La giornalista e scrittrice Svetlana Alexièvich ne i ‘Ragazzi di zinco’, pubblicato da E/O, fa un ritratto drammatico di un decennio: la guerra che coinvolse la Russia contro l’Afghanistan. Il 25 dicembre 1979 l’Unione Sovietica, infatti, ha invaso l’Afghanistan per sostenere il governo comunista del Partito Democratico del popolo afgano, che combatteva contro i Mujaheddin sostenuti dagli integralisti islamici, tra cui si annoverava un giovane saudita: Osama Bin Laden 1
“In guerra, ciò che salva l’uomo è che la sua coscienza è distratta, dispersa. Perché la morte intorno a lui è sempre assurda, causale, totalmente priva di significato sublime”.
Dopo aver pubblicato “Preghiera per Černobyl'” e “La guerra non ha un volto di donna”, Svetlana Aleksievič non sentiva più l’esigenza di scrivere sulla guerra. Immagini di sofferenza occupavano continuamente la sua mente, ma il suo costrante pensiero era: “prima o poi si troverà qualcuno che scriverà sull’Afghanistan”.
Tuttavia, dopo sette anni di guerra afghana, qualcuno doveva pur raccontare al mondo cosa stesse accadendo: l’Aleksievič ha messo da parte le sue paure e i suoi traumi, assumendosi il ruolo di portavoce.
Nel settembre del 1988 Svetlana parte per l’Afghanistan e constata nell’immediato la situazione disastrosa che il Paese vive.
Il suo diario giornalistico, infatti, racconta con distacco l’esperienza impattante: viaggiare in elicottero, mangiare con i soldati, riprendere i corpi dei morti. Episodi, questi, che scuotono la giornalista a livello emotivo.
Svetlana, dunque, inizia a raccogliere materiale sui fatti ai quali assiste, per testimoniare gli orrori del duro conflitto. Successivamente, ritorna in Russia dove inizia ad intervistare madri, soldati, ufficiali, infermiere, vedove, reduci di guerra, tediati da un conflitto pesante.
Ragazzi di zinco: i testimoni
L’impressione, che si ha nel leggere il libro, è che le persone aspettassero Svetlana per poter dare sfogo alle loro sofferenze, ed esternare le atrocità a cui sono state soggette. Ma le vittime non sono solo coloro che sono andate in guerra.
“Oggi vedrò mio figlio…Vedrò i miei amici .Gli uomini combattono in guerra, e le donne lo fanno dopo… noi combattiamo dopo la guerra” – madre
“Cosa ho capito lì? Che il bene non vince mai. Che il male nel mondo non diminuisce. Che l’uomo fa paura. E la natura è bella… siamo vittime inutili… un errore…” – soldato
“Tutti pensiamo alle nostre case, ma ne parliamo raramente. Per superstizione, desideriamo tornare. Dove torneremo? Anche di questo non parliamo. Ci limitiamo a raccontare barzellette” – impiegata
Queste sono alcune delle dichiarazioni che la scrittrice riporta ne i ‘Ragazzidi zinco’: lei non commenta, lascia parlare le madri, i reduci e altri che denunciano il sistema russo. In effetti il cambio di prospettiva, di cui si avvale l’Aleksievič, è far comprendere quanto la guerra in Afghanistan sia stata inutile e mendace, basata sulle bugie.
Molti uomini, infatti, sono stati portati al fronte con l‘inganno, ad altri non hanno dato scelta: li hanno costretti. Molti ragazzi, invece, si sono fatti fuorviare dalla falsa propaganda.
Il Vietnam sovietico
Per dare contezza esatta della guerra – chiamata anche “Vietnam sovietico” – e della sua drammatica conclusione, l’URSS ha perso 26,000 uomini, mentre i feriti ammontano a 53,753 e gli invalidi a 10,751.
C’è inoltre da precisare che la giornalista bielorussa, a causa della pubblicazione del libro (1985), ha dovuto affrontare un processo legale, accusata di calunnia, antipatriottismo e diffamazione.
Si evince chiaramente, dal comportamento delle vittime e del giudice, come la politica si sia insinuata all’interno del tribunale, mirando a zittire l’Aleksievic la quale, nonostante le diverse prove raccolte in sua difesa, ha dovuto pagare un prezzo alto per aver raccontato la tragica verità.
Polifonia
‘Ragazzi di zinco’, edito da e/o, coinvolge il lettore a tutto tondo grazie a una scrittura fluida. Svetlana Alexièvich, come di consueto, adotta lo stile intervista e dona al testo una struttura polifonica: dà voce a tutti i suoi intervistati. Lei diviene una spettatrice che ascolta e accoglie.
La giornalista quindi, trasmette, a chi legge, attraverso vicissitudini e deposizioni, la tragedia sovietica durata un decennio e ha segnato la storia contenporanea.
Il testo si può definire un documentario di guerra, di un’ostilità che la Russia ha nascosto e che ha seminato migliaia di morti portati in bare di zinco (è il materiale perfetto per mantenere nel tempo la salma).
Uno scontro che ora viene definito come un “errore politico”, dove nessun morto viene considerato un eroe di guerra e i sopravvissuti sono degli emarginati.
1 https://geo.tesionline.it/geo/article.jsp?id=13692
Agnese De Luca
Biografia
Svjatlana Aljaksandraŭna Aleksievič è una giornalista e scrittrice bielorussa. Nata in Ucraina, viene insignita del Premio Nobel per la Letteratura nel 2015.
Nel corso della sua carriera, la giornalista e scrittrice ha seguito i principali eventi dell’Unione Sovietica nella seconda metà del ‘900 : dalla guerra in Afghanistan al disastro di Černobyl’, ai relativi suicidi fino allo scioglimiento dell’URSS.
I suoi libri sono stati pubblicati in più di venti paesi e rappresentano uno struggente romanzo corale degli uomini e delle donne vissuti in Uione Sovietica e nella Russia post-comunista del XX secolo .
L’Aleksievič considerata una delle maggiori scrittrici a livello mondiale.
Svetlana Aleksievič
Ragazzi di Zinco
Traduzione Sergio Rapetti
Edizioni E/O
Collana Le Cicogne
Genere Saggiatica, Giornalismo, Reportage
Edizione 2018
Pagine 316