La cronaca ce lo dice chiaramente: la violenza di genere in Italia è una delle più grandi piaghe sociali del nostro tempo. In ogni settore della società, infatti, la donna è spesso oggetto di violenza, fisica o psicologica. Il cinema sovente ha trattato queste tematiche in pellicole di vario genere, ma poche hanno saputo approfondire le varie sfumature della violenza come ‘La sposa nel vento’ di Giovanni Coda, attraverso la musica, un’eccellente fotografia ed un impressionante uso di coreografie facendo sì che il prodotto si sviluppi come un’esperienza che esula dal quella cinematografica. È teatro, è musica, è danza: un racconto che non si dimentica
In un casale di una zona remota della Sardegna, un gruppo di donne di diversa provenienza e generazione, si incontra e racconta le loro storie: storie di violenza.
‘La Sposa nel Vento’ di Giovanni Coda, non è un film che può vedersi a cuor leggero, perché colpisce lo spettatore laddove fa più male, poiché emergono le verità dei soprusi e dell’oppressione narrate da chi le ha subite e le patisce quotidianamente.
La peculiarità più interessante dell’opera è la commistione di linguaggi: teatro e musica si uniscono ai monologhi belli ed intensi connessi alla grande forza della musicalità della lingua sarda.
Particolarmente d’impatto la fotografia e la coreografia dei corpi che conferiscono una tridimensionalità dell’esposizione che dà voce, si fa corpo.
Le vicende di queste donne sono correlate da un filo ideale che attraversa il tempo, le culture e la geografia, descrivendo tramite le diverse sfumature un racconto universale: la prevaricazione dell’uomo sulla donna.
La sposa nel Vento: flusso osmotico
Si fa grande fatica a non provare sdegno finanche l’emozione di fronte alle testimonianze – spesso molto difficili – delle protagoniste e della voce narrante di Serra Yilmaz che, come una Virgilio ipotetica, guida lo spettatore e tiene unito l’ordito della narrazione, che procede in un flusso di coscienza quasi osmotico, di pensieri e di parole, di musica e di immagini, che rapiscono ed emozionano: sanno impressionare e pressoché scandalizzare.
‘La Sposa nel vento’ non è un film leggero, questo è evidente: le dichiarazioni esposte possono ferire la sensibilità degli spettatori, ma la realtà della violenza non conosce alcuna sensibilità.
La forza morale contro i soprusi
Questo lungometraggio fa male, ma nel suo dolore è necessario; è dolce nel suo canto sussurrato, nella dignità di chi racconta, ma è anche nero ed amaro per il tema trattato: la violenza di genere.
Non si può che provare ammirazione per la forza morale delle protagoniste: la loro rispettabilità e capacità di enunciare e guardare in faccia i brutti avvenimenti della loro vita è semplicemente esemplare.
‘La Sposa nel Vento’ è duro: vedere l’opera di Coda può magari risultare ostico da parte del pubblico generalista, ma è un lavoro indispensabile.
La cronaca è piena di casi che attestano soprusi sulle donne o addirittura femminicidi, pertanto il lavoro del regista, Giovanni Coda, avvicina alla cultura delle emozioni e dell’intelligenza affettiva, temi questi, di cui si dovrebbe parlare sovente così come bisognerebbe divulgare opere di questo genere, focalizzandosi sulla violenza sulle donne, argomento che di certo merita di essere trattato sotto molteplici aspetti e analizzato all’interno di altri tipi di lungometraggi belli e coraggiosi come questo.
Andrea Di Sciullo
La sposa nel vento
di Giovanni Coda
con la partecipazione di Lorenzo Balducci e Serra Yilmaz
e con
Giulia Vacca, Pasquale Mazzella, Renata Manca, Rachele Montis e Sara Scioni
Costumi Antonio Marras
Fotografia Maurizio Abis
Montaggio Emanuele Malloci
Musica Cosimo Morleo
Sceneggiatura Giovanni Coda
Scenografia Paolo Mohovic
Genere Drammatico
Produttore Francesco Paolo Montini
Produzione Movie Factory con il sostegno della Regione Sardegna
e in collaborazione con Fondazione Sardegna Film Commision
Nazionalità Italiana
Anno di produzione 2022
Durata 80’
bn/colore