Dal 18 al 23 aprile al teatro Belli di Roma è andato in scena ‘W.A.M. ironia della morte’. Claudio Boccaccini guida alla regia Paciullo e Olimpia Pagni, e rielabora in modo cinico e dissacrante il mito di Wolfgang Amadeus Mozart, bambino prodigio e compositore mai compreso
C’è un leitmotiv recente al teatro Belli: l’abbattimento dei mostri sacri. Ci avevano già provato, riuscendoci, con Ricordate che eravate violini, trascinando nell’umanità più fragile e dolorosa persino Gesù Cristo. E ritentano con ‘W.A.M. Ironia della morte’, in cui il compositore più famoso e apprezzato di tutti i tempi – Wolfgang Amadeus Mozart, o Johann Chrysostom Wolfgang Theophilus Mozart, come lui stesso verrà a informare un pubblico certamente sorpreso – annuncia la sua morte dinnanzi ai suoi odiati estimatori: gli aristocratici della vecchia Europa.
Il personaggio di Mozart, interpretato in costume d’epoca da un effervescente Patrizio “Paciullo” Pucello, conduttore radiofonico e cantante oltre che attore, giunge alla morte con un tranciante cinismo. Non si sta suicidando, lo mette lui stesso in chiaro, ma la morte è qualcosa che succede, e non può essere peggio della vita che Mozart ha vissuto.
Un’esperienza priva d’amore, in cui il suo talento e la sua attitudine per il pianoforte generano solamente la fredda musica dei soldi. E la freddezza, nonostante l’impegno multiforme del suo interprete, rimane anche allo spettatore.
W.A.M. Ironia della morte: Mozart senza pietà
Il cinismo dissacrante, seppur affine al personaggio pubblico, è il motivo conduttore più marcato di ‘W.A.M. Ironia della morte’, e lo spettacolo procede rigido su quella marcia senza espandere nulla, per Mozart, di meno che negativo e soffocante.
Il mondo che lo circonda è dipinto con lo stesso pennello, chierici e atei, parenti e committenti, tranne un veloce sguardo agli artisti del popolo che apre, mai del tutto, a un possibile nuovo sguardo.
Anche il momento in cui il compositore esprime un amore genuino, leggendo una lettera d’amore alla cugina, viene utilizzato per una serie di battute corporali e scurrili che, seppur realisticamente documentate – c’è chi teorizza che il compositore fosse affetto da Sindrome di Tourette – sminuiscono la portata della relazione.
I momenti in cui la distruzione di ogni cosa, dalle prime composizioni al requiem conclusivo, sono quelli in cui l’interpretazione di Paciullo e il pungente copione di Carlo Picchiotti riescono al massimo nel loro intento.
Il vetriolo con cui viene bersagliato Leopold, il padre di Mozart, che per primo lo gettò nella macchina della composizione, brucia nella maniera più soddisfacente scandito dalla voce del suo interprete. Ottima anche la critica all’ipocrisia della Chiesa, seppur più avanti sia lasciata cadere, e l’atmosfera grottesca, che ben richiama gli sfarzi delle corti dell’epoca, è accentuata da un sapiente uso delle luci, che trasformano un salotto aristocratico in uno scorcio di Inferno.
Ad accompagnare Paciullo sul palco è la bella voce del soprano Olimpia Pagni, l’elemento più grazioso dello spettacolo. Per quattro volte si produce in alcuni dei suoi pezzi più riconoscibili: spicca un’impeccabile “Aria della Regina della Notte”, eseguita con la difficile maestria richiesta per il pezzo.
L’ultima eredità del compositore, che non ha mai smesso di incantare.
Maria Flaminia Zacchilli
Teatro Belli
Dal 18 al 23 aprile
W.A.M. Ironia della Morte
Regia Claudio Boccaccini
Copione di Carlo Picchiotti
con Patrizio “Paciullo” Pucello e Olimpia Pagni
Costumi Antonella Balsamo
Disegno luci Claudio Boccaccini
Grafica Giorgia Guarnieri
Tecnico luci e fonica Andrea Goracci