Anomalia teatro, compagnia torinese, approda al Fringe Festival con uno spettacolo che è un piccolo gioiello; “Uroboro”, in scena il 14, 15 e 16 gennaio, vede in scena Simona Ceccobelli e Sebastian O’Hea Suarez per la regia di Jon Kellam
Compiuto e completo in se stesso, proprio come il serpente che dà il nome allo spettacolo, “Uroboro” racconta della sacra relazione tra maestro e allievo, un rapporto a due con le parole ai minimi termini, un viaggio fisico e mentale nell’arte del kung fu.
In una dimensione decisamente orientale ma dalle coordinate vaghe come quelle delle leggende, un maestro (Simona Ceccobelli) vive circondato solo dal profumo dell’incenso e dal suono di una campana tibetana, finché accade qualcosa: l’arrivo di un allievo dagli abiti occidentali sconvolge l’equilibrio preesistente, dando inizio all’allenamento.
Con il sorriso seguiamo i due personaggi che non hanno un nome e bastano pochi minuti per innamorarsi dello sguardo sornione della Ceccobelli e delle espressioni di Suarez, che si cimentano negli esercizi con risultati clowneschi ed esilaranti: la conoscenza dunque passa attraverso il sudore dell’allievo che cerca disperatamente di emulare il maestro.
Durante il corso della narrazione scopriamo inoltre numerosi spunti di riflessione: gli insegnamenti infatti sono scritti su piccoli fogli bianchi che l’allievo cerca faticosamente di ottenere; tuttavia la saggezza non è nelle parole, quanto nella difficile impresa di conquistare i fogli. Il maestro è sempre lì e osserva tutto, ora aiuta, ora crea l’ostacolo; ma quando ci troviamo incastrati è perché l’ostacolo ce lo siamo creato da soli.
Di tanto in tanto appaiono sulla scena due figure, una rana e un coniglio, escamotage questo che risalta ancor di più la diversità degli interpreti, i quali condividono un’arte, seppur mantenendo la propria personalità e fisionomia. Il legame si carica così di sfaccettature: il viaggio di apprendimento porta quindi il coniglio a divenire a sua volta maestro e a prendere il posto che in principio era della rana, in un ciclo continuo che, forse, un giorno, vedrà arrivare un nuovo allievo.
Una rappresentazione ricca, piena di quella leggerezza buona di cui parlava Calvino che riempie di gioia. Un lavoro fine, che porta gli attori a dare il massimo, grazie anche a una regia che scolpisce e rifinisce scena e ritmo sostenendolo dall’inizio alla fine, tra apparizioni surreali e sequenze
Suarez racconta con il corpo e il cuore la dedizione e la tenacia di chi si impegna veramente in qualcosa: il cerchio di conseguenza si chiude con un passaggio di testimone e un nuovo maestro, ricordando sempre che “uroboro” è il cerchio che non finisce mai.
Maria Costanza Dolce
Roma Fringe Festival 2019
14, 15 e 16 gennaio
Uroboro
di Simona Ceccobelli e Sebastian O’Hea Suarez
regia Jon Kellam
con Simona Ceccobelli e Sebastian O’Hea Suarez