia e Paolo Sassanelli, all’ora ancora sconosciuti, avrebbero poi raggiunto il successo nella televisione italiana, insieme a una serie di talentuosi attori come Dante Marmone, Mimmo Mancini, Tiziana Schiavarelli, Nicola Pignataro, e i compianti Mino Barbarese e Manrico Cammarota, veri pilastri del teatro barese.
‘LaCapaGira’ ha ottenuto una nomination al David di Donatello nel 2000 nella sezione cinema indipendente, mentre Alessandro Piva ha vinto il Nastro d’Argento come miglior regista esordiente.
Se volete gustare questo gioiello del cinema italiano, potete trovare il lungometraggio completo su YouTube, gentilmente concesso dallo stesso regista:
https://www.youtube.com/watch?v=J6oNiD0Y1mU
Andrea Di Sciullo
LaCapaGira
Regia Alessandro Piva
con
Dino Abbrescia Minuicchio
Paolo Sassanelli Pasquale
Mimmo Mancini Nino Carrarmato
Dante Marmone Sabino
Mino Barbarese Pinuccio
Teodosio Barresi Peppino
Nicola Pignataro Nicola
Pinuccio Sinisi Lillino
Tiziana Schiavarelli signora Nina, moglie di Lillino
Flamur Bea il corriere albanese
Manrico Gammarota maresciallo dei Carabinieri
Soggetto e Sceneggiatura Alessandro Piva
Fotografia Gianenrico Bianchi
Montaggio Thomas Woschitz, Alessandro Piva
Musiche Ivan Iusco
Scenografia Maria Teresa Padula
Produttori Alessandro Piva e Umberto Massa