Il rapporto del poeta e regista friulano con Roma è lungo e tormentato fino alla fine. Nelle sue opere i luoghi sono la fotografia urbana di un’inquieta umanità. ‘Pasolini e le periferie’ diventa dunque un concetto: la periferia è quindi intesa non solo come luogo antropico e sociale di ambientazione letteraria, ma anche come forte simbologia del decentrato, del sacro, del diverso, polo di una tensione ben radicata
Il 5 marzo sono cento anni dalla nascita di Pier Paolo Pasolini, figura tra le più prolifiche e discusse del nostro tempo. Tante sono le iniziative nel territorio nazionale per omaggiarlo e ricordarlo, che si protrarranno per tutto il 2022. Ad Ostia, ad esempio, sabato 5 marzo e domenica 6 marzo ci saranno visite animate e reading poetici a Tor San Michele e al Parco Letterario Lipu.
Per comprendere fino in fondo la vasta produzione letteraria dell’intellettuale di Casarza è necessario partire dalle origini per spingersi poi nei quartieri popolari della periferia romana, vissuti e attraversati dal poeta.
Gli anni friulani nel paese materno, in cui lo scrittore visse dal 1942 al 1950, sono importanti per la sua produzione in dialetto, “Poesie a Casarza”, è uno tra i libri più belli, in cui emerge una vivacità espressiva legata alla terra, alle radici, in cui troviamo i bagni nel fiume, le corse in bicicletta, i panorami tra i canali che sfociano nel mare.
Fontana di aga dal me país.
A no è aga pí fres-cia che tal me país.
Fontana di rustic amòur.
Fontana d’acqua del mio paese.
Non c’è acqua più fresca che nel mio paese.
Fontana di rustico amore.
Una lingua purissima, che mantiene accese le sonorità dei luoghi, e il grande amore per la madre, Susanna Colussi, figura centrale della sua interiorità per l’intera esistenza. Andrea Zanzotto scriveva che “per avvicinarsi a Pasolini, bisogna ripartire dai prati friulani e da quegli alba pratalia, la pagina di quaderno scolastico, su cui scorre la penna infantile attraverso l’antichissimo ritornello”.
Ed è proprio così, nell’apparente quiete di Casarza, accadono situazioni che segnano profondamente il poeta, come la tragica morte del fratello minore Guido, partigiano azionista entrato in contrasto con i comunisti della brigata Garibaldi.
Pasolini e le periferie: il fascino delle borgate romane
Nel 1945 Pier Paolo Pasolini si laurea in lettere con una tesi su Pascoli e dal 1947 inizia a lavorare come insegnante in una scuola media. Subito dopo si iscrive al Pci e prende parte alla vita politica locale. Nel 1949 scoppia lo scandalo: Pasolini verrà accusato di corruzione di minori e atti osceni su tre ragazzi durante una festa.
Dovrà così lasciare la scuola e verrà espulso per indegnità morale dal Pci. Inoltre, si complicano i rapporti in casa col padre, militare, tanto che Pier Paolo fugge a Roma con la madre, dove saranno ospiti di uno zio, all’inizio del 1950.
La Roma di Pasolini sarà quella delle borgate di periferia, piene di miseria, ma anche cariche di vitalità: al Friuli rurale, cattolico, arcaico si contrappone la Roma sensuale e pagana. Pasolini ne rimarrà totalmente affascinato.
Tutto ciò che in Friuli era represso e furtivo a Roma diventa libero e possibile. Di conseguenza i sensi di colpa per la sua condizione di omosessuale vengono gradualmente rimossi e allontanati.
Comunque è nella casa materna che inizia a scrivere che è la vita a plasmare il paesaggio urbano. Attraverso le sue visioni di preveggenza focalizza l’attenzione verso i luoghi che sono metafora di decentrato, diverso, impuro, desidera scardinare barriere e pregiudizi perché per Pasolini il margine non è solo un luogo reale ma sacro: “più sacro dove è più animale il mondo”.
Pier Paolo Pasolini: la città nei libri e nei film
Attraverso i suoi libri e i suoi film riesce a dare una visione stratificata della capitale, evidenzia la contraddittorietà, perché secondo lo scrittore è nella contraddizione che risiede la realtà, racconta in maniera inedita quartieri popolari come San Basilio, Rebibbia, l’Idroscalo di Ostia, Ponte Mammolo, Casal Bruciato, Tiburtino III, Pietralata o Casal Bertone.
Ma non si limita esclusivamente alla capitale, indagherà anche la periferia milanese con la sceneggiatura per film “La nebulosa”, poco nota, si dedicherà anche ad altre periferie più lontane, quelle del mondo, come l’Africa e L’India. Ne sono un esempio i viaggi con gli amici, tra cui Dacia Maraini, Alberto Moravia, Maria Callas.
Leggendo la poesia “Serata romana” tratta dalla raccolta “La religione del mio tempo” pubblicata nel 1961, il poeta inizia ad osservare sé stesso mentre va in direzione opposta a quella della gente che rincasa.
I suoi cinquantacinque versi liberi descrivono una passeggiata nelle borgate romane, è una sorta di discesa negli inferi, nei bassifondi della società, tra ubriachi e prostitute, il fetore si mescola alla vita che in realtà vita non è.
Dove vai per le strade di Roma
sui filobus o i tram in cui la gente
ritorna? In fretta, ossesso, come
ti aspettasse il lavoro paziente
da cui a quest’ora gli altri rincasano?
È il primo dopocena, quando il vento sa
di calde miserie familiari
perse nelle mille cucine, nelle
lunghe strade illuminate,
su cui più chiare spiano le stelle.
Nel quartiere borghese, c’è la pace
di cui ognuno dentro si contenta
anche vilmente, e di cui vorrebbe
piena ogni sera della sua esistenza.
Pasolini e le periferie: il progresso e lo smarrimento identitario
Nonostante il degrado prende forma uno sviluppo identificato come progresso, e la poesia diventa impegno civile, confessione critica della realtà. In un articolo apparso su “Vie Nuove” Pasolini parla della genesi della sua raccolta:
“la sirena neo–capitalistica da una parte, la desistenza rivoluzionaria dall’altra: e il vuoto, il terribile vuoto esistenziale che ne consegue. Quando l’azione politica si attenua o si fa incerta, allora si prova o la voglia dell’evasione, del sogno o una insorgenza moralistica”.
Il poeta intuisce nel boom economico una crisi identitaria che provoca smarrimento, inquietudine, per l’umanità di fine Novecento.
Questo processo matura senza fratture nell’anima del poeta, il mondo friulano e il mondo romano sfumano l’uno nell’altro.
Sia la realtà contadina friulana sia il sottoproletariato romano sono entrambi periferici, ma passano in secondo piano rispetto al progresso che avanza spedito.
Pasolini dà voce ai sobborghi capitolini con la narrativa e il cinema
Con gli appropriati mezzi linguistici Pier Paolo darà voce alle periferie: nasceranno i romanzi quali “Ragazzi di vita” (1955) e “Una vita violenta” (1959). Seguiranno le poesie de “La meglio gioventù” (che raccoglie la produzione friulana), “Le ceneri di Gramsci” e “L’Usignolo della Chiesa Cattolica”.
Non mancherà il cinema, prima come sceneggiatore, poi nel 1961, l’esordio come regista con “Accattone”. Da lì in poi, saranno proprio i film a dargli successo internazionale e agiatezza, ma anche a causargli scandali e a provocargli denunce, pur se ammirato e invitato a dibattiti su emittenti nazionali.
I suoi servizi giornalistici e docufilm sulla vita quotidiana dei ragazzi di vita e il modo in cui questi riescono a sopravvivere suscitano scandalo finanche nel Vaticano. Si ricorda la poesia “A Pio XII”.
Per ogni pellicola sarà costretto ad affrontare il tribunale, anche nel caso de “La ricotta” e “Il Vangelo secondo Matteo”, tra i capolavori del cinema religioso del secolo scorso. Conoscerà e frequenterà i maggiori intellettuali romani, tra i quali Calvino e Moravia, ma sempre conducendo vita controversa e scandalosa.
Con Moravia ci saranno spesso scontri per visioni contrapposte, specialmente sul tema dell’aborto, strenuamente combattuto in nome della sacralità della vita. In un articolo pubblicato sul Corriere della Sera Pasolini scrive Vs Moravia: “Non aver paura di avere un cuore, la società italiana di oggi non è più clerico-fascista: essa è consumistica e permissiva”.
Pasolini e le periferie: il linguaggio innovativo
La violenza criminale nasce dal considerare la vita degli altri un nulla e il proprio cuore nient’altro che un muscolo. Opponendosi anche a Calvino, Pasolini pensa che “non bisogna aver più paura — come giustamente un tempo — di non screditare abbastanza il sacro o di avere un cuore”.
Interessante il lavoro realizzato da Paolo Martino e Caterina Verbaro “Pasolini e le periferie del mondo” Edizioni ETS, pubblicato nel 2016, che mette in evidenza quanto la nozione di periferia in Pasolini rappresenti il nodo cruciale di tutta la sua produzione, capace di addentrarsi in un linguaggio innovativo.
Dall’esordio poetico nella lingua marginale di Casarsa agli studi sulla poesia popolare, dalla scoperta dell’universo delle borgate a quella del Terzo Mondo vissuto come unica alternativa, Pasolini arriva a ribaltare il concetto, a rinnovarne il senso.
La periferia intesa come luogo antropico e sociale
Periferia, quindi, non solo come luogo antropico e sociale di ambientazione letteraria, ma anche come forte simbologia del decentrato, del sacro, del diverso, polo di una tensione ben radicata.
Notevole anche il lavoro dello scrittore e critico letterario Dario Pontuale con “La Roma di Pasolini. Dizionario urbano” edito da Nova Deplhi, in cui l’autore compie una mirata e dettagliata mappatura urbanistica, letteraria, storica, artistica e umana per rintracciare i luoghi, i volti, le persone che hanno gravitato intorno alle opere di Pasolini.
Come lo ha definito Simona Zecchi, che ha curato la prefazione, uno stradario in ordine alfabetico per ripercorrere la vita romana dell’intellettuale di Casarza e la sua prolifica attività.
Così alla lettera “C” troviamo Casilina, arteria consolare che congiungeva Roma con l’attuale Capua, attraversando i quartieri di Prenestino–Labicano, Centocelle, Torpignattara, Alessandrino, Tuscolano, dove abbiamo imparato a conoscere Riccetto e Lello, protagonisti di “Ragazzi di vita”.
Se passiamo alla lettera “Q” troviamo Quadraro, un quartiere diviso in lotti con palazzine di due o tre piani in stile liberty, un progetto urbanistico che originariamente avrebbe dovuto collegare Roma a Frascati. Anche qui il Riccetto frequenta il quartiere con un sacco sbrindellato a caccia di ferri vecchi nella spazzatura per ricavare qualche lira da spendere dentro Roma.
Dalla “A” di “Accattone” girato nel quartiere Pigneto alla “V” di “Valle Giulia”, ambientazione degli scontri tra studenti e polizia, possiamo scoprire i quartieri prediletti e le borgate tanto amate dal poeta, dentro la sua “stupenda e misera città”.
Michela Zanarella