Una lezione di teatro
Al Teatro Ghione di Roma prende vita una vera e propria lezione sull’esistenza umana fatta di piroette mentali a cui l’autore del ‘900 ci ha abituati. Dalla complessità della mente all’insania, ci si riconosce consapevoli e maturi, e ci si discosta dall’uniformità. “Uno Nessuno Centomila”: dalla poetica molto attuale, resiste dal 1925 ad oggi
A volte le recensioni devono essere scritte così, istintivamente. Il teatro, si sa, è un calderone di possibilità e di opportunità di bellezza e di splendore. A volte no. Andare in giro per teatri quindi si trasforma sempre in un’avventura.
Questa di “Uno Nessuno Centomila”, il romanzo che Luigi Pirandello stesso definì il “più amaro di tutti, profondamente umoristico, di scomposizione della vita“, è un vero e proprio insegnamento di vita e di teatro. In forma di brillante monologo rapisce dall’inizio alla fine, senza alcuna concessione di attimi di respiro o, almeno, in rari momenti.
Enrico Lo Verso è protagonista indiscusso: vestito tinto di bianco, stupisce e incanta allo stesso tempo in modo magistrale. Diviene Vitangelo Moscarda, diviene gli altri personaggi che l’autore gli disegna intorno, diviene insegnante sul palco, grazie alla genialità interpretativa che comunica tutte le stravaganze e la lucida follia del Moscarda, calzandone l’adeguata sicilianità. Dovrebbe insegnare teatro nelle scuole!
L’attore torna in scena dopo dodici anni di assenza e si esibisce sotto toni chiaroscurali, giochi di ombre e luci caravaggesche che affascinano, donando ad alcune scene la sensazione di essere loro stesse dei quadri. Dida, Anna Rosa, padre, suocero, Quartorzo e Firbo prendono così vita: sembra respirino; si muovono e si materializzano davanti a noi e accanto all’interprete.
Le movenze, le tonalità, le gestualità e il gesticolare delle mani sono elementi iper essenziali che Alessandra Pizzi inserisce in modo lineare all’interno di una regia basilare che mette al centro il soggetto pirandelliano alla ricerca del sé, il quale si muove lungo tutto lo spazio a sua disposizione, penetrando tra il buio dello sfondo, due panche di legno bianco laterali e cornici appese al soffitto, che evocano gli specchi.
Dall’ormai ben nota trama, Vitangelo declama la sua vita intorno alla quale ruota l’intreccio delle vicende: detto Gengè, dalla moglie Dida, è un ricco benestante; ha ereditato una banca dal padre ma delegato il lavoro ad altri; realizza ben presto che in realtà essa è una società usuraia.
Il tutto però ruota intorno al suo difetto fisico: la stortura del naso. Dida si trasforma così nel punto nodale della crisi del marito, facendogli notare la lieve irregolarità. Ecco che la mente di Vitangelo comincia a nuotare in un oceano di riflessioni e di quesiti infiniti rivolti a se stesso e alla vita. Inoltre, Dida, chiamando il consorte con quel ridicolo soprannome, ne snatura la vera personalità: non lo vede come si vede lui. Lo idealizza.
La rappresentazione è dunque un capolavoro elaborato con semplicità ma soprattutto ci educa alla nascita della propria consapevolezza: il sapersi riconoscere ed essere se stessi, accettare le varie realtà e le diversità di ciascuno di noi. Possiamo scegliere tra essere e apparire e lo stare in solitudine.
Parla la coscienza: ognuno ha una sua esclusiva personalità; non dovremmo pensare alle apparenze e alle maschere da indossare – tematica centrale del romanzo – che l’esistenza ci pone davanti, bensì prendere possesso di un “Uno” assoluto, visto nella sua interezza e unicità, abbandonando le complesse sfaccettature che ci compongono, divergendo dalle omologazioni.
Una lezione di filosofia che sfuma su un finale e che sorprende le persone in sala.
E come asserisce la stessa regista: «Ho scelto di dare vita attraverso Lo Verso alla storia del protagonista del romanzo, Vitangelo Moscarda, perché è un uomo davvero moderno, con cui cento anni fa Pirandello anticipava la crisi dell’individuo contemporaneo, che non si riconosce nella società omologata».
Un quadro dunque dei giorni nostri da non lasciarsi assolutamente sfuggire: fino al 10 febbraio sul palco del Ghione di Roma.
Annalisa Civitelli e Alessandra Bettoni
Foto: Igino Ceremigna
Teatro Ghione
dal 5 al 10 febbraio
Uno Nessuno Centomila
di Luigi Pirandello
adattamento e regia Alessandra Pizzi
con Enrico Lo Verso
fotografia Flavio e Frank
grafica Gabriele Spedicato
registrazione audio Francesco Mancarella
Video Insynchlab
Coordinamento scenico Marilena Martina