Ci sono molti modi di fare turismo. Uno di questi è l’approccio storico. Si tratta cioè di comprendere il luogo attraverso la sua origine e le manifestazioni che ne derivano. Un rapporto causa-effetto che potrebbe sembrare scontato riguardo agli edifici e ai monumenti; tuttavia la stessa soluzione consente di vedere con sguardo diverso anche la natura. Il passato quindi spiega la natura del presente e in Val d’Aosta la sensazione è più che percettibile
La Valle d’Aosta, benché protetta dalle alture che le fanno da sfondo, presenta dei valichi che la collegano al resto dell’Europa, uno sbocco per gli scambi di ogni bene: dalle merci ai prodotti, alle idee.
Un vantaggio in tempo di pace ma anche un problema allorquando i conquistatori hanno utilizzato questi passaggi per raggiungere il territorio.
Il passato dunque spiega la natura dell’oggi e la cultura si sviluppa nei territori di passaggio ed è più ricca rispetto ad altre zone più periferiche.
Val d’Aosta: la montagna dei miti del presente
Courmayeur è la perla della Valle e il tempio della mondanità, frequentato da vip, miti internazionali dello spettacolo, della politica, della cultura e dello sport. Una passerella scintillante che rappresenta molti dei più diffusi miti di oggi: la popolarità, l’ego, il denaro, la moda.
All’origine, la parola mito si riferisce a un modello, un personaggio esemplare ed eccezionale al quale idealmente ispirarsi, riconoscersi e identificarsi.
Anche la visione del futuro si fonda su valori e radici comuni, spirito di appartenenza e solidarietà. I miti e le tradizioni infatti rinsaldano i legami comunitari celebrando il patrimonio condiviso con feste, ricorrenze, storie per celebrare fatti o personaggi, così come per spiegare fenomeni naturali.
In montagna con i celti: il presente con gli occhi del passato
La nota località di Courmayeur oggi brilla per il turismo montano. Tra alpinismo e mondanità si nasconde un passato leggendario che spiega il nostro tempo.
Un modo curioso di osservare il paesaggio è quello di immaginare come lo vedessero i primi abitanti della Valle d’Aosta, in epoca pre-romana. Un susseguirsi di credenze e superstizioni che durarono sino all’avvento del fiorire dell’alpinismo.
Il comune sorge tra due vallate ai piedi del Monte Bianco, a 1224 mt. di altitudine: la Val Veny e la Val Ferret. Lungo entrambe, tra boschi di conifere e ampi pascoli, scorrono due torrenti provenienti dai ghiacciai sovrastanti, per poi confluire a formare la Dora Baltea.
In questo territorio, scarsamente abitato attorno al VI secolo a.C., si stanziò il popolo celto-ligure dei Salassi. La zona era molto ambita per la sua strategicità, collegandosi, attraverso i valichi, con estesi territori nordici.
Vari erano i motivi per ritenere ospitale questa terra: boschi, acqua e cacciagione fornivano cibo; inoltre l’altitudine e il contorno montano costituivano una barriera naturale contro possibili invasioni.
Conquista Romana: due racconti della stessa storia
I Celti, stanziati tra le più alte montagne Alpine, riscuotevano pedaggi da quanti attraversavano questi territori impervi. Intorno al I secolo a.C., i Romani, riuscirono a conquistare l’area ricca di risorse naturali e coltivata con perizia.
Fu una conquista impegnativa perché la valle e i boschi erano dominati dalle tribù di valorosi guerrieri, che ritenevano di abitare una terra sacra.
Il nome Celti deriva dal greco “keltai” che significa “eroi”. Le note vicende di Asterix e Obelix sono la parodia del periodo della romanizzazione vista da parte francese. Mentre i Romani descrivevano i Galli come rozzi e primitivi, la rivalsa fumettistica disegna un quadro differente.
L’eredità culturale dei Celti
Abbiamo ad oggi scarse notizie dei Celti che, non utilizzando la scrittura, hanno lasciato solo simboli da interpretare, alimentando così leggende e misteri. I Celti eccellevano nell’arte decorativa, nella scultura e nella manifattura di ispirazione simbolica. Raggruppati in tribù con cultura e religione comune, vivevano in mezzo alla natura che veneravano.
I loro sacerdoti, i Druidi, celebravano i riti nei boschi o nei luoghi resi magici dalla presenza di corsi d’acqua; attribuivano valore simbolico a pietre di particolare forma e molta importanza alle querce e ai cespugli di agrifoglio e vischio.
Nell’osservazione della natura potevano ritrovare segni della benevolenza degli dei. Niente di più sacro può esserci se non una colossale pietra come il Monte Bianco, tanto benigna quanto temibile nella sua magnificenza.
Dalla magia alla consapevolezza scientifica
Le condizioni meteorologiche e la temperatura in alta quota possono variare repentinamente nell’arco di brevissimo tempo, anche più volte nel corso della stessa giornata.
Il cielo azzurro può diventare improvvisamente scuro; dal sole caldo si passa all’ombra di nuvole minacciose e vento improvviso. Un solco arido può riempirsi grazie ad un acquazzone diventando un torrente in piena.
Gli animali servatici possono diventare aggressivi. I ghiacci emettono una sorta di grido sinistro quando si spaccano, le valanghe e le frane provocano un rombo cupo quando si muovono nella loro corsa distruttiva.
Per lungo tempo dunque l’immaginazione ha supplito alla mancanza di conoscenze scientifiche. Miti, leggende, divinazioni, riti magici e religione hanno cercato di spiegare e placare il rovinoso moto delle montagne e le sue insidie. Poi la credenza popolare immaginò all’opera malevola di giganti e diavoli.
L’alpinismo alla fine del 1700 ha posto fine alle leggende. Si passa così alla soggezione e contemplazione della bellezza alla sfida avventurosa, per misurarsi con la natura e dimostrare all’uomo di essere il re della montagna.
Val d’Aosta: itinerari storici
Sulle tracce dei cercatori d’oro
La ricchezza del territorio derivava anche dall’estrazione di oro dalla miniere di quarzo aurifero e oltre alle tracce visibili delle caverne di estrazione, dell’attività mineraria rimangono nei ghiacci consistenti residui: piombo e antimonio, ferro, rame, oro e argento venivano estratti per produrre tubature, stoviglie, utensili e monete.
Proprio in località la Saxe, a Courmayeur, si può visitare oggi il Trou de Romains, cioè “la Fossa dei Romani”. È una via che partendo da La Saxe, frazione di Courmayeur, conduce alle miniere procedendo per il sentiero che oltrepassa il torrente Tsapy e sale verso la Val Sapin.
Qui è stata ritrovata la tomba di una famiglia romana risalente al I secolo a.C. A testimonianza del passato di sfruttamento delle risorse minerarie nel massiccio del Bianco si trovano ancora due antiche miniere, una di argento, l’altra di zinco. Nel periodo della Romanizzazione era attiva anche la miniera del Miage, cui si accedeva dalla parete rocciosa alla base della Tete Carree a 3500 metri di altitudine.
Val d’Aosta: il valico del Piccolo San Bernardo
Venendo dall’Italia, superata quella che rappresentava la Dogana italiana, sui prati a destra si vedono testimonianze della presenza dei Romani al colle. Si tratta della Mansio Orientale sul valico dell’Alpis Graia lungo la Strada Romana delle Gallie.
L’edificio rettangolare era diviso in diverse stanze che circondavano un cortile centrale. Un portico collegava la strada alla mansio utilizzata come magazzino e per alloggiare viandanti e militari. Un tempietto dedicato ad una divinità celtica era la concessione dei Romani al culto locale.
Proviene da questo santuario la Colonna di Joux alta 4,5 metri a fianco della strada. Ad essa si deve il nome, “Mons Minoris Iovis”, che il passo mantenne sino al Medioevo. Oggi questa stessa colonna supporta la statua di San Bernardo che, giunto sul passo, demolì il tempietto pagano costruendovi a fianco l’Ospizio.
I romani avanguardisti
Ma la testimonianza più antica della zona è il “cromlech”. Si tratta di un grande cerchio di quarantasei pietre infisse nel terreno a una distanza regolare di quattro metri una dall’altra, attesta la presenza al valico di una comunità organizzata e con riti propri in età preromana.
Procedendo oltre l’ex Dogana francese, si trova un’altra mansio romana, con struttura analoga alla precedente, ma dove prevale la sacralità rispetto all’utilizzo comune. Qui nel sacellum per il culto, è stato rinvenuto un busto d’argento di Giove con alcune placchette votive.
Se sino al VII secolo la religione dominante rimase quella pagana, nei secoli seguenti, furono soprattutto i monaci a prendersi cura dei villaggi di queste terre di passaggio, percorse anche dai pellegrini lungo i cammini religiosi. Viaggi lunghi con tratti impervi anche se pare che in quel periodo i ghiacciai fossero assai ridotti.
Val d’Aosta: il turismo delle acque
Furono le acque a dare slancio alla notorietà della Valdigne, la valle dove sorge Courmayeur, attraendo visitatori.
Si dice infatti che le acque di Pré Saint Didier fossero note anche agli antichi Romani. Tuttavia lo sfruttamento delle acque della zona risale alla metà del Settecento, quando il Capitano Montedon, naturalista piemontese, segnalò ai regnanti dell’epoca le proprietà terapeutiche delle acque minerali della Valdigne.
Proprio in omaggio alla famiglia reale tre delle fonti rilevate ai piedi del Monte Bianco presero nomi reali: Vittoria il nome attribuito alla fonte principale di Dolonne, mentre Jeanne Baptiste fu il nome pensato per quella che, sempre a Dolonne sgorga nei pressi del ponte; mentre Margherita è il nome della fonte che si trova sulla riva sinistra della Dora.
Invece nei pressi della fonte sulfurea de La Saxe, chiamata Sassa, nome storico del luogo di origine, successivamente fu individuata la fonte Regina.
Il primo stabilimento termale fu eretto nel 1834. Il turismo delle acque era in pieno corso con i più ricercati confort alberghieri dell’epoca: salone da ballo, salette di lettura e per il gioco. Grazie alle virtù curative delle sorgenti ferruginose e solfuree locali, Courmayeur raccoglie villeggianti dell’aristocrazia dell’epoca.
Skyway Monte Bianco: la funivia verso il regno di Gargantua
Avvicinarsi al tetto delle Alpi è possibile con la Skyway Monte Bianco, la funivia che porta a 3.466 metri. Tre le stazioni: la partenza da Courmayeur/The Valley (1.300 m), Pavillon/The Mountain (2.173 m) e Punta Helbronner/The Sky (3.466 m). Il collegamento internazionale unisce Italia e Francia dal 1957 quando venne inaugurata la “Liaison”.
La nuova Skyway Monte Bianco è aperta dal 2015. Si sale su una cabinovia che ruota su se stessa durante il tragitto per mostrare il panorama a 360°.
Lungo il percorso e nelle stazioni intermedie si possono ammirare panorami ineguagliabili. Nelle località di sosta il made in Italy ha saputo valorizzare le eccellenze. Sul Tetto d’Europa vengono presentate una mostra di cristalli, la cave dei vini della valle, Bistrot, fornite esperienze enogastronomiche, proiezioni ed eventi con un contorno e una vista fuori dal comune.
Val d’Aosta: l’imponenza della montagna
Qui il Monte Bianco si svela al visitatore nella sua magnificenza mastodontica. Questo tipo di approccio alla montagna è un successo degli ultimi secoli. La Rupes Alba, come veniva denominato in un documento del 1091 è un toponimo che cambiò più volte nel corso del tempo.
Anticamente infatti veniva chiamato Mont Maudit, il monte Maledetto, ed i suoi ghiacciai incombenti sui pascoli, in quanto franosi, necessitavano di venire esorcizzati e trattenuti, poiché dimora di spiriti malvagi.
I pastori della Val Veny e della Val Ferret si tenevano lontano da quelle rocce ghiacciate e pericolose: per questo in assenza di conoscenze e spiegazioni attorno al Monte Bianco si intrecciavano suggestive leggende.
La tradizione parlava di diavoli trattenuti tra i ghiacci e maghi e santi, tra cui San Bernardo, venuti a liberare le vallate dalle malvagità di questi spiriti del male. Si narrava anche di un gigante rozzo e violento che per abbeverarsi nella Dora poggiasse un piede sulla Becca di Nona e l’altro sul Mont Fallere.
ll gigante, naturalmente, è Gargantua il personaggio ideato nel 1500 dalla penna di Francois Rabelais. Un gigante che viaggiava e in Valle d’Aosta si trovava bene mangiando forme di fontina.
Diede disposizioni testamentarie sulla distribuzione delle varie parti del suo corpo: lasciò un dente alla Valle d’Aosta, da collocare tra i ghiacci del Monte Bianco. Si dice che in quella roccia si trovino rinchiusi innumerevoli spiriti, ma questa torre alpina regge all’urto dei geni cattivi, che disperatamente, ma invano, tentano di uscire.
Margherita Manara
Foto dal web
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