La Sala Umberto di Roma, dal 22 al 27 febbraio, ha presentato al pubblico ‘L’anello forte’. Dall’omonimo testo di Nuto Revelli, giornalista di inchiesta ante litteram, ma soprattutto partigiano, lo spettacolo mette in luce la condizione della donna in una realtà piemontese contestualizzata nel dopo guerra. Il racconto sviscera il tema dell’emigrazione e al contempo la fatica a far ascoltare la propria voce, in cerca dell’emancipazione e della voglia di riscatto
Recarsi a teatro questa settimana non dona un grande sollievo. Qui cerchiamo di distrarci grazie agli spettacoli che il vasto cartellone della stagione 2021/2022 offre, mentre nell’Est, il conflitto avviato da Putin in Ucraina, non ci tranquillizza affatto.
Dal comunicato stampa ricevuto leggiamo che Anna Di Francisca, regista e drammaturga, esprime come all’interno della rappresentazione si sia soffermata sugli “aspetti della condizione femminile oggi ancora attuali, come la ricerca di lavoro, tra la campagna e la fabbrica, in concorrenza agli uomini, la responsabilità dei rapporti familiari, la crescita dei figli“.
In effetti, dai primi del ‘900 ad oggi non è poi cambiato tanto. Il testo di Nuto Revelli tocca molte realtà femminili, che ci fanno comprendere quanto le donne abbiano provato a emanciparsi, a lottare, a far sentire le loro voci e a farsi rispettare sin dall’antichità.
Soprattutto a staccarsi da alcune situazioni per sentirsi libere. Sì, perché all’epoca si emigrava al Nord Italia per lavorare nei campi, nei pascoli, nelle fabbriche, luoghi in cui entravano i sindacati e la politica. Ci si sposava, a volte, anche grazie a delle fotografie, magari, per vivere circostanze migliori delle precedenti. O almeno si pensava.
La platea, durante la narrazione, viene coadiuvata da video proiettati sullo sfondo ove scorrono anche dalle foto a colori e in bianco e nero, e interviste originali svolte dal cronista piemontese, che rappresentano tradizioni e condizioni di povertà in cui si viveva tanti anni fa: perché ci si arrangiava e ci si divertiva anche con poco.
L’anello forte: la società vista con gli occhi delle donne
In scena Laura Curino e Lucia Vasini si muovono con disinvoltura dentro la scenografia curata da Beatrice Scarpato, che disegna e rimanda a un folclore antico, con una statua votiva e un pannello che gira all’occorrenza su cui vengono posti costumi e accessori che rievocano il passato: usanze e memoria.
Le attrici, entrambe, ci fanno conoscere Caterina, Rosa, Paola, Lucia, Suor Maria Eleonora, Agostina, Vittoria, Marianna e Maria, attraverso differenti intonazioni e inflessioni dialettali. Scene queste, alcune asciutte altre più ritmiche e dai registri ironici, vedono l’alternanza della Curino e della Vasini le quali, non sempre, danzano insieme su musiche popolari.
Incontriamo, dunque, personalità di estrazioni, culture e sentimenti diversi, ma con i medesimi desideri ovvero la forza di combattere e di realizzarsi, al fine di sopravvivere alle difficoltà con pazienza.
Pazienza intesa come virtù
Eh sì, la pazienza diventa la parola chiave. Questo termine che entrava silenziosamente nelle esistenze delle giovani poi ragazze infine donne: la pazienza così si trasformava in resistenza. Di solito, infatti, le donne venivano zittite; morivano di parto o avrebbero dovuto mettere al mondo solo maschi tanto da rendere felici i loro mariti; vendevano i capelli per farne delle parrucche; vivevano in un ambiente familiare dove la suocera e i coniugi comandavano: “bisogna fare ciò che la gente vuole, mica quello che vuoi tu“.
Tutto era segreto, sia il passaggio di età sia il sesso, argomento di cui si parlava poco, poiché “quando non ti trovi sessualmente, come donna sei spacciata“. In un sotto testo di rabbia e sottomissione, viviamo anche lo stupore di chi ha visto la neve per la prima volta, la felicità della scelta consapevole di aver vissuto in un circo per uscire dal bigottismo e la chiusura del paese, e la bellezza fresca di vivere la moda dei primi anni ’70 come il trucco. Un atto che si interpreta come rivoluzionario. Quasi un rifugio dell’anima.
L’insieme è accompagnato dalle musiche originali e stridule di Paolo Perna, composte da archi che rimandano ad armonie struggenti.
‘L’anello forte’ è un excursus storico che dà voce alle donne di ieri e di oggi, mettendo in luce le loro ambizioni, e non solo, al fine di conquistare la libertà personale. È un urlo che vale per le giovani generazioni che si devono ascoltare e non devono essere soggiogate in alcun modo. Perché zittire l’universo femminile vuol dire non far crescere la società e mantenere un patriarcato stantio, ancorato a idee vecchie, che non crescono a livello concettuale.
Annalisa Civitelli
Foto: Giorgio Sottile
Sala Umberto
dal 22 al 27 febbraio
L’anello forte
con Laura Curino e Lucia Vasini
dall’omonimo testo di Nuto Revelli
Drammaturgia, regia spettacolo e video Anna Di Francisca
Disegno Luci Davide Scaccianoce
Musiche originali Paolo Perna
Scene e costumi Beatrice Scarpato
Realizzazione e collaborazione artistica ai costumi Alessandra Ochetti
Il Contato del cavanese / Teatro Giacosa di Ivrea– Teatro Stabile di Torino
in collaborazione con
Fondazione Nuto Revelli
Archivi del Polo del ‘900 – Archivio Nazionale Cinema Impresa
Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia – Associazione Gloria Lunel