In scena presso il teatro Trastevere di Roma, fino al prossimo 5 maggio, ‘Leviatano’ è uno spettacolo che usa il linguaggio dei documentari televisivi per illustrare al pubblico un’incredibile storia accaduta ormai quasi trent’anni fa negli Stati Uniti e che ha contribuito a sollecitare gli studi di due psicologi
La rocambolesca rapina di una banca compiuta a Pittsburgh nel 1995 da McArthur Wheeler, uno strampalato uomo che eseguì il crimine in pieno giorno e a volto scoperto, ha portato con sé ripercussioni per altri quattro anni.
Questa storia, quasi comica, si intreccia con gli studi condotti dai socio–psicologi David Dunning e Justin Kruger, dai quali deriva la denominazione “effetto Dunning – Kruger” per indicare il disturbo che convince, chi ne è affetto, di essere molto più intelligente e competente di quanto in realtà non sia.
Come gli stessi attori dichiarano a inizio rappresentazione, ‘Leviatano’ è un documentario teatrale e come tale prende in prestito gli stessi linguaggi e gli stessi codici delle inchieste televisive, sempre più numerose negli ultimi anni.
Leviatano: azzardo importante
Dunque, questo è uno spettacolo sperimentale a tutti gli effetti che mostra come autore e regista, Riccardo Tabilio e Alessandro De Feo, abbiano avuto il coraggio di tentare un azzardo importante.
Quello che ne deriva è un lavoro riuscito, seppure a metà: l’opera si presenta interessante e realizzata con ottima conoscenza del contesto teatrale, ma allo stesso tempo, molto spesso, è caotica, poco comprensibile e incostante nel ritmo.
Tuttavia, sia Tabilio sia De Feo dimostrano di essere due giovani uomini di teatro capaci e consapevoli del proprio mestiere e ‘Leviatano’ non è certamente carente di buone idee, anzi, nella sua struttura il lavoro è valido e ben costruito.
Un nuovo aspetto espressivo del teatro
Resta il fatto che un tale esperimento potrebbe anche essere il primo passo verso un nuovo aspetto espressivo del teatro, ma un intento del genere avrà bisogno di moltissimo tempo e altrettanti tentativi per far sì che il pubblico si abitui.
La rappresentazione può trovare un fondamentale punto di forza nei tre attori impegnati sul palcoscenico: Stefano Patti, Diego Migeni e Gioele Rotini sono tutti piuttosto noti, almeno a Roma, e continuano a servirsi di un talento solido ed evidente che contribuisce ogni volta a supportare nella maniera migliore possibile ogni opera teatrale che li coinvolge.
‘Leviatano’ può essere considerato un’esibizione da vedere, che mantiene comunque una natura più che singolare che potrebbe farne anche un lavoro fine a se stesso e mai più replicato.
Gabriele Amoroso
Teatro Trastevere
dal 24 aprile al 5 maggio
Leviatano
di Riccardo Tabilio
Regia Alessandro De Feo
con Diego Migeni, Stefano Patti e Gioele Rotini
Assistente alla regia Davide Montalbano
Direzione tecnica e disegno luci Matteo Ziglio