La capacità di pensare
Al teatro Piccolo Eliseo di Roma, dal 18 al 24 aprile, si è svolta la nona edizione del Fringe Festival. Una versione in streaming in cui si sono susseguiti ventuno spettacoli dai registri differenti: dal sociale al mimo, dallo storico all’acrobatica aerea, dalla tradizione all’arte. Uno di questi è un intenso monologo che risalta la figura di Hannah Arendt, ebrea, politologa, filosofa e storica tedesca
Marianna De Pinto incarna Hannah Arendt. La Compagnia teatrale Acasa di Bari sceglie di portare in scena al Piccolo Eliseo la storia di una giornalista e docente universitaria statunitense, per narrare il dramma degli ebrei.
La protagonista indossa un classico tailleur e si presenta al pubblico fiera, come un’esperta di teoria politica, una donna ebrea, una moglie e una scrittrice.
Ebrea, orgogliosa delle sue origini, è vissuta in Germania, poi in Francia e infine negli Stati Uniti d’America, dove rimase apolide dal ‘37 al ‘51, anno in cui ottenne la cittadinanza.
Il monologo scritto da Valeria Simone ha una struttura narrativa valida e argomenta su dei principi essenziali: l’unicità e la diversità dell’essere umano, e la scelta di fare del bene o del male.
“Ciò che ci distingue davvero sono le parole che diciamo”
L’impeccabile recitazione de la Di Pinto dunque di trascina all’interno della storia che ancor oggi, attraverso la memoria, cerchiamo di non dimenticare: le deportazioni nei campi di concentramento; i regimi totalitari; le brutalità degli ufficiali nazisti nei confronti degli ebrei; gli insulti nei confronti della razza ebrea e la sua esclusione dalla società, e così via.
Emergono di conseguenza il senso della difesa e della dignità: una sorta di tutela verso se stessi, in nome di un rispetto meritato.
L’attrice dona ritmo alla performance grazie alle parole che esprimono crudeltà e al contempo sono veritiere. Abbiamo la percezione che questa idea ci venga rimandata soprattutto dal racconto del processo contro Eichmann che si tenne in Israele, a cui la stessa Arendt assistette in veste di reporter.
Ed è proprio da questo punto che si entra nel registro filosofico–storico della pièce, una sorta di cronaca che guida lo spettatore nella descrizione della personalità dell’ufficiale tedesco – e non solo –, uomo che in realtà si limitava a eseguire gli ordini e che credeva che lo sterminio significasse rispettare le regole. Ma non quello di uccidere persone.
Si scardina così il concetto di ideologia sull’individuo, quando dall’altro lato si rispettava la morale nazista e l’inconsapevolezza della persona di aver compiuto del male, delle azioni criminali in una totale “un’assenza di pensiero”.
Quanto pertanto, analizzare la realtà può aiutare altri esseri umani a esimersi dal commettere del male? Diviene una questione di coscienza, che viene interpretata come un’arma per conoscere se stessi.
Quando tuttavia essa smette di funzionare si perde la stabilità della collettività: “la perdita di coscienza può diventare pericolosa all’interno degli Stati democratici, perché prepara il terreno alla violenza”. E se guardiamo ai nostri giorni non siamo poi molto distanti da questa ottica.
La regia della stessa Simone è semplice e si concentra principalmente sul testo; anche la scenografia è essenziale e la De Pinto si muove al suo interno con agilità.
La rappresentazione gode di un ottimo gioco di luci, quasi a caricare le inquadrature della diretta streaming di effetti fotografici, mentre la poca musica, che completa l’insieme, si compone di una lirica tedesca, di un brano al pianoforte e del rumore del vento, che segnano i cambi scena.
Abbiamo di fronte una figura femminile divenuta libera, che in America ha trovato accoglienza e libertà, appunto. “Tu che cosa sei?”: lei è amore per le persone. Il personaggio non vuole essere incasellato all’interno di una categoria precisa.
‘La Pescatrice di perle – Breve conversazione con H. A.’ oltre a mettere in relazione filosofia e politica, porta con sé valori, storia e tradizioni, un excursus profondo che ci fa capire il passato per arrivare al presente: “Gli esseri umani non sono nati per morire, ma per cominciare”.
Lo spettacolo è da vedere: è entrato in finale al Roma Fringe Festival, tenutasi al teatro Vascello il 26 aprile. Purtroppo non ha vinto, ma sicuramente sarebbe da portare all’interno delle scuole, affinché si dia ancora voce alla testimonianza di cui abbiamo urgente necessità.
Annalisa Civitelli
Acasa da Bari
La Pescatrice di perle – Breve conversazione con H. A.
20 aprile in streaming dal Piccolo Eliseo
Drammaturgia e regia Valeria Simone
con Marianna De Pinto
Comunicazione e ufficio stampa Marilù Ursi
Progetto grafico Maria Grazia Morea
Collaborazione artistica Marialuisa Longo