Dal 15 al 19 novembre andrà in scena al Teatro Parioli ‘L’avaro immaginario‘. Un tributo a Molière e al suo teatro, nonché alla tradizione campana, che porta la firma e il volto di Enzo Decaro
Una compagnia di teatranti campani viaggia su un carro scalcagnato da Nola, loro città natale, verso la Francia. Lassù li attende l’illustrissimo Molière, il volto del teatro dell’epoca, e idolo del capocomico Oreste Bruno – in arte Pachialone, “la maschera senza maschera”. Lo accompagnano la sorella Filomena, resiliente donna di casa all’antica, e il fratello Gaspare, giocatore d’azzardo prono ai colpi di testa.
Con loro Celestina e Filippo, giovani figli e nipoti in cerca di uno scopo, e il muto scrivano Guglielmo: non si sa di chi sia parente, ma è parte della famiglia e della compagnia come tutti. A lui Oreste affida le sospirate lettere a Molière, in un viaggio della speranza parallelo al suo.
C’è però un’altra figura storica dell’epoca che getta la sua lunga ombra sulla carovana. Giordano Bruno, parente di tutti, la cui esecuzione sul rogo è ancora fresca nei loro ricordi, frutto di divergenze ideologiche tra i due fratelli.
L’avaro immaginario:
non si nomina (Giordano) Bruno
Il viaggio della famiglia Bruno è recitato in dialetto campano, ma l’energia mimica e dialogata dei personaggi lo rende comprensibile anche senza capirlo profondamente. Il cast riesce a comunicare nel profondo anche la chimica di una famiglia. Un nucleo che si conosce bene, che nonostante i bisticci e le divergenze continua ad amarsi e perseguire gli stessi obbiettivi.
Il tema della famiglia scorre potente ne ‘L’avaro immaginario’. Tra le ambizioni tradite dei giovani, il supporto incondizionato di Guglielmo, e soprattutto l’ingombrante zio Filippo, in arte “Giordano”, che anche dopo la sua esecuzione diventa una sorta di polo opposto rispetto a Molière.
Lo scontro ideologico tra Gaspare e Oreste – tra Giordano Bruno e Molière – rappresenta la chiave di volta dello spettacolo. È un conflitto che tutti, specie chi vive in situazioni altrettanto precarie, può vivere in prima persona.
L’attaccamento a una tradizione affascinante, ricca di precedenti, ma che non soddisfa; oppure tentare provando qualcosa di nuovo, che sia con il gioco d’azzardo o una dottrina insolita. Solo della tradizione vediamo le vestigia, nella forma di un ex comico abbandonato proprio da Molière e intrappolato nella maschera del Capitano. Una delle migliori interpretazioni, con un cinismo carismatico che ammalia.
Una terza forza aleggia nel mezzo, né sacra né profana, inconoscibile e ineluttabile. Ad incarnarla è una misteriosa cartomante, che conosce tutte le lingue (incluso il dialetto campano) e appare e scompare senza che nessuno se lo spieghi. Una figura che pare senza tempo, che vede il mondo oltre la morte e sa riconoscerne le contraddizioni. Nonostante la sua inimicizia con la razionale Filomena, forse le due donne sono più simili di quanto sembrano.
‘L’avaro immaginario’ è una commedia frizzante, dolceamara, che riporta alla tradizione italiana di valori famigliari e resilienza con affetto per il passato, ma uno sguardo al futuro. Sorretta dalle performance scoppiettanti del suo cast e dalla storia senza tempo dei miserabili di tutto il mondo, e da un amore genuino per Molière e il mondo umano che ha creato. Si sorride, e si piange: a volte insieme.
Di Maria Flaminia Zacchilli
Foto: Guglielmo Verrienti
Teatro Parioli
dal 15 al 19 novembre
L’Avaro immaginario
Tratto da Molière/Luigi De Filippo
adattamento e regia di Enzo Decaro
con Nunzia Schiano e la Compagnia di Luigi De Filippo
e con Luigi Bignone, Carlo Di Maio, Massimo Pagano, Giorgio Pinto, Fabiana Russo e Ingrid Sansone
Musiche Nino Rota (da “Le Molière immaginarie”)
Musiche di scena ispirate a canzoni popolari del ‘600 napoletano
Produzione I due della città del sole