Suicidio assistito: essere liberi di decidere
Il primo caso italiano segna una rivoluzione civile e parte dalle Marche
Prima di aprire con la notizia del suicidio assistito che in questi giorni accompagna l’opinione pubblica con la parallela della nuova variante Covid–19, denominata Omicron, nel mio ‘L’accènto: riflessioni contemporanee’ di oggi vorrei riallacciarmi a quanto espresso la scorsa settimana riguardo la violenza sulle donne – www.brainstormingculturale.it/laccento-editoriale-riflessioni-contemporanee-n-107/.
Ieri, Luciana Littizzetto a “Che tempo che fa”, con la sua letterina, ha provato a scuotere la coscienza del nostro Stato. In effetti, proprio lo scorso 25 novembre, con le poche presenze in un’aula parlamentare si è discusso sulle misure più stringenti da adottare circa la violenza sulle donne.
Si vuole partire dalla scorta per proteggere la vittima che, nella maggior parte dei casi, è costretta a chiedere aiuto ai centri antiviolenza, cambiare vita, a volte, nome. Si pensa inoltre a uno stop di avvicinamento definitivo rivolto al maltrattante, che spesso se la cava con poco, ma che potrebbe salvare la donna stessa.
E qui ritorna il condizionale.
Ma, dobbiamo credere che l’aggressore freni i suoi istinti di uccidere?
Come ha tenuto a precisare la nota comica “la violenza è rapida“, non lascia scampo. Di conseguenza lo Stato deve velocizzare le procedure a riguardo, affinché l’eliminazione della violenza contro le donne avvenga nel più breve tempo possibile. Se ne parla da anni, ma la risoluzione decisiva tarda ad arrivare.
Pensavamo poi che, trascorso un giorno importante in cui ci si è focalizzati ampiamente sulle donne maltrattate, gli uomini si fossero sensibilizzati. Tuttavia, non basta un giorno e neanche un anno, non sono sufficienti a frenare la stupidità maschile: ieri in diretta TV, la cronista sportiva Greta Beccaglia, è stata molestata da un tifoso – tra l’altro individuato – uscito dallo Stadio, terminata la partita Empoli/Fiorentina. Il peggio è che il collega in studio, Giorgio Micheletti, ha minimizzato l’accaduto. Un comportamento non del tutto deontologico. Convenite con me?
C’è da chiedersi dove stiamo andando e quante persone grevi ci siano in giro. Ignoranti, forse? Quindi, mi chiedo, quanto tempo deve ancora trascorrere affinché questi avvenimenti siano debellati?
Il tutto, credo, terminerà quando gli uomini smetteranno di guardare le donne come oggetto di loro proprietà. E altresì quando saremo pronti a inserire, sin dalle scuole dell’infanzia, l’educazione sentimentale e una seria educazione sessuale, che aiuti a far crescere i piccoli più sereni e con il senso del rispetto verso gli altri.
Nel frattempo la variante Omicron preoccupa tutto il mondo e di nuovo l’allerta sale. Sono stati bloccati tutti i voli dal Sud Africa e già in Europa, e non solo, questo nuovo Covid fa la sua comparsa.
Dopo tutte queste premesse, vorrei ora porre l’attenzione sul primo caso di suicidio assistito richiesto dal marchigiano Mario (nome di fantasia) che, in seguito a un grave incidente, è paralizzato da dieci anni. Solo a via di un dito che ha ancora mobilità, gli sarà possibile spingere un bottone che lo condurrà alla morte.
Il consenso è stato dato dal Comitato Etico e annunciato dall’Associazione Coscioni che si è battuta nel rispetto di Mario, appunto, basandosi sulla sentenza della Corte Costituzionale 242 – 2019 sul caso Dj Fabo. Questo episodio, infatti, ci ricorda la vicenda di Fabiano Antoniani il quale, dopo vari tentativi e battaglie senza successo, andò in Svizzera per mettere fine alla sua esistenza.
Mario sarà “il primo malato a ottenere il via libera al suicidio medicalmente assistito in Italia“, si esprime così l’Associazione e, attualmente, si sta studiando la via migliore per l’autosomministrazione del farmaco adatto al tetraplegico.
Ricordiamo che, prima di arrivare a questo, l’Azienda Sanitaria Unica Regionale Marche, il Tribunale di Ancona e due diffide legali all’Asur Marche, hanno negato il consenso alla richiesta di Mario. Quest’ultimo ha però ottenuto il via libera dopo le valutazioni sulle sue condizioni di salute grazie a un gruppo di medici specialisti nominati dall’Azienda sanitaria regionale.
Ma che differenza c’è tra suicidio assistito e eutanasia? La risposta è semplice: nel primo si assiste il paziente, consapevole delle sue azioni, a ingerire il farmaco letale; nella seconda interviene il medico che inietta al malato, un soggetto non attivo, la sostanza mortale. E soprattutto, nel suicidio assistito nessuno viene implicato ovvero nessuno verrà colpevolizzato per omicidio. Tematica molto discussa in Italia, quest’ultima.
Il Comitato Etico, in questo modo, consente un passaporto per la libertà, una sorta di libera uscita dalla vita terrena verso quella spirituale. Si riaffaccia così il tema delle libertà personali, di ciò che desideriamo e possiamo fare con le nostre proprie vite. Compiere, direi.
In fondo la vita è nostra, siamo noi i suoi liberi possessori e quindi liberi di decretarne la fine. Di essere liberi dunque di decidere senza alcuna imposizione esterna che sia essa medica, legale o addirittura proveniente dalla Chiesa.
La libertà dunque accomuna. Mette in relazione sia le donne che vogliono essere non più oggetto né possesso sia chi vuole morire senza remore, perché imposto su un letto da anni senza potersi muovere. Dipendere dagli altri, in questi momenti, diventa necessario. Ma prima o poi la stanchezza subentra e la vita si riduce a semplici sguardi, ai dolori che si impossessano di tutto il corpo e nessun medicinale è più in grado di alleviare le sofferenze.
Pertanto, perché in questo Paese è tutto difficile, lento e i risultati si ottengono dopo ere giurassiche? Perché c’è sempre qualche fattore esterno che si interpone tra le proprie decisioni etiche e la politica, la medicina, la religione, e il giudizio della comunità? Perché le proprie scelte diventano prive di personalità?
Con il mio ‘L’Accènto: riflessioni contemporanee’ spero sempre di indurvi a riflettere, a soffermarvi sugli avvenimenti e vi invito sempre alle vostre responsabilità civili. Essere accorti e prendere cognizione che l’impegno del singolo può ampliarsi a quello di molti.
L’eco conta, non sottavalutatela!