Tonya
Annalisa Civitelli Cinema approccio pedagogico motivazionale, craig gillespie, madre manager, pattinaggio, premio bafta, show business, tonya, tonya harding 0
Tra cronaca e ironia, un “biopic” racconta la vicenda dello scandalo esploso nel 1994 intorno alla discussa figura della pattinatrice americana Tonya Harding, che le costò la squalifica a vita dal pattinaggio. Un fatto portato sul grande schermo da Craig Gillespie, uscito nelle sale del nostro paese lo scorso 29 marzo
Il film del 2017, arrivato nelle sale italiane nel 2018, ha ottenuto tre candidature e conquistato un Oscar (migliore attrice non protagonista alla pluripremiata Allison Janney, nel ruolo di LaVona Harding), due candidature e un premio vinto ai Golden Globes, cinque candidature e un premio ottenuto ai BAFTA.
“Tratto da interviste assolutamente vere, totalmente contraddittorie e prive di qualsiasi ironia con Tonya Harding e Jeff Gillooly”, come recita il fotogramma iniziale del film, la pellicola racconta una vicenda reale e tragicomica, nella quale le verità sembrano essere “una, nessuna e centomila”.
Tonya, la madre LaVona, il marito Jeff e il suo degno sodale Shawn sembrano del resto personaggi da commedia, prodotti di una realtà che compete con l’immaginazione in quanto ad assurdo, che ci viene restituita nel film estremamente somigliante all’originale.
Come molti sapranno, la pattinatrice Tonya Harding venne accusata di aver commissionato l’aggressione di una sua rivale: Nancy Kerrigane. La Harding, sopravvissuta a una difficile infanzia, funestata in particolare da una madre–manager che credeva nell’abuso come approccio pedagogico e motivazionale, fumatrice e malata d’asma, fu la seconda donna a eseguire un “triplo axel” in una competizione ufficiale; la prima americana, ma soprattutto, ancora oggi, una delle pochissime atlete ad avere avuto il coraggio di farlo. Infatti, il regista australiano Craig Gillespie, ha dovuto ricorrere agli effetti speciali per riprodurre nel film il volteggio tanto temuto, in assenza di candidate controfigure.
A dispetto dell’antipatia da sempre dimostratale dai giudici di gara, che anziché premiarla per le innegabili capacità atletiche, finiscono per discriminarla a favore di pattinatrici meno talentuose ma più rispondenti ad un ideale femminile tradizionale, Tonya tuttavia riesce a compiere la sua ascesa nell’olimpo del pattinaggio artistico, anche se il suo stile aggressivo e spavaldo, viene tollerato invece di essere compreso come alternativo.
Accompagnano la sua parabola esistenziale figure maschili totalmente inette, a cominciare dal padre, che quando Tonya è bambina sparisce rinunciando al suo ruolo, lasciandola da sola alla mercè di sua madre, per proseguire con il suo violento e inadeguato marito Jeff (Sebastian Stan), che sentendosi svalutato dal successo della moglie, assume un atteggiamento che fa precipitare il loro matrimonio verso la fine. Infine, l’instabile amico alcolizzato Shawn (Paul Walter Hauser), ad un certo punto, inizia a coltivare idee da mitomane per intimidire gli avversari di Tonya.
Il resto della vicenda è cronaca: le vicissitudini raccontate dalla pellicola descrivono bene la stupidità umana e le sue drammatiche conseguenze. Gillespie, sulla base dell’ottima sceneggiatura di Steven Rogers, ma anche grazie ad un fatto originario, che possiede già tutti i crismi di un teatro dell’assurdo, ci restituisce la pericolosità dell’agire umano sconsiderato, in una narrazione che si muove costantemente tra farsa e dramma.
L’insieme, che rappresenta in modo esemplare le contraddizioni della società americana, è reso dinamico attraverso le carrellate che si concentrano sulla protagonista ripresa durante le sue esibizioni in pista. I piani sequenza presentano un tocco originale e, nello stesso tempo, le scene in cui risaltano i primi piani inquieti, sanno ben descrivere situazioni violente e dense di pathos, raccontandoci in modo efficace la durezza dei conflitti che animano i rapporti tra i personaggi, in modo particolare quello tra madre e figlia.
Arricchisce l’intera pellicola la colonna sonora curata da Tatiana S. Riegel, che verte soprattutto sulla scelta di brani anni ’70: “Romeo&Giuliet” (Dire Straits); “Goodbye stranger”(Supertramp); “Spirit in the sky” (Norman Greenbaum ); infine, incursioni di musica classica e nuance più romantiche rendono l’opera più morbida in certi momenti. Interessanti, inoltre, sono le interviste che si alternano alla narrazione, donando un forte tocco realistico, così come le voci narranti che accompagnano lo spettatore dentro la storia, e il modo con cui i personaggi si rivolgono direttamente a chi guarda.
‘I, Tonya’ dunque è uno di quei film che riesce a migliorare via via che procede, così come Margot Robbie cresce nel suo ruolo, fino a raggiungere l’acme della sua interpretazione nelle scene che raccontano l’ultima performance della protagonista.
Mentre le autorità sono ormai ad una passo dalla verità, e lei sa che il gioco è finito, il suo volto riflesso nello specchio del camerino, poco prima dell’esibizione, è una maschera inquietante di solitudine e dolore, capace di esprimere più di mille parole, la tragedia di una vita inutilmente spesa dietro la disperata ricerca di un’affermazione all’interno del mondo disumano dello show business che la rigetterà, infine, come un corpo estraneo privandola della sua unica ragione di vita: il pattinaggio.
Simona Bernardini
I, Tonya
Regia Craig Gillespie
con
Margot Robbie Tonya Harding
Sebastian Stan Jeff Gillooly
Allison Janney LaVona Harding
Julianne Nicholson Diane Rawlinson
Paul Walter Hauser Shawn Eckhardt
Bobby Cannavale Martin Maddox
Caitlin Carver Nancy Kerrigan
Bojana Novaković Dody Teachman
Mckenna Grace Tonya Harding bambina
Fotografia Nicolas Karakatsanis
Montaggio John Axelrad e Lee Haugen
Musiche Tatiana S. Riegel
Sceneggiatura Steven Rogers
Scenografia Jade Healy
Genere Drammatico, biografico, sportivo, commedia
Produttore Bryan Unkeless, Steven Rogers, Margot Robbie e Tom Ackerley
Casa di produzione LuckyChap Entertainment e Clubhouse Pictures
Distribuzione (Italia) Lucky Red
Anno 2017