Il giallo è un genere, anche cinematografico, che ha sempre fatto della suspence e della tensione il suo tratto distintivo. Con ‘Una pura formalità’, Giuseppe Tornatore è riuscito a realizzare un prodotto di nicchia, mischiando più ingredienti che contraddistinguono i thriller tradizionali. Il regista, dunque, per creare un giallo intrigante ed efficace si è avvalso di sole due figure: un commissario ed un sospettato da interrogare. I due personaggi vengono così utilizzati come pretesto per andare oltre la mera indagine e scavare nella natura umana. Dal sapore un po’ Kafkiano e Dostoevskiano, la storia che Tornatore ha portato su grande schermo nel 1994 evidenzia non solo i rumori esterni ma anche quelli bianchi, impercettibili, condendo il tutto con l’indimenticabile colonna sonora di Ennio Morricone che diventa parte integrante della narrazione
David di Donatello alla scenografia di Andrea Crisanti, Nastro d’Argento 1995 e presentato in concorso al 47° Festival di Cannes, ‘Una pura formalità’, vede Roman Polanski e Gerard Depardieu all’apice del loro talento.
Giuseppe Tornatore sceglie di installare il set in un bosco dove, nel cuore della notte, si sente il boato di uno sparo.
Un uomo, successivamente corre sotto la pioggia e viene fermato dai gendarmi.
Costui, interpretato da Depardieu, tenta di resistere all’arresto e, in preda a uno stato confusionale, dice di chiamarsi Onoff poi Leonardo Da Vinci.
Il protagonista viene portato di conseguenza al commissariato, dove l’ispettore, di cui Polanski veste i panni, si agginge a interrogarlo per tutta la notte.
Una pura formalità: due persone agli antipodi
L’accusato Onoff, è uno scrittore nevrotico poiché privo della sua memoria, mentre l’inquirente Polanski, dal carattere diffidente, è interessato solo a ottenere la verità che la sua mansione necessita di trovare.
All’interno della stanza dell’interrogatorio dunque le domande dell’investigatore divengono incalzanti, le risposte invece, da parte dell’indagato, sfuggenti e talvolta provocatorie. Questo denota quanto le interpretazioni dei due attori siano notevoli, più agghiaccianti della pioggia incessante e l’umidità che permea fino alle ossa negli uffici della stazione di polizia.
Il commissario inizia quindi a interrogare Onoff in modo pressante, non credendo che chi si trova davanti sia davvero lui, lo scrittore affermato che apprezza per le sue opere letterarie. Tuttavia, nel corso del loro botta e risposta Onoloff riuscirà a dimostrare che non mente, e il registro della conversazione cambia, benché il commissario non smetta mai di sospettare di lui.
L’occhio dello spettatore
Senza nemmeno rendercene conto, quella che dovrebbe essere appunto una pura formalità ossia un veloce interrogatorio, è l’annuncio di una notte che si allunga e si protrae a macchia d’olio fino a comporre l’intera trama.
Lungo la narrazione crediamo di conoscere questi personaggi psicologicamente scandagliati con cui il regista, mediante una regia frugale ed evocativa, muove le loro emozioni senza la necessità di uno spazio vero e proprio, superando quindi il senso della claustrofobia delle mura del commissariato, fra le reminiscenze offuscate di Onoff e la pervicacia del commissario nel far crollare il suo indagato.
Un racconto asciutto e serrato, degno della miglior tradizione cinematografica del giallo e del noir.
Un’audace continuità, spaventosa nel buio e nell’umidezza, un fluire di parole e di riflessioni al servizio di due superbi intepreti. È una notte da incubo quella che passiamo con la pioggia in sottofondo, come un rumore bianco permanente, a scandire il tempo di questo duello dialogico, a cui il pubblico assiste. Una partita di ping pong fra chi cerca la verità giudiziaria e chi semplicemente vorrebbe riavere indietro i suoi ricordi.
Più di un semplice dualismo fra il bene e il male
Sono le ombre a regnare in questa danza onirica e surreale, quasi macabra, che si intrecciano nelle menti maltrattate dal vero investigatore: Tornatore.
Il regista, esattamente come un commissario e con la sua sceneggiatura, investiga nel buio della natura umana, calandosi nelle tenebre delle rievocazioni perdute, e della verità materialista che tendiamo tutti a inseguire, senza la possibilità di sfumature.
‘Una pura formalità’ è infatti un film complesso e va oltre quello che appare sullo schermo grazie ai dialoghi memorabili e alla colonna sonora del compianto Ennio Morricone.
L’insieme rende il tutto un’esperienza visiva unica. Polanski e Depardieu, in stato di grazia, reggono da soli la scena.
Per chi ama i lungometraggi con attori di calibro, in cui i dialoghi contano più dell’ambientazione come ne “L’inquilino del terzo piano” e “Carnage 2” (dello stesso Polanski) oppure “Sleuth-Gli insospettabili” (con Laurence Olivier e Michael Caine), si troverà a vivere in un’atmosfera dal clima indimenticabile e immersivo.
Andrea Di Sciullo
Giuseppe Tornatore
Una pura formalità
con
Roman Polanski Commissario
Gerard Depardieu Onoff
Sergio Rubini giovane gendarme
Nicola Di Pinto capitano
Paolo Lombardi maresciallo
Maria Rosa Spagnolo Paola
Tano Cimarosa Anziano inserviente
Soggetto e sceneggiatura Giuseppe Tornatore e Pascal Quignard
Costumi Beatrice Bordone
Fotografia Blasco Giurato
Montaggio Giuseppe Tornatore
Musiche Ennio e Andrea Morricone
Scenografia Andrea Crisanti
Genere Giallo
Durata 108 min
Distribuzione in italiano Penta Film
Produttore esecutivo Claudio Saraceni
Produttore Mario e Vittorio Cecchi Gori
Nazionalità Italia 1994
Anno 1994