Il mutamento, si sa, è da sempre foriero di nuove idee e creatività. Tant’è che, sul finire del ‘900, un periodo di cambiamenti sociali e politici modella e sconvolge l’Italia. Davide Ferrario, in ‘Tutti giù per Terra’, rompe le regole e i costumi compassati del cinema italiano della Prima Repubblica, ispirandosi alle contestazioni giovanili . Inoltre, un giovanissimo e talentuoso Valerio Mastandrea protagonista e una suggestiva Torino, la colonna sonora senza iconiche firme, fanno da contorno a questo cult movie, tratto dall’omonimo romanzo di Giuseppe Culicchia
Se si percorre la storia del cinema italiano ricordiamo che, per esempio, gli anni ’70 sono stati prolifici e, di fatto, ci hanno tramandato pietre miliari che ancor oggi si prendono in considerazione nell’analisi dei film.
Il decennio successivo, invece, escluso l’eccellente exploit di Claudio Caligari con “Amore Tossico”, mancava di idee e coraggio.
In un percorso narrativo e cinematografico, che aveva forse raccontato tutto, o quasi, ci si accorse che stava semplicemente finendo un’era e ne stava nascendo una nuova.
Nonostante tutto, il cinema nostrano si trovava in un limbo: i mostri sacri della regia erano sempre meno e, appunto, nel secolo scorso, seguendo le ondate americane sperimentali – pensiamo a “Clerks” di Kevin Smith – ed europee, si propagarono anni di grande impegno sociale.
Questo inteso non necessariamente politico nel senso ideologico, ma piuttosto nell’osservazione dura e cruda della realtà ovvero di ciò che siamo stati in passato, permettendo di produrre un numero di pellicole circoscritto, in Italia, ma molto significativo.
Alcuni di questi lavori, infatti, oggi assurgono ad oggetti di culto, come il film che vi racconteremo in questo articolo.
Un film destinato a cambiare il volto del cinema italiano
Nel 1997 nelle sale italiane usciva ‘Tutti giù per Terra’ di Davide Ferrario. Un film che, sicuramente, sparigliò tutto il mazzo di carte del cinema sino a quel momento.
Torino, che forse è tra le città italiane che ha insite le mutazioni sociali del nostro tempo, insieme a Valerio Mastandrea, è la vera protagonista di questo lavoro.
La città operaia e politicamente impegnata non esiste più e lascia spazio a uno scenario post industrializzazione, cioè un capoluogo multiculturale e ricco di contraddizioni sociali: dal brulicante e vivo mondo degli universitari, si passa al benessere apparente dei luccicanti centri commerciali all’anima plurale e cosmopolita, per giungere alla desolazione dei campi nomadi e alla povertà della periferia.
Tutti giù per terra: distinguersi dalla massa
Walter, interpretato da un esordiente Mastandrea, è un torinese che torna in città dopo tantissimi anni vissuti a Roma, lontano dai genitori con cui non va d’accordo. Il protagonista vive questo insieme di realtà come un corpo estraneo, con più interrogativi che risposte alle sue tante domande tipiche della sua età.
L’impegno politico e ideologico degli studenti che occupano le facoltà non lo appassionano così tanto e sente stretti su di sé questi costrutti sociali. Walter, quindi, si percepisce come un prodotto della società completamente in contraddizione con chi l’ha preceduto, ad esempio suo padre Vittorio (Carlo Monni), un operaio comunista toscano idealista e terribilmente disilluso, che si sene tradito dal corso della storia.
Walter, allo stesso tempo, però non vuole nemmeno adattarsi alla superficialità del suo tempo, ai suoi coetanei che, per noia, si drogano in discoteca e alle storie con le ragazze basate sul sesso effimero con le sue compagne di corso Valeria e Beatrice, rispettivamente Benedetta Mazzini e Anita Caprioli.
Di conseguenza sceglierà di dedicarsi al volontariato in un campo nomadi, assecondando la sua personalità un po’ anarcoide ed indipendente. Il suo unico vero porto sicuro è la zia Caterina (Caterina Caselli) con cui ha vissuto a Roma tanti anni, una donna dalla mentalità aperta e molto vicina a lui come idee e modo di vivere la vita.
Tutti giù per terra: autentico specchio generazionale
‘Tutti giù per Terra’ è un film che non pretende di dare risposte definitive, non ha la presunzione di essere un manifesto sociale, tuttavia riesce comunque ad essere un simbolo di un periodo unico nel suo genere: un periodo di passaggio e di cambiamenti collettivi che si verificavano in modo repentino e quasi impercettibile.
Il regista ha un certo gusto estetico nel raccontare un sottobosco che sveglia e movimenta gli adolescenti: è evidente infatti il suo essersi impadronito di un certo genere di linguaggio cinematografico tipico della sottocultura indie, che prende piede nel nostro Paese sul finire del Novecento.
Inoltre, la dedica al film “Free Cinema” di Lindsay Anderson è evidente, e Ferrario ne carpisce l’essenza: Anderson meglio di tutti sapeva cogliere gli aspetti più salienti della gioventù e il loro impatto nella società britannica.
Nonostante questo, in ‘Tutti giùper terra’ si intuisce un senso di unicità e di personalità, che fanno dimenticare gli inevitabili prestiti artistici di altri registi.
Una rivelazione destinata a lasciare il segno
Forse l’opera non sarà un capolavoro generazionale come altri hanno segnato il cinema nostrano, ma il girato rimane impresso nella memoria di una prolificazione che ha saputo dimenarsi tra manifestazioni e scontri in un’epoca fatta di presa di coscienza da parte dei giovani.
Valerio Mastandrea, allora fresco avventore dei salotti di Maurizio Costanzo, si metteva in mostra con assoluta concretezza e disillusione nel tipico stile di recitazione che ha poi saputo affinare e perfezionare, fino a renderlo uno degli attori più emblematici della sua stirpe.
Particolare menzione merita la colonna sonora, un concentrato puro e irripetibile del meglio della musica indie del tempo contestualizzato, impreziosita da dei camei di assoluto prestigio: il Consorzio Suonatori Indipendenti (CSI) nel ruolo della commissione d’esame di Walter e Mara Redeghieri degli “Üstmamò” ma non solo.
Per citarne alcuni rientrano nell’insieme i Marlene Kuntz, gli Africa Unite, i Madaski e i Disciplinatha, tutti nomi che diranno qualcosa a chi ha vissuto la scena musicale underground degli anni Novanta.
Dunque, i brani musicali inseriti nel girato sono parte integrante del racconto e contribuiscono a renderlo vivo.
Andrea Di Sciullo
Tutti giù per Terra
Regia di Davide Ferrario
tratto dall’omonimo romanzo di Giuseppe Culicchia
con
Valerio Mastandrea Walter Verra
Carlo Monni Vittorio Verra
Adriana Rinaldi Emma Verra
Caterina Caselli zia Caterina
Luciana Littizetto commessa ufficio postale
Giovanni Lindo Ferretti membro commissione d’esame
Anita Caprioli Beatrice
Benedetta Mazzini Valeria
e altri
Fotografia Giovanni Cavallini
Montaggio Claudio Cormio e Luca Gasparini
Musiche Consorzio Suonatori Indipendenti e altri
Soggetto Giuseppe Culicchia
Sceneggiatura Davide Ferrario
Scenografia Franca Bertagnolli
Genere Commedia
Casa di produzione Hera International Film
Distribuzione in italiano Columbia TriStar Films Italia
Italia 1997
Durata