L’edizione numero undici del Roma Fringe Festival ’23 è finita dopo due settimane ricche di proposte teatrali: tra tanti monologhi e rappresentazioni che hanno mostrato un’identità volta alla cupezza e alla sofferenza, ha vinto lo spettacolo più bello e brillante: ‘Due schiaccianoci’
Mercoledì 26 luglio, dopo due settimane di programmazione, si è concluso il Roma Fringe Festival ’23 che ha visto ‘Due schiaccianoci’, diretto e scritto dalla giovane e brava Alice Bertini, conquistare il premio come miglior spettacolo.
Nei sedici giorni di manifestazione, sui palchi dei teatri Vascello, Parioli e Sala Umberto si sono alternate ventuno rappresentazioni che, come l’anno scorso, sono rientrate in una cifra ben definita ma non molto variegata.
La maggior parte dei lavori in gara è stata connotata da temi legati al patriarcato, al nazifascismo e a storie familiari poco felici: quasi tutti i copioni sono stati costruiti su argomenti tendenzialmente cupi e dolorosi che, ancora una volta, hanno privato il festival di una quota più brillante e comica.
Roma Fringe Festival ’23: vittoria meritata
Ciò che in questa edizione ha sorpreso e deluso di più sono stati i monologhi, tutti caratterizzati da uno stile innegabilmente noioso e autoriferito.
Tuttavia ‘Due schiaccianoci’, l’opera vincitrice, così come ‘L’ultimo spettacolo di Werner Fink’ – altra proposta finita nella terna dei finalisti – è stato in effetti lo spettacolo migliore: l’autrice, Alice Bertini, ha inventato una storia lineare e semplice che, attraverso un uso finalmente intelligente di simbolismi e metafore, si è trasformata sulla scena in un racconto che parla del tentativo di sovvertire un ordine dittatoriale, così come ce ne sono ancora in numero troppo alto nel nostro mondo, non risparmiando un finale inaspettato.
Gli spettacoli indovinello
A proposito di metafore, questa undicesima edizione del Roma Fringe Festival si farà ricordare per una consistente selezione di lavori che hanno insistito in maniera spesso fastidiosa su drammaturgie basate completamente sul non detto, sul messaggio nascosto tra le righe, sui linguaggi criptati.
Questa infatti potrebbe essere definita l’edizione degli spettacoli indovinello, dove gli spettatori sono stati loro malgrado costretti a decifrare e interpretare ciò che i drammaturghi volevano comunicare senza usare chiare lettere; questa tendenza è diventata ormai irritante per chiunque sia abituato a frequentare i teatri e a seguire opere inedite e contemporanee ed è la dimostrazione di come i giovani autori si concentrino ancora troppo sulla forma e non sulla sostanza.
Come ogni anno dal 2019, l’organizzazione capitanata da Fabio Galadini, assistito dagli insostituibili Marco Zordan e Raffaele Balzano (presenti dalla prima edizione), è stata inappuntabile così come l’accoglienza da parte dei teatri coinvolti, i quali hanno collaborato con i rispettivi dipendenti mettendo a completo agio attori, maestranze e spettatori.
Appuntamento al 2024.
Gabriele Amoroso
Foto di copertina: Piero Tauro
Foto: Simona Albani