Dal 15 al 25 novembre, al Teatro degli Audaci di Roma, è andata in scena la commedia francese di Clement Michel in due atti. Dai registri brillanti e prettamente comici, come in tutti questi testi che si rispettano, essa è densa di malintesi e di brio
All’interno di una scenografia ambientata nel salotto borghese della coppia Sophie e Paul sia i mobili, sia i dettagli provenzali ci ricordano la Francia. Nello stesso ambiente troviamo delle librerie, che denotano la passione della protagonista per la lettura, ed un divano che diventerà il letto dell’ospite Martin.
La narrazione si sviluppa in modo fluido grazie a una regia ben calibrata, in quanto gestisce in modo eccellente i tempi comici dei tre attori in scena: Milena Miconi (Sophie), Mario Antinolfi (Paul) e Antonio Conte (Martin). La rappresentazione, infatti, oltre a rispettare i classici ritmi cadenzati, è divertente e ricca di equivoci. Il lavoro di Francesco Branchetti, dunque, risulta valido e molto indovinato.
Ad arricchire l’insieme i costumi, scelti dallo stesso regista, che sono legati alla contemporaneità. Martin veste in modo distinto, perché lavora nel campo della finanza; Paul è invece un redattore, e preferisce uno stile casual, mentre Sophie, libraia, tiene a valorizzare la propria femminilità, marcando la sua silhouette con tubini colorati e tacchi sfavillanti.
In scena tutte le azioni sono assai dinamiche: i tre attori fanno vivere i loro personaggi istrionici, grazie a una recitazione ottima e ai timbri vocali marcati, rendendoli quindi credibili in tutti gli aspetti caratteriali. Il gioco di luci inoltre segue bene le vicende, soprattutto al mattino, durante la colazione, e al rientro a casa dei tre protagonisti.
La colonna sonora, a cura di Pino Cangialosi, è inerente all’intera situazione, adeguandosi pertanto alle battute mordaci e scherzose.
La trama è avvincente e solerte: nel primo atto assistiamo alla tragedia di Sophie, la quale viene licenziata e il fidanzato Paul escogita un piano per farla distrarre e destabilizzare i loro equilibri, invitando un suo amico. La convivenza però, secondo i piani dello stesso, deve durare solo una settimana, come il titolo suggerisce già; soprattutto, per essere breve, deve essere motivata da una ragione assai grave ma, al contrario, si protrae.
Le regole, via via che la narrazione spicca, si sovvertono. Nel secondo atto, infatti, assistiamo a battute incisive, che delineano le oscillazioni di umore dei protagonisti. Martin, con i suoi modi gentili e affabili, giunge al cuore della ragazza, che spesso è in casa, scoprendo al contempo le loro passioni in comune: la lettura e l’archiviazione dei libri.
Paul, via via, si ingelosisce e impone all’amico una colorita metamorfosi nella volgarità dei gesti e negli atteggiamenti, per stizzire la ragazza, anche mediante dei sotterfugi. E qui l’imitazione enfatica di Martin nei confronti del rude Paul è una partitura di risate assicurate da parte del pubblico, come in tanti altri spunti comici della commedia.
Di conseguenza, nonostante fraintendimenti, bugie e inganni, la simbiosi tra i due sboccerà, ma durerà davvero a lungo un legame nato con questi presupposti? Si sa: come in tutte le opere che richiedono senso dell’ironia, equilibrio della risata e momenti rapidi, nel menage a’ trois c’è sempre qualcuno che sbotta e se ne va!
Alessandra Bettoni
Foto dal web
Teatro degli Audaci
dal 15 al 25 novembre
Una settimana non di più
di Clément Michel
traduzione di Giulia Serafini
regia di Francesco Branchetti
con Milena Miconi, Mario Antinolfi e Antonio Conte
musiche Pino Cangialosi
scene Mina Perniola
costumi Francesco Branchetti
foto Valerio Faccini
produzione e direzione artistica Mario Antinolfi con la Attori & Company