Il 17, 18 e 19 gennaio sul palco B de La Pelanda di Roma, zona Testaccio, è andato in scena “Radici” per la regia di Millanta e De Nitto, con Antonio De Nitto. Uno scorcio del periodo nazista narrato attraverso tre quadri ben gestiti e cambi scena fluidi e scorrevoli
Al Roma Fringe Festival Edizione VII si palesa un tratto di storia doloroso raccontato con assoluta pulizia e semplicità. Il protagonista entra in scena rivolgendosi al padre con una frase toccante: “Più i tempi sono duri più bisogna cercare di essere romantici“.
I tratti somatici di ‘Radici’ si rafforzano grazie al tono di voce profondo, che rende l’insieme credibile e intenso: si narra del tempo di guerra e la lotta contro gli ebrei. Il ragazzo senza nome descrive la Berlino del 1937, città che negli anni ’20 era conosciuta come “il paradiso degli omosessuali” e dove si viveva una libertà quasi idilliaca. Egli si confida con noi.
Radici: tre personaggi legati da un filo comune
L’attore incarna tre uomini messi in comunione proprio dalle esperienze crude dell’epoca. Il primo è un giovane che frequenta le scuole e pratica sport, il quale incontra un ragazzo che, dopo gli allenamenti, segue istintivamente sotto la doccia. Si sente bene, dopo. Il secondo è il pugile, Trollmann soprannominato Rukeli – albero -, la cui struggente storia già conosciamo, infine De Nitto veste i panni di uno schizofrenico.
La prima figura nutre il desiderio di confessarsi al padre, di parlargli della sua verità, per avvicinarsi a lui, sebbene le tante difficoltà, poiché sempre indaffarato e distante; alla madre, invece, si rivolge con dolcezza, con il solo uso della sedia in scena. Lei è di origine prussiana e quindi cattolica e la sua famiglia non approva i gusti omosessuali del figlio.
Quest’ultimo, impacciato, incontra il suo primo grande amore, Primo, straordinario e drammatico allo stesso tempo, liberandosi così del proprio egoismo. Perché l’amore conduce a questo.
La Germania e il dolore recato
Lo sfondo delle vicende è la Germania, dove nel ’33 vennero scoperte le associazioni gay e presero il via persecuzioni e deportazioni.
Secondo i nazisti ogni individuo da rieducare – i gay, per esempio – veniva identificato con un triangolo rosa, quello marrone era destinato agli zingari, girovaghi del mondo, considerati malati, in quanto aditi alla criminalità, e il nero era riservato agli schizzofrenici, ai disabili e ai deboli.
Le donne, al contrario, erano più privilegiate, mentre gli uomini appunto subivano castrazioni, venivano messi ai lavori forzati e utilizzati per esperimenti sugli esseri umani.
Ricordi, aneddoti, distacchi, dolore, mimica e commozione prendono vita: l’immedesimazione è infatti toccante ma al medesimo tempo agitata e preoccupata. Il giovane De Nitto alterna stati d’animo vividi e commossi che fanno di ‘Radici’ una pièce dai cambi scena fluidi e scorrevoli, in cui egli interpreta tre vite lontane tra loro, espresse da una recitazione vivace e sentita.
Rukeli, di origine Sinti, sposato ad Olga e con una figlia, compare con una T-shirt bianca, con pantaloni neri e bretelle, e fino all’ultimo, la sua forza e la sua voglia di combattere sul ring trapelano, nonostante le ingiustizie subìte in vita; infine, ci imbattiamo nel malato schizofrenico, all’interno di un ospedale psichiatrico, il quale risente dei danni provocati dalla vita nei campi di concentramento. De Nitto ne disegna sembianze, modi, movenze e parlata, rimandandoci vigore ed emozione.
Il monologo di tutto rispetto, che si ramifica mediante tre voci diverse, mette in evidenza l’esistenza amara di un intero popolo, tema tuttora attuale, ricordata sotto il segno della “Giornata della memoria” che ogni anno ricorre il 27 gennaio.
Annalisa Civitelli
Roma Fringe Festival 2019
17, 18 e 19 gennaio
Radici
Selezione Inventaria
di Millanta e De Nitto
con Antonio De Nitto