‘La legge di Lidia Poët’ è una serie italiana che ha riscosso un successo globale: dopo la sua uscita, è rimasta per settimane nella Top 10 dei prodotti più visti su Netflix in ben 55 Paesi. È ispirata alla vera storia di un’avvocata torinese alla quale, nella società di fine Ottocento, è stato impedito di esercitare l’avvocatura, poiché considerata una pratica inadatta alle donne. Ma c’è chi ha sottolineato alcune inesattezze storiche
‘La legge di Lidia Poët’ è uscita il 15 febbraio 2023 su Netflix e, da subito, ha conquistato il grande pubblico. C’era da aspettarselo: una figura femminile, unica donna in un mondo di uomini che la sminuiscono e che quindi, per farsi prendere sul serio, deve sfoderare una determinazione e un impegno che ai suoi colleghi non sono richiesti, è un personaggio che non può che conquistare e ispirare una buona fetta di popolazione globale.
Tanto più se la figura in questione è realmente esistita e le sue azioni hanno davvero provocato un cambiamento nella società.
Infatti Lidia Poët, nella serie interpretata da Matilda De Angelis, nacque nel 1855 in provincia di Torino e nel 1883 divenne nota come la prima donna iscritta all’Ordine degli Avvocati in Italia.
Tuttavia, solo qualche mese dopo la sua iscrizione, la Corte d’Appello di Torino ordinò che Poët venisse cancellata dall’Ordine e che le fosse impedito di praticare l’avvocatura.
Le parole utilizzate per motivare la sentenza sono riportate nel primo episodio della serie:
“Alla Corte risulta evidente che l’avvocatura è un ufficio nel quale le femmine non devono, punto, immischiarsi. Sarebbe, infatti, disdicevole e brutto vedere le donne accalorarsi in discussioni oltre ai limiti che al sesso più gentile si conviene di osservare. Non occorre nemmeno di accennare al rischio cui andrebbe incontro la serietà dei giudizi se si vedesse la toga dell’avvocato sovrapposta ad abbigliamenti strani e bizzarri, che non di rado la moda impone alle donne. E non si deve, quindi, chiamare la donna a funzioni per le quali essa non è adatta per la sua stessa costituzione organica, o che le impediscano di attendere e di compiere le altre mansioni di sua specifica competenza, soprattutto in ambito familiare.”
Proprio a partire da questo avvenimento prende forma la trama della serie, la quale si sviluppa in sei episodi.
La legge di Lidia Poët:
intrecci tra personaggi e linee narrative
Dopo la sentenza, una disperata Poët si reca a casa del fratello Enrico, anch’egli avvocato, interpretato dall’attore Pier Luigi Pasino. Chiede di potergli fare da assistente, poiché vuole continuare a esercitare la sua professione nonostante le sia stato di fatto proibito e, nel frattempo, prepararsi a presentare ricorso.
Enrico Poët inizialmente le nega il suo aiuto, sia perché il legame con la sorella non è solido, in quanto lei ha abbandonato la famiglia per via dei suoi rapporti tesi con il padre che la voleva sposata a un uomo che lei non amava, sia perché è d’accordo sul fatto che le donne non dovrebbero essere avvocate.
Della stessa opinione è la moglie di Enrico, Teresa Barberis, i cui panni sono vestiti dall’attrice Sara Lazzaro. A supportare la zia è invece la figlia dei due coniugi, Marianna Poët, interpretata da Sinéad Thornhill.
Data la sua caparbietà, Lidia ottiene comunque asilo a casa del fratello e della sua famiglia, con cui vive anche il giornalista Jacopo Barberis, fratello di Teresa e reso su schermo da Eduardo Scarpetta.
Jacopo si pone però in una posizione ambigua nei confronti di Lidia: ne scrive sul giornale, la accompagna a esaminare i casi che segue come assistente, inizia con lei una relazione di stima e amicizia che sfocerà in qualcos’altro, ma c’è qualcosa nel suo modo di fare che instilla dei dubbi nella donna.
La quale, tra l’altro, ha già una relazione ambigua con un altro uomo. È Andrea Caracciolo, interpretato da Dario Aita, che fin dal principio vediamo intrattenere rapporti sessuali con la protagonista, e tuttavia non sembra essere il suo interesse romantico principale.
Una figura femminile potente
Così, la serie si dipana in diverse linee narrative: alcune sono orizzontali, e cioè si arricchiscono di nuovi dettagli puntata dopo puntata, come quella riguardante le relazioni della protagonista e il suo percorso per tornare a praticare il mestiere di avvocata. Al contrario, l’altra linea, quella dei casi per cui Lidia ottiene di lavorare a fianco di Enrico, è verticale, ovvero narra vicende che sono autoconclusive in ciascun episodio.
Il risultato è un prodotto che crea molteplici trame da seguire e alle quali appassionarsi e che porta in scena diversi personaggi per cui tifare o meno e sui quali farsi un’opinione per poi, eventualmente, ricredersi.
Matilda De Angelis è una Lidia Poët dinamica, divertente, non scontata. I dialoghi tra i personaggi sono veloci e le situazioni che si creano tra loro fanno venire voglia di continuare ad approfondire, così come i casi su cui i Poët e Jacopo indagano, quasi fossero in una qualsiasi puntata di un procedural drama.
In più, è da sottolineare il merito dei produttori che hanno voluto far conoscere una figura femminile potente come quella di Lidia Poët, realmente esistita e in grado di ispirare donne appartenenti a generazioni molto distanti dalla sua.
Proprio perché la storia fosse alla portata di spettatrici e spettatori contemporanei, le convenzioni e il linguaggio ottocentesco sono stati rivisti in una chiave più attuale. Una scelta, questa, che non è stata apprezzata da tutti.
L’aderenza storica è ciò che più conta?
Infatti, parte del pubblico ha lamentato che, ne ‘La legge di Lidia Poët’, i personaggi parlino e si comportino in maniera poco realistica per i tempi in cui si trovano.
La stessa Lidia utilizza spesso parolacce, è sfrontata e, come accennato, intrattiene rapporti sessuali con uomini con i quali non ha ufficialmente una relazione. Non ci sarebbe nulla di male in questo se non fosse che, in effetti, nell’Ottocento tale comportamento era molto più raro rispetto a quanto lo sia oggi.
Lo sottolinea persino una discendente di Lidia, Marilena Jahier Togliatto, che si è detta sdegnata per la rappresentazione fatta nella serie della sua lontana parente. Ha osservato, inoltre, che la Poët non ha mai intrattenuto relazioni con uomini: infatti, il suo mestiere le ha sempre assorbito per intero tempo ed energie, facendo sì che vivesse da nubile per tutta la sua vita.
Insomma, sia Jacopo sia Andrea sono personaggi di fantasia, mentre non lo è Enrico Poët né il ruolo che ha avuto Lidia come sua assistente.
Il finale aperto
È chiaro che la storia dell’avvocata sia stata alquanto romanzata e, inoltre, ci sono dubbi sul fatto che sia stata davvero la prima donna a esercitare il mestiere in Italia.
Già tre secoli prima, infatti, la tranese Giustina Rocca avrebbe pronunciato una sentenza presso il Foro della sua città. Tuttavia, pare che il suo fosse un caso isolato e che il primato dell’iscrizione all’Ordine degli Avvocati rimanga comunque da attribuire a Poët.
In qualsiasi caso, varrebbe la pena riflettere su quello che sarebbe opportuno pretendere da una serie prodotta e distribuita da Netflix.
Che sia completamente aderente alla realtà? O che sia appetibile al punto di riuscire ad avvicinare un pubblico contemporaneo a una personalità del passato che è importante conoscere e di cui, se si vorrà sapere la vera storia, si potrà in seguito fare qualche ricerca a schermo spento?
Ciascuno risponda secondo coscienza. E, in base a questo, decida se sperare o meno nell’annuncio di una seconda stagione: non vi sono ancora conferme a tal proposito ma, dato il finale aperto del primo capitolo e il successo ottenuto in tutto il mondo, non è difficile immaginare un rinnovo della serie.
Eva Maria Vianello
Foto dal web
La legge di Lidia Poët
con
Matilda De Angelis Lidia Poët
Pier Luigi Pasino Enrico Poët
Eduardo Scarpetta Jacopo Barberis
Sinéad Thornhill Marianna Poët
Sara Lazzaro Teresa Barberis
Dario Aita Andrea Caracciolo
Produttori Matteo Rovere, Guido Iuculano, Davide Orsini
Casa di produzione Groenlandia
Distributore Netflix
Genere Giudiziario, in costume, giallo
Anno 2023